Una realtà dove storia e innovazione, agricoltura e cultura, ricerca e sperimentazione, produzione e didattica si incontrano. È la Fondazione universitaria azienda agraria di Perugia, erede di un grande patrimonio artistico e fondiario. Appartenuti in precedenza alla comunità benedettina di San Pietro, soppressa insieme alle altre corporazioni religiose nel 1869, i beni confluirono nella creazione di un istituto agrario, divenuto nel tempo il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia, con sede appunto nell’ex complesso benedettino di San Pietro.
Sul finire del XIV secolo fu stabilito che il patrimonio fosse trasformato in ente morale autonomo, sotto la diretta ed esclusiva autorità dello Stato, dando così vita alla Fondazione per l’Istruzione agraria in Perugia.
San Pietro, con la basilica e il suo inconfondibile campanile, alla cui ombra si sono laureati decine di centinaia di agronomi, i tre chiostri interni, l’archivio storico, la biblioteca, l’ex refettorio, l’orto medievale e quello botanico, costituiscono un unicum di straordinaria ricchezza e bellezza, nel quale arte e natura si intrecciano e si fondono con la spiritualità impressa nelle pietre.
L’azienda agricola
Di diverso ma uguale rilievo è l’azienda agricola, i cui terreni sono dislocati nei comuni di Marsciano, Deruta, Perugia e Collazzone. L’estensione è di 1.850 ettari, di cui di 1.500 di Sau. Tre i principali corpi fondiari, due dei quali prendono il nome dalla presenza delle Rocche Benedettine di Casalina, a Deruta, e S. Apollinare, a Marsciano. Gli appezzamenti sono caratterizzati da dimensioni medie molto elevate, comprese tra 10 e 40 ettari, e una eccellente sistemazione idraulico-agraria.
Il piano colturale prevede la destinazione di circa 350 ha a grano tenero e duro, 120 a girasole e mais, da granella e da insilato, 130 a lenticchia e pisello da granella, 90 a erba medica da foraggio e da seme. Buono il rilievo delle orticole, con 200 ha a fagiolo borlotto e pisello fresco, 50 a pomodoro da industria e 40 a spinacio e bietolina da foglia. A livello di coltivazioni arboree si segnalano i 95 ettari a nocciolo, i 55 di vigneti e i 50 di oliveti. Completano il quadro l’attività vivaistica, con la produzione e vendita di circa 500.000 piantine/anno di nocciolo della varietà Tonda francescana, e le attività sperimentali condotte in stretto contatto con il Dipartimento.
«Tutte le rotazioni – sottolinea il direttore tecnico Mauro Brunetti – prevedono una successione tra miglioratrici e depauperanti, questo sia per i benefici agronomici che ne conseguono, sia per il rispetto delle norme della politica comunitaria, in quanto la Fondazione aderisce al Sistema di qualità nazionale di produzione integrata (Sqnpi)».
La zootecnia
Presente anche l’attività zootecnica, costituita da un allevamento di chianine e da uno avicolo. L’allevamento chianino è costituito da un nucleo genetico di elevato valore in continuo miglioramento, con vitelli destinati quasi completamente ad animali da riproduzione vista l’alta genealogia.
«L’allevamento avicolo – spiega Brunetti – è strutturato con un modello produttivo a basso impatto ambientale e ad elevata qualità delle carni. In questo allevamento è stato appena concluso, con il supporto del DSA3, un ciclo di produzione in collaborazione con Amadori per la definizione di un processo produttivo da realizzare in freerange».
Ricerca e formazione
Aspetto centrale nelle attività della Fondazione è il supporto alla formazione verso gli studenti dell’Università di Perugia, con la struttura che ospita ogni anno decine di tirocinanti provenienti anche da altri atenei italiani e stranieri. All’interno dell’azienda gli studenti possono vedere applicate nella realtà le loro conoscenze di studio legate ai vari campi agroalimentari, toccando con mano una realtà produttiva che è a tutti gli effetti un grande laboratorio a cielo aperto dove continue sono le occasioni di assistere allo sviluppo dei progetti di ricerca ai quali la Fondazione partecipa. Presenti tre centri sperimentali direttamente gestiti dal Dipartimento di Scienze agrarie alimentari e ambientali (DSA3).
Nella sua storia ultracentenaria la Fondazione presieduta dal rettore Maurizio Oliviero, si è evoluta nella sua organizzazione e articolazione mantenendo però sempre ferma la barra sulla mission istitutiva, cioè di essere strumento di trasferimento tecnologico dal mondo della ricerca a quello delle applicazioni. Un esempio recente è il progetto legato alla nuova varietà di nocciolo denominata Tonda francescana.
Lo sviluppo dell’attività corilicola, portata avanti in sinergia con l’Università di Perugia e, in particolare, con il DSA3, ha consentito di mettere a punto nuovi approcci di produzione vivaistica (moltiplicazione in vitro, innesto su soggetti non polloniferi) e processi a minor impatto nella coltivazione in campo. Tali tecniche vengono oggi applicate dall’intero comparto vivaistico italiano, che ha così conosciuto un progresso significativo rispetto a dei metodi di propagazione rimasti inalterati per secoli.
La Fondazione ha avviato sui propri terreni, fin dal 2015, le prime piantagioni specializzate di Tonda francescana utilizzando il metodo di coltivazione monocaule (a fusto singolo). “Si è trattato di una sfida – spiegano alla Fia - visto che nelle zone tradizionalmente vocate alla corilicoltura (Piemonte, Lazio, Campania e Sicilia) gli impianti erano sempre stati mantenuti con più fusti per pianta, a loro volta raggruppati fin da terra. Il metodo a fusto singolo oggi si sta affermando e, man mano, anche molti noccioleti esistenti vengono sostituiti da nuove piantagioni a fusto unico, più razionali e più facili da meccanizzare”.
Spinta sull’innovazione
La Fondazione ha iniziato negli ultimi anni un importante processo di miglioramento tecnologico dell’azienda, con importanti investimenti nel personale e nelle dotazioni. Il parco macchine è stato quasi completamente rinnovato: oggi circa l’80% delle macchine possiedono dotazioni di agricoltura di precisione con guide satellitari ad alta precisione (Rtk con errore di 2,5 cm) e sistemi di controllo delle sezioni di lavoro, che permettono di operare in campo con mappe di prescrizione per la distribuzione a rateo variabile delle fertilizzazioni e chiusura delle sezioni di lavoro in fase di sovrapposizione delle passate.
In tutta l’azienda sono state installate sei capannine meteo per il monitoraggio delle condizioni climatiche e otto sensori di umidità del suolo che permettono, grazie ai software gestionali, di utilizzare in modo efficace i sistemi di supporto alle decisioni (Dss) e i modelli previsionali applicati alle varie colture.
In futuro è previsto di applicare la sensoristica per analizzare e automatizzare l’irrigazione dei noccioleti, nell’ottica del progetto LivingLab.
Inoltre, le colture aziendali sono monitorate da satellite, tramite l’utilizzo di indici di vigoria e stress idrico, che permettono di realizzare mappe di prescrizione per le fertilizzazioni.
La raccolta viene fatta da contoterzisti specializzati con macchine 4.0 che forniscono all’azienda le mappe di resa, utilizzate poi per le analisi e le eventuali correzioni degli interventi. L’ammodernamento dei macchinari ha permesso di migliorare l’efficienza delle lavorazioni, garantendo al contempo la sicurezza degli operatori e la salubrità dell’ambiente di lavoro.
Della propensione all’innovazione sono espressione sia la partecipazione della Fondazione ad alcuni “Living Lab” di settore, sia l’incubazione di start app innovative legate alla propria attività. Nei rapporti con l’esterno non mancano le collaborazioni con imprese che permettono di creare una rete di conoscenze e di operatività a favore dello sviluppo dei settori agricoli trainanti. Tra queste si segnalano quelle con Agricolus, Topcon, Xfarm, Irritrol, Colussi, Terremerse, Bavicchi, Manganelli. Il ruolo trainante esercitato dalla Fondazione è confermato da attività e iniziative che prendono corpo all’interno delle strutture: come Eima e il campionato nazionale di potatura dell’olivo organizzato da Edagricole.