Il Presidente del consiglio Paolo Gentiloni, in qualità di Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, e il Ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda hanno firmato il decreto con il quale si assicura l’applicabilità fino al 31 marzo 2020 dei decreti ministeriali che hanno introdotto l’obbligo di indicazione dell’origine della materia prima sull’etichetta del latte, della pasta, del riso e del pomodoro.
«Si tratta di un provvedimento resosi necessario per evitare vuoti di disciplina e incertezze interpretative - si legge in una nota del Mipaaf - in attesa dell'applicazione del regolamento di esecuzione in materia adottato dalla Commissione europea, prevista per il 1 aprile 2020, in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione. Gli ulteriori mesi di sperimentazione di queste misure consentiranno di garantire trasparenza verso i consumatori e valorizzazione dei prodotti italiani».
Su twitter il ministro dello sviluppo economico Calenda ha scritto: «Le partite della trasparenza e della qualità devono essere giocate in attacco dall'industria italiana a vantaggio dei consumatori».
«L'Italia - ha commentato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo - si pone all'avanguardia in Europa nelle politiche per la trasparenza dell'informazione ai consumatori, con l'etichetta di origine made in Italy su tre quarti della spesa per impedire di spacciare prodotti stranieri come nazionali». «Leader europeo nella qualità e nella sicurezza alimentare, l'Italia ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie - ha precisato Moncalvo sottolineando che - in un momento difficile per l'economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l'obbligo di indicare in etichetta l'origine di tutti gli alimenti».
Da domani poi, 9 maggio, entrano in vigore poi le sanzioni, da 500 a 40mila €, per chi non rispetta trasparenza e corretta informazioni al consumatore su quello che viene offerto sugli scaffali. La novità, prevista dal decreto legislativo 23 del 15 dicembre 2017, “dà attuazione” alla disciplina dell'Unione europea di tutela dei consumatori e riguarda - spiega la Coldiretti - sia l’indicazione di origine dell'ingrediente principale laddove prevista, ma anche la data di scadenza, la presenza di allergeni, la dichiarazione nutrizionale o le caratteristiche del prodotto come definirlo bio oppure vegan quando invece non lo è.
Il provvedimento - sottolinea la Coldiretti - è uno strumento per garantire i consumatori sulle informazioni sugli alimenti contro le notizie “fake”, in modo da consentire scelte consapevoli, prevenendo qualunque pratica suscettibile di indurre in errore i cittadini. Sono state così definite a livello europeo le informazioni che devono obbligatoriamente comparire sull’etichetta di un prodotto alimentare come ad esempio, il termine minimo di conservazione o la data di scadenza dell’alimento, la dichiarazione nutrizionale o l’elenco degli ingredienti. Inoltre si dispone che sugli alimenti vadano indicate obbligatoriamente le sostanze che possono provocare allergie o intolleranze e detta norme relative ai requisiti di etichettatura di queste sostanze: ad esempio, la loro messa in evidenza rispetto ad altri ingredienti. In questo caso, la mancata apposizione dell’indicazione obbligatoria viene punita con una sanzione amministrativa. Ma anche definire, ad esempio, un prodotto come "vegano" o "vegetariano" quando non ne ha le caratteristiche costituisce – precisa la Coldiretti - una violazione delle pratiche leali d’informazione.
Le sanzioni vengono comminate dal Mipaaf (dipartimento dell’Icqrf), restando comunque ferme le competenze spettanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per le violazioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette.
Il legislatore italiano, comunque – conclude la Coldiretti - ha predisposto una “clausola di salvaguardia” e alcune norme mitigatrici di questo panorama sanzionatorio. Fa salvo, tra l’altro, quanto prodotto entro il 9 maggio: prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo, gli alimenti etichettati o immessi sul mercato che non siano conformi allo stesso decreto nazionale possono essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte.