Il governo argentino ha annunciato, con effetto immediato, il blocco delle esportazioni di farina e olio di soia. Motivo della decisione, la necessità di tutelare il mercato interno. In pratica altra benzina sul fuoco del mercato internazionale delle commodity agricole, che già arde con vigore da mesi.
Confagricoltura segnala che l’Argentina è il primo Paese esportatore di derivati della soia su scala globale. Tre soli Stati – Argentina, Brasile e Usa – realizzano oltre l’8% della produzione mondiale di soia. L’incidenza dell’Unione europea è nell’ordine di un punto percentuale.
«La decisione del governo argentino ha un pesante effetto sull’industria mangimistica italiana e, di conseguenza, sul settore degli allevamenti, che già attraversa una fase estremamente critica – sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti –. Serve un coordinamento a livello europeo per gestire la situazione, allo scopo di garantire i cicli di produzione e contenere un’ulteriore crescita del prezzo dei mangimi, che risulterebbe insostenibile».
Aumentare disponibilità di materie prime per produrre mangimi
Secondo i dati di Assalzoo, l’Associazione italiana delle industrie produttrici di mangimi, ogni anno vengono utilizzate circa 3,6 milioni di tonnellate di farine di soia provenienti principalmente da Argentina e Brasile.
«Nei giorni scorsi la Commissione europea ha autorizzato gli Stati membri a revocare alcune restrizioni tecniche legate al limite massimo di residui per le importazioni di mais, pur nella piena garanzia e sicurezza del commercio internazionale – fa notare Giansanti – chiediamo alle autorità competenti di valutare la situazione al fine di aumentare la disponibilità di materie prime da destinare alla produzione di mangimi».
Come al solito invece che guardare avanti si deregola l’import, poi una volta che è aperto il canale ci sarà sempre un motivo per non chiuderlo.
Così oltre che diminuire l’attratività di un sacco di agricoltori a produrre Soia o altre colture proteiche (già da quest’anno), invece che cambiare le possibili diete animali, ridurre progressivamente gli animali e fare aumentare il valore dei prodotti derivati (carne, latte), ci portiamo in casa prodotti di basso livello che sono tutto tranne che green, dando soldi a chi sta speculando perché in Sudamerica chi coltiva Soia non prenderà neanche la metà di questi aumenti.