Quando la temperatura durante l’inverno scende a valori inferiori agli 8-10° C sotto lo zero, l’olivo può subire danni a diversi livelli in base ad intensità e durata delle minime termiche, velocità di abbassamento della temperatura, umidità dell’aria e del suolo, neve, vento, esposizione, altitudine, natura del terreno, stato vegetativo e nutrizionale della pianta, varietà, età della pianta.
I danni possono andare dalla defogliazione alla devitalizzazione dei rami (distacco dell’epidermide dalla corteccia per formazione di cristalli di ghiaccio), delle branche e del tronco (fessurazioni e spaccature sulla corteccia, ammarronamento della zona del cambio).
L’intervento di recupero va effettuato dopo aver individuato le parti danneggiate con modalità che dipendono dall’entità del danno; per la valutazione dei danni è consigliabile aspettare che la pianta riprenda l’attività vegetativa in primavera, in maniera da vedere dove e con quale intensità l’albero è in grado di vegetare.
EFFETTO NEVE
Oltre ai danni da freddo, abbondanti nevicate possono provocare danni meccanici alla struttura delle piante, soprattutto nel caso di branche compromesse dalla carie o inserite sul tronco con un angolo troppo aperto. Una scarsa illuminazione dell’oliveto, dovuta ad una posizione sfavorevole o all’ombreggiamento esercitato da altre piante o strutture, particolarmente durante la conferma della differenziazione a fiore, che avviene in pieno inverno (gennaio-febbraio), potrebbe causare problemi di scarsa fioritura e scarsa allegagione. E’ pertanto necessario garantire una buona illuminazione su tutta la chioma, in particolare nel periodo invernale, e un buon arieggiamento, ai fini di una maggiore produttività e di minori problemi fitosanitari.
OPERAZIONI AL VIA
Nel periodo invernale, prima della ripresa vegetativa, è opportuno iniziare gli interventi di potatura, in particolare di ringiovanimento o di riforma, su piante invecchiate e poco reattive alle cure colturali, o piante mal impostate, con eccessiva quantità di legno o altezza elevata che rende difficoltose le operazioni di raccolta, mirando a ricostituire la struttura primaria della pianta e ad indirizzare risorse verso le parti che dovranno essere ricostituite, a partire dalla schiusura delle gemme latenti e dal maggior vigore dei germogli residui.
Una potatura drastica provoca infatti una risposta vegetativa più o meno forte in relazione all’intensità dei tagli, a causa di uno squilibrio che si viene a creare tra l’apparato radicale, che diviene esuberante, e la chioma residua che non riesce a smaltire l’abbondante disponibilità di nutrienti. Per questo si raccomanda di mantenere il volume complessivo della chioma più vicino possibile a quello dell’apparato radicale, evitando l’eccessiva, comunque inevitabile, emissione di polloni e succhioni, che dovranno essere “gestiti” nell’estate successiva.
La struttura scheletrica dell’albero può essere inadeguata per problemi diversi quali:
- livello dell’impalcatura troppo alto o troppo basso;
- presenza di porzioni cariate; numero eccessivo di branche primarie;
- branche dicotomiche che moltiplicano il numero di quelle originarie;
- branche contorte o disformi.
In olivi strutturalmente sani, ma provvisti di un numero eccessivo di branche primarie e secondarie, può essere praticata una riforma graduale con eliminazione di branche primarie, per ridurle al minimo indispensabile (indicativamente 4); le branche superstiti dovranno risultare inclinate, con un diametro che diminuisce progressivamente verso l’alto e termina con la cima, di media vigoria.
Eventuali dicotomie (divisioni della branca primaria in due di pari diametro) devono essere eliminate all’inserzione o dopo un breve tratto (dove la struttura tende ad uno sviluppo verticale), per evitare duplicazione della struttura primaria.
Le branche secondarie devono essere inserite sulle primarie con un angolo tendenzialmente aperto ed un diametro inferiore alla metà di quello della principale; vanno diradate per evitare duplicazioni e sovrapposizioni, lasciando a ciascuna uno spazio adeguato per il rinnovo delle branchette fruttifere.
Dopo la potatura di riforma effettuata a livello delle branche principali, si assiste al germogliamento di gemme avventizie al di sotto dei tagli e all’insorgenza di numerosi polloni e succhioni. In una prima fase è opportuno eliminare solo quelli più vigorosi ed assurgenti, lasciando gli altri come valvola di sfogo, per limitare l’insorgenza di altri e mantenere la vitalità della parte di struttura su cui sono inseriti. Senza grandi perdite di produzione, già alla fine di un triennio, la chioma degli olivi potati alle branche primarie avrà raggiunto una forma a vaso sufficientemente razionale ed una buona distribuzione della struttura primaria e secondaria.
Quando le branche principali non sono idonee per la ricostruzione della chioma, vanno tagliate alla loro inserzione al vertice del tronco per riformare integralmente la chioma, con conseguente fase improduttiva di circa tre anni. Il processo di ricostruzione prevede una progressiva selezione dei germogli insorti. Quando invece è compromesso il tronco (es. gravi danni da freddo), è necessario ricorrere al taglio al ciocco per ricostituire la pianta a partire dai polloni che nasceranno alla base della ceppaia, con periodo improduttivo di circa 5 anni e una chioma conformata a vaso cespugliato, forma non rispondente ai fini della raccolta meccanica.
OBIETTIVI FITOSANITARI
La potatura nei mesi più freddi può essere utile anche ai fini fitosanitari. In impianti troppo fitti, con chiome affastellate, in cui si creano condizioni di scarsa illuminazione e scarso arieggiamento, possono crearsi problemi fitosanitari ad opera di cocciniglia, fumaggine ed occhio di pavone che si avvantaggiano di un tenore elevato di umidità relativa, con conseguente riduzione dello sviluppo vegetativo e della capacità produttiva. Con la potatura invernale si possono asportare le branche fortemente attaccate, nonché sfoltire la chioma così da consentire una adeguata areazione anche nelle sue porzioni interne, creando condizioni meno favorevoli allo sviluppo di tali patogeni.
Nel periodo autunno-invernale, durante il riposo vegetativo (a pianta ferma) è possibile effettuare le operazioni di trapianto. E’ necessario ridurre il volume della chioma, diminuendo le perdite di acqua per traspirazione delle foglie, per compensare l’inevitabile mutilazione dell’apparato radicale, per quanto grande possa essere il pane di terra asportato.
Un occhio di riguardo nei confronti di piante storiche, baluardi del territorio, in cui il valore paesaggistico è superiore a quello produttivo, per cui gli interventi di potatura dovrebbero essere mirati a mantenere l’aspetto monumentale ed il fascino tutto particolare.
Negli esemplari di maggior interesse storico e paesaggistico, potrebbero essere effettuati interventi di “slupatura” per eliminare legno marcio all’interno dei tronchi, a seguito di danni da gelo o per l’insediamento della carie, provocata da diverse specie di funghi capaci di degradare lignina e cellulosa. Importante ripristinare e mantenere muretti a secco e terrazze coltivabili, laddove l’olivo ha conquistato ambienti impervi e difficili, grazie alla dura fatica degli olivicoltori, con opere di sistemazioni agrarie, terrazzamenti e lunettature che tuttora disegnano il territorio conferendogli un elevato pregio architettonico.
RACCOLTE TARDIVE
Nel mese di gennaio possono essere ultimate le operazioni di raccolta per le varietà più tardive, come ad esempio l’Itrana, la Bosana, la Coratina…. Una raccolta troppo tardiva può comportare alterazioni chimico-sensoriali dell’olio, quali aumento di acidità, perossidi, costanti spettrofotometriche, diminuzione del contenuto in fenoli e delle sostanze aromatiche associate a sensazioni di frutta e verdura acerba, nonché avvio di fermentazioni a causa della polpa troppo morbida, con conseguenti difetti di avvinato e riscaldo. Una lunga permanenza delle olive sulla pianta può inoltre avere ripercussioni negative sulla produzione dell’anno successivo, interferendo con i processi di induzione a fiore.
Gelate precoci in varietà tardive possono danneggiare i frutti (es. Bianchera), arrestandone il processo di maturazione e alterando la qualità dell’olio; il congelamento dell’acqua all’interno delle cellule e il raggrinzimento della polpa possono causare il difetto sensoriale di “legno umido” (flavor caratteristico dell’olio estratto da olive che hanno subito una gelata sulla pianta).
In alcuni areali olivicoli italiani le olive vengono tradizionalmente raccolte a inverno inoltrato, fino anche alla primavera, ai fini dell’ottenimento di un prodotto “delicato”, oppure in attesa della cascola naturale, per difficoltà oggettive laddove i terreni impervi o la maestosità delle piante storiche scoraggiano la raccolta dei frutti direttamente dall’albero.
Un esempio dalla Riviera dei Fiori, su oliveti terrazzati, in cui la raccolta tradizionale avviene percuotendo i rami con pertiche di castagno selvatico lunghe e flessibili; le olive cadono su reti di colorazioni diverse, stese tra una pianta e l’altra sull’intera superficie olivata.
Anche nel sud Italia, alcuni retaggi culturali, risalenti al periodo feudale, rimangono a condizionare le tradizioni e il livello qualitativo dell’olio. Leggi feudali regolavano i diversi aspetti legati alla produzione di olio in Terra d’Otranto, in particolare i tempi di raccolta, generalmente dai primi del mese di ottobre fino a giugno, l'apprezzo del frutto delle olive per poter quantificare la decima, o la diversa quota, spettante al feudatario o al legittimo possessore del feudo. Era inoltre vietato raccogliere le olive prima dell’apprezzo.
(La versione integrale dell’articolo è pubblicata su Olivo e Olio 1/2011).