Tra danni da vento, gelate, moria, Psa e cimice, nessun imprenditore pianta più il kiwi senza almeno le reti antigrandine. A queste poi si sono aggiunte più recentemente le coperture in plastica. I costi e i benefici secondo tre produttori italiani: Apofruit, Consorzio Dorì Europe e Jingold.
Reti obbligatorie dopo il Psa
Lo spartiacque per la copertura del kiwi è stato l’avvento del Psa, come ricorda Andrea Grassi, direttore tecnico di Apofruit. Se prima si ricorreva alle reti antigrandine solo in alcuni impianti ubicati nel Nord del paese, a cavallo del 2010 con l’esplosione della batteriosi la copertura ha cominciato a diffondersi anche in altre aree e con funzioni diverse dalla sola protezione dalle grandinate. Vento, pioggia e gelo sono infatti tra i principali fattori climatici favorenti la diffusione del cancro batterico tra le piante di kiwi. Oggi dei 1.500 ha coltivati da Apofruit a Hayward e dei 900 a Sungold Zespri sono sotto rete antigrandine rispettivamente il 20% e il 95% delle superfici investite, mentre l’uso di tessuto o plastica antipioggia è limitato a 5 ha di kiwi rosso, cultivar particolarmente sensibile alla Psa.
Andrea Grassi, spiega così la differenza tra i materiali di copertura: «La rete antigrandine è totalmente permeabile all’acqua, avendo maglie di 3 x 4 mm, mentre il tessuto è impermeabile all’acqua al 98% e la plastica al 100%. Questo ultimo materiale è meno resistente nel tempo del tessuto, ma costa meno e offre anche il vantaggio di essere più trasparente alla luce e quindi di far vegetare meglio le piante sottostanti. Il grado di ombreggiamento della plastica è infatti del 5% circa contro quello del 30% del tessuto».
La scelta tra coprire con rete o con antipioggia
«Come Apofruit – prosegue Grassi - consigliamo caldamente la copertura con plastica antipioggia solo a chi fa kiwi rosso, particolarmente sensibile a Psa, nelle aree del Nord del paese, dove maggiore è il rischio delle gelate primaverili estive. Proprio per cercare le condizioni climatiche più favorevoli, indichiamo come coltivazione ottimale del rosso la Calabria e la Puglia. Anche se ancora non esiste una letteratura scientifica in materia e al momento disponiamo solo di osservazioni, non vediamo motivo per spingere la copertura con antipioggia, che si porta dietro costi di investimento più onerosi (circa il 20% in più rispetto le reti) e problemi agronomici, come per esempio l’eccesso di salinità del terreno a seguito delle concimazioni per mancanza dell’effetto dilavante della pioggia, le maggiori temperature estive che influenzano l’evapotraspirato giornaliero».
Grassi conclude l’excursus sui 6 anni di esperienza di Apofruit «La copertura con plastica è impermeabile anche al vento e può fare “effetto vela”, con conseguenti immaginabili danni all’impianto (il maggior costo di tale copertura è legato anche alla necessità di ancoraggio profondo al suolo), mentre quella con rete antigrandine al contrario aiuta a rompere il flusso del vento. Inoltre, anche la rete aiuta a mitigare le gelate tardive, se non sono prolungate, innalzando la temperatura interna di circa 1°-1,5 °C. Tanti sono gli elementi da valutare nella scelta di una soluzione piuttosto di un’altra, compreso il fatto che lavorare sotto antipioggia rende necessario imparare a conoscere ex novo il frutteto, la cui gestione agronomica è molto diversa».
Costi e vantaggi della plastica
Diversa l’esperienza di Giampaolo Dal Pane, presidente del Consorzio Dorì Europe, nato per diffondere e valorizzare commercialmente la varietà gialla 100% italiana: «Solo in Italia siamo arrivati a 330 ettari impiantati a Dorì e di questa superficie il 95% è coperta. In particolare, poco meno dell’85% degli impianti sono sotto rete, il 10% sotto teli di plastica e poi abbiamo un’area test di 3 ettari in serra fotovoltaica, più altri 2 ettari in Francia. Tra danni da vento, che in alcuni casi ha causato anche il 30% di perdita di produzione, gelate, moria, Psa e cimice nessun imprenditore pianta più senza almeno le reti antigrandine. Come consorzio impegnato nella produzione di cultivar gold e red, caratterizzate da una maggiore sensibilità alla Psa, consigliamo caldamente la protezione, il cui costo è giustificato e ammortizzato dall’alto valore commerciale dei frutti. Inoltre, i problemi di moria in impianti coperti con teli antipioggia o in fotovoltaico al momento non esistono».
La motivazione di scelta tra copertura con reti o con plastica è fondamentalmente di tipo economico. «La plastica costa circa 22-25.000 €/ha in più delle reti – spiega Dal Pane –, ma va a sottolineato che coprire con la plastica ha diversi vantaggi:
- le analisi sin qui da noi condotte evidenziano l’assenza di problemi da Psa (-99%);
- sono necessari meno trattamenti, non più fatti secondo calendario ma mirati, con vantaggio in termini di costi e di sostenibilità;
- l’entrata in produzione delle piante avviene un anno prima, perché gli si evitano stress, vento, pioggia;
- si allunga la stagione produttiva, poiché fa caldo prima e freddo dopo.
In pratica dal 2° al 4° anno di vita dell’impianto, il cui costo totale compresa copertura si aggira intorno ai 75.000 €/ha, si recupera già il costo supplementare dell’investimento per la protezione, posto che al 2° anno dopo a quello dell'impianto la resa è di 250 ql/ha e al 3° anno di 400 ql/ha. Le reti, invece, lasciano passare anche raggi ultravioletti dannosi, che possono bruciare foglie e frutti. Quando si opta per la plastica è fondamentale chiudere tutto l’impianto, anche sui lati, primo per non far entrare il vento, che potrebbe sollevare la copertura e fare seri danni, secondo per evitare i rischi da freddo».
Kiwi in serra fotovoltaica
Relativamente alla serra fotovoltaica si tratta di un investimento molto costoso (circa 500.000 €/ha) e diverso, che non nasce per proteggere un raccolto, ma per fare energia elettrica, ovvero un altro tipo di business. Ciò che si ottiene all’interno di tali serre è un reddito aggiuntivo, non il principale. «Il vantaggio è che sono strutture ermeticamente chiuse, il non plus ultra per la protezione, lo svantaggio che c’è sempre una parte leggermente meno illuminata, che fa calare la fertilità delle piante, con una resa inferiore anche del 20%, ma che per alcune varietà ad alta fertilità è un vantaggio» conclude Dal Pane.
Reti antigrandine obbligatorie per Jingold
«Doveroso distinguere tra coperture con reti antigrandine, già in uso da decenni, e coperture plastiche di recente introduzione – afferma Cristina Fabbroni, direttore tecnico dell’azienda Jingold –. Per le varietà Jingold la copertura con rete antigrandine è obbligatoria a partire da prima della messa a dimora delle piante. La ragione è che, al di là della protezione contro la grandine, che può causare forti danni alla pianta e portare all’ingresso di patogeni, la rete serve per creare un microclima più favorevole allo sviluppo ottimale delle piante. Proprio per questo, un produttore Jingold, se vuole coltivare le nostre varietà brevettate, deve predisporre la copertura con reti antigrandine. L’obbligo di copertura vige dal 2007, solo i primi impianti in areali non grandigeni sono sprovvisti di copertura, ma da subito i tecnici di Jingold si sono resi conto della differenza di produzione e qualità che si ottiene con l’uso delle reti. Ad oggi circa il 95% delle superfici coltivate con le varietà Jingold è coperta da reti antigrandine, che devono avere una percentuale di ombreggiamento variabile dal 10 al 15% in funzione dell’areale produttivo. Il costo per la realizzazione della copertura con reti antigrandine incide per circa un 15% e se si considera che la vita media di un impianto è di 15/20 anni l’investimento è molto basso rispetto ai benefici che offre la copertura».
Con le coperture plastiche serve professionalità
Molto diverso è l’impiego di recente introduzione delle coperture plastiche, che si sono diffuse a seguito dello sviluppo della principale patologia che colpisce il kiwi, il cancro batterico.
«Diversi studi hanno dimostrato che la barriera creata dal film plastico funge da protezione da svariati eventi atmosferici (piogge, grandine, rotture a causa del vento, gelate tardive), permettendo così una riduzione notevole della diffusione della malattia all’interno degli impianti e al contempo uno sviluppo più equilibrato delle piante, che sotto copertura risentono meno degli stress ambientali – prosegue Frabboni -. Il costo di realizzazione di questo tipo di copertura è superiore a quello di installazione delle reti antigrandine e richiede una manutenzione maggiore con vita ridotta del film, anche perché a oggi non ci sono ancora soluzioni e linee guida su come deve essere fatto un impianto con copertura plastica. Da subito Jingold ha deciso di aiutare i propri produttori desiderosi di investire in tale tipo di copertura, dando un contributo alla realizzazione e iniziando a studiare gli effetti durante le fasi produttive per decidere qual’è la soluzione migliore da adottare nei diversi areali. Ad oggi circa un 5% delle superfici è protetto da film plastici, che si stanno diffondendo di più su kiwi a polpa rossa, perché si ritiene essere più sensibile al Psa e più precoce come fase fenologica pertanto più soggetto a rischio di gelate tardive. Sotto la rete di plastica la professionalità del produttore gioca un ruolo chiave, perché devono essere controllate tutte le principali operazioni agronomiche che contribuiscono ad ottenere risultati economici soddisfacenti. Gestione irrigazione, gestione chioma, impollinazione, che è da curare maggiormente e alla quale spesso viene data poca importanza, ma che risulta essere il punto chiave per raggiungere frutti di buona forma, calibro ottimo e buona qualità».