La ripresa ha toccato anche l’agricoltura. Le stime preliminari del prodotto interno lordo (Pil) relative al primo trimestre dell’anno indicano un aumento dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% sul 2009.
A incidere sul dato positivo, afferma l’Istat, sono stati gli incrementi del valore aggiunto di agricoltura, industria e servizi. Per ora si tratta di stime non ancora quantificate che segnalano però l’inversione di rotta. A fornire invece i numeri è l’Ismea che nel primo trimestre «vede» un incremento di produzione e valore aggiunto agricolo rispettivamente del 2% e del 2,5 per cento.
Sul fronte dei prezzi agricoli Ismea rileva una sostanziale stabilità rispetto al quarto trimestre 2009 (+0,3%). L’Ismea sottolinea anche che la redditività degli agricoltori continua a viaggiare su livelli molto inferiori rispetto a due anni fa.
Un tema questo particolarmente sensibile e confermato dagli ultimi dati Eurostat che rilevano un crollo del 36% per gli agricoltori italiani nel periodo 2000-2009 a fronte di una crescita di più del 5% della Ue, mentre lo scorso anno il calo è stato di quasi il 16% contro una flessione Ue dell’11,6 per cento.
Gli agricoltori italiani incassano dunque sempre meno dalla vendita dei prodotti agricoli, mentre la bolletta per acquistare i mezzi di produzione, dalle sementi ai fitofarmaci fino alle macchine agricole, è sempre più salata. Il nodo resta sempre lo stesso: la forbice tra prezzi e costi. Ancora ad aprile l’indice Ismea segnala una diminuizione dei prezzi agricoli dello 0,6% rispetto a marzo, mentre sullo stesso periodo del 2009 la flessione è del 4,5%. Rispetto allo scorso anno appare marcata la riduzione per le coltivazioni che hanno lasciato sul campo oltre il 9%, mentre la zootecnia è in recupero (+1,4%). A perdere di più cono state la frutta (-7,5%) e le coltivazioni industriali.
La situazione resta dunque di disagio per i produttori soprattutto perché si associa a un livello elevato di costi che raggiungono picchi, come è il caso dei concimi che su base mensile hanno raggiunto il 12 per cento. Fattori produttivi sempre più cari dunque e soprattutto con nessuna possibilità di scaricare lungo la filiera il peso degli aumenti.
E lo stesso handicap si avverte anche per gli acquisti. Non ci sono centrali che consentano ai produttori di spuntare super sconti o condizioni di pagamento vantaggiose. Ci sono i Consorzi agrari che avrebbero questa mission, ma solo ora si sta procedendo alla ristrutturazione della rete. Restano gli incentivi, come l’ultimo varato dal Governo, che riguarda trattori e macchine agricole. Ma si tratta di briciole sia in termini di agevolazioni che di budget.
La situazione, come spiega una ricerca condotta da Coldiretti e dall’Università di Firenze – è che «la struttura di mercato verso i fornitori dei mezzi tecnici e quella verso gli intermediari commerciali è tale che le aziende agricole restano schiacciate da una tenaglia che comprime i ricavi e fa aumentare i costi di produzione». Dall’indagine su un panel di 376 aziende emerge però che la crisi colpisce in maniera differenziata.
«In genere – si legge nel rapporto – soffrono di più le aziende di dimensioni medio grandi tra i 10 e i 50 ettari mentre vanno relativamente meglio le imprese familiari pluriattive». La diversificazione delle attività, a partire dall’agriturismo, consente poi di resistere meglio alla crisi.