Quel «pasticciaccio brutto» del Sian. È entrato in vigore dallo scorso 1 luglio l’obbligo di comunicazione da parte degli operatori (aziende olearie o frantoi) di tutte le movimentazioni relative agli oli. E nell’arco di poche settimane ha gettato il settore oleario nel caos.
Secondo quanto previsto dal decreto ministeriale 8077 del 29 novembre 2009 (entrato in vigore il 16 gennaio 2010) «entro il sesto giorno successivo all’ultima movimentazione l’operatore deve trasmettere i dati su tutti i flussi in entrata e in uscita».
In sostanza, ogni azienda deve registrare ogni minima movimentazione (acquisti, lavorazioni ma anche stoccaggi oltre naturalmente alle vendite compreso il nome dei clienti) alimentando inoltre, e in modo continuativo, il portale Sian. In questo modo – questo l’intento che ha guidato l’azione dell’Istituto controllo qualità-Repressione frodi – dal semplice incrocio dei dati già il computer sarà in grado di segnalare ogni eventuale anomalia.
Il sistema in teoria è semplice. Se un soggetto acquista una cisterna d’olio deve esserci un corrispondente soggetto che la vende. Se la registrazione di dati, che sempre secondo la teoria erano già disponibili, non avviene da parte di entrambi lo stesso computer deve immediatamente segnalare l’anomalia che servirà a indirizzare i controlli da parte delle autorità competenti.
Tutto perfetto sulla carta. Ma in realtà molto più complicato in pratica. Innanzitutto, le modalità per alimentare il portale Sian sono due distinte. E non tutte sembrano funzionare allo stesso modo. Una prima modalità consente di inviare al portale in upload attraverso un file di solo testo le movimentazioni effettuate. L’altra invece prevede l’inserimento dell’operatore nella procedura on line di gestione dei dati. Nella fase di start up del sistema sono sorti dei problemi di dialogo fra i sistemi in upload e il sistema Sian.
Difficoltà che non sempre le mediazioni messe in piedi dalle associazioni dei frantoiani e delle imprese sono state in condizione di risolvere.
«Ma soprattutto è sbagliato pensare che si sono semplicemente messi in rete dati già disponibili – spiega il direttore dell’Assitol, Claudio Ranzani –. Il punto è che quei dati erano sì disponibili, perché ogni movimentazione era già registrata da parte delle aziende. Ma il problema è che ogni azienda provvedeva alla registrazione con un proprio metodo o un proprio sistema. Al di là delle difficoltà di dialogo fra i sistemi già utilizzati dalle aziende per la propria contabilità ma differenti e un sistema unico per tutti, il problema è che se questi dati erano già disponibili per le aziende di dimensioni medio grandi, non lo erano per le piccole che ora si trovano nella materiale difficoltà di reperirli».
E poi c’è la questione dell’articolo 7 del Dm 8077 che esonera dalla tenuta di tali registrazioni il mondo agricolo, ovvero i produttori che vendono direttamente l’olio prodotto con le proprie olive. «Profili che quantomeno lasciano immaginare una disparità di trattamento – spiegano all’Aifo – e possono portare a una concorrenza sleale. Per questo stiamo valutando se ci sono iniziative da prendere magari sottoforma di interpellanza parlamentare».
L’anomalia dell’esonero del mondo produttivo dagli obblighi Sian già ha prodotto qualche ricorso amministrativo ad esempio da parte di Federolio che però nella propria iniziativa volta a contestare l’intero impianto del decreto non mette in discussione solo le disparità di trattamento ma anche altri aspetti come quelli relativi alla tutela della privacy, visto che è richiesto anche di fornire i nominativi dei propri clienti.
Ma soprattutto sullo sfondo resta un aspetto. E cioè che l’esonero previsto dal decreto tocca l’anello produttivo che è anche quello sul quale si addensano i maggiori sospetti riguardo alle indicazioni fornite sull’entità della produzione nazionale. In Italia dopo anni di vero e proprio balletto di cifre sulla quantità della produzione sembra ci si sia attestati intorno a quota 500mila tonnellate. Ma non va dimenticato che in un passato neanche tanto lontano quando l’aiuto alla produzione era legato alle quantità prodotte si sono sfiorate le 800mila tonnellate. Dati che difficilmente trovavano riscontro nella realtà. «Il nostro timore – conclude quindi Ranzani – è che nonostante lo spazio per eventuali frodi sia stato creato dagli altri, proprio questi vengono esonerati dalla tenuta di queste complesse registrazioni. Invece restiamo convinti che se uno sforzo di chiarezza deve essere compiuto questo deve riguardare tutti nessuno escluso, anzi esonerato».
Da luglio è in vigore il decreto che obbliga a comunicare le movimentazioni dei flussi di olio