Il riso europeo rischia l’estinzione a causa di una politica di liberalizzazione commerciale “selvaggia”. È questo il grido dall’allarme dei Paesi produttori dell’Unione – Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Francia, Bulgaria e Ungheria – che si sono dati appuntamento a Milano per il primo “G7” risicolo, con l’obiettivo di aprire un tavolo di confronto con la Commissione Ue per la revisione delle norme vigenti sulle importazioni dalle nazioni extracomunitarie.
«Per la prima volta – ha spiegato Paolo Carrà, presidente dell’Ente Nazionale Risi – abbiamo riunito agricoltori, trasformatori e istituzioni (per l’Italia era presente, tra gli altri, Felice Assenza, direttore generale del Mipaaf) dei sette Paesi produttori per fare il punto sulle difficoltà della filiera e definire un documento di proposte per tutelare il settore. Non chiediamo il “protezionismo”, ma una forma di difesa: il libero scambio senza regole non può funzionare. L’Italia, in qualità di primo produttore europeo, è da anni in prima linea per la tutela del riso. Ma ci siamo accorti che le singole voci non servono. A Bruxelles si è vincenti solo se si parla in coro. Oggi perciò abbiamo creato un fronte compatto che le istituzioni europee non potranno non ascoltare».
Sono cinque le richieste comuni delle rappresentanze dei produttori e dei trasformatori di riso comunitari:
1) il riconoscimento effettivo della qualifica di “sensibilità” del comparto riso, che consentirebbe di non applicare concessioni alle importazioni di riso da Paesi extra comunitari;
2) la rimozione degli ostacoli, “veri o presunti”, che impediscono l’effettiva applicazione della “clausola di salvaguardia” nei confronti delle importazioni dai Paesi Meno Avanzati, che in questo momento esiste solo sulla carta;
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