Il 2023, primo anno di applicazione della nuova Pac, ha visto crescere in Italia le superfici investite a biologico e il numero di operatori coinvolti. I dati del rapporto "Bio in cifre", presentato a Bracciano in occasione dell’ormai tradizionale “Appuntamento con il bio”, indicano un incremento del 4,5% della Sau biologica sul 2022, mentre il numero di operatori (produttori, trasformatori, importatori) cresce dell’1,8%, un ritmo molto più blando rispetto al +7,7% dell’anno precedente. Ad affermarlo è Ismea, ente organizzatore del convegno.
«Con il passaggio alla nuova programmazione della Politica agricola comune e il cambiamento di alcune regole – viene evidenziato nel Rapporto - sono emerse alcune criticità sia dal lato delle amministrazioni regionali, che hanno dovuto revisionare una macchina organizzativa collaudata dopo anni di politiche di sviluppo rurale, cimentandosi per la prima volta con la programmazione delle misure del primo pilastro, sia dal lato delle aziende beneficiarie, nella difficile impresa di orientarsi nel fitto reticolato di vincoli, impegni e interventi, con questi ultimi talvolta in concorrenza tra loro per la non cumulabilità degli aiuti».
Alti costi di produzione
«Uno scenario proseguono da Ismea - reso ancora più complesso dall’inasprimento, protrattosi nel 2023, dei costi di produzione, che ha accentuato nel settore la dipendenza dai sussidi pubblici, in un contesto aggravato dagli eventi climatici avversi che hanno colpito diverse aree del Paese, rendendo le operazioni in campagna, soprattutto per le aziende biologiche, più onerose e difficoltose anche nella gestione agronomica».
I dati
Il bilancio del 2023 restituisce comunque un quadro positivo per l’agricoltura biologica italiana, che con 2,5 milioni di ettari, pari a quasi il 20% della Sau nazionale, riduce ulteriormente la distanza dal target del 25% fissato, entro il 2030, dalla Strategia Farm to Fork. Risultati che rafforzano la leadership dell’Italia tra i Paesi dell’Ue, ormai pluriennale.
Leadership italiana
«Il rapporto presentato – ha affermato il sottosegretario all’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Luigi D’Eramo – è un’ulteriore conferma della consolidata leadership del nostro Paese a livello europeo, e non solo. L’Italia del biologico continua a crescere, sia per superfici sia per numero di operatori. Quasi il 20 per cento di Sau agricola è bio, un dato che ci proietta a raggiungere prima del 2030 il target Ue del 25%. Un trend positivo, che potrà ulteriormente migliorare grazie alle numerose misure messe in campo in questi mesi: dall’approvazione del Piano d’azione nazionale per la produzione biologica ai provvedimenti a sostegno dei biodistretti e delle filiere bio. Puntiamo ora a realizzare quanto prima il Marchio del biologico italiano: unito a una corretta informazione e comunicazione potrà sostenere un rilancio dei consumi interni e la crescita sui mercati esteri, per continuare così anche in futuro a essere leader nel settore».
I dettagli
Nel dettaglio, il rapporto Bio in cifre curato da Ismea in collaborazione con il Ciheam Bari nell’ambito del programma Masaf “Dimecobio”, evidenzia una Sau biologica prevalentemente orientata a seminativi (42,1%). Rimane ancora alta anche la percentuale di prati e pascoli e pascoli, che si attesta al 29,7%. Seguono poi colture permanenti (22,8%) e ortaggi (2,5%).
Ancora in crescita prati e pascoli
«La crescita delle superfici - sottolinea il Rapporto - ha riguardato soprattutto prati e pascoli e colture industriali e foraggere, mentre hanno perso ettari le proteiche e le produzioni cerealicole. Crescono, seppure a un ritmo più attenuato, le ortive, in un’annata che ha invece confermato la superficie bio complessiva delle coltivazioni permanenti, nonostante le riduzioni di viti, agrumi e frutta fresca, compensate dagli incrementi di ulivi e frutta in guscio».
Geografia del bio
L’incremento della Sau ha riguardato principalmente le regioni centrali e settentrionali. Il Mezzogiorno mantiene tuttora l’incidenza più elevata, con il 58%, ma si sta assistendo a un graduale riequilibrio della distribuzione geografica delle superfici, con la ripartizione del Centro-Nord che ha quasi raddoppiato in 10 anni gli investimenti nel bio.
L’evoluzione più recente mostra, ma in pochi casi, situazioni anche in controtendenza, evidentemente dovute alle diverse politiche adottate delle amministrazioni regionali. Emblematico il caso della Provincia autonoma di Trento, che ha perso oltre il 40% della Sau biologica nel 2023 per la decisione dell’Autorità di gestione di concedere i pagamenti riservati alle superfici foraggere e ai pascoli alle sole aziende con allevamenti, nell’ambito di una strategia di rafforzamento della zootecnia biologica locale. Una flessione, seppure contenuta, si è riscontrata anche in Emilia-Romagna - nonostante il budget consistente sugli interventi a favore del biologico -, fenomeno che gli esperti tendono però ad associare agli eventi catastrofali dello scorso anno, in particolare alla devastante alluvione del maggio 2023.
Operatori, + 1.642 unità in un anno
Oltre alle superfici sono aumentati gli operatori, che hanno raggiunto il numero complessivo di 94.441 unità, 1.642 in più rispetto al 2022. Il fenomeno ha riguardato soprattutto le circa 84 mila aziende agricole (l’89% del totale degli operatori biologici) e, tra queste, in particolare la componente dei produttori/preparatori, a conferma della tendenza a introdurre in azienda l’attività di prima trasformazione per trattenere una quota maggiore di valore aggiunto.
Consumi, buone notizie dalla Gdo
Infine, i consumi domestici di prodotti biologici, relativi al solo canale della Gdo, hanno toccato i 3,8 miliardi di euro, registrando un incremento del 5,2% sul 2022 (si tratta del tasso di crescita più sostenuto degli ultimi anni), seppure a fronte di volumi invariati. Il confronto con la dinamica generale degli acquisti di prodotti alimentari, cresciuti dell’8,1% in valore ma scesi dell’1,1% in quantità, evidenzia la minore spinta inflattiva del reparto biologico rispetto alla dinamica osservata per il carrello convenzionale.
«Il biologico è centrale nelle ambizioni green dell’Europa e dell’Italia – ha dichiarato il presidente Ismea, Livio Proietti - e lo dimostra anche la pluralità di interventi normativi e di azioni strategiche che il nostro Paese ha riservato al settore, tra cui il Piano nazionale per la produzione biologica, varato quest’anno, e il decreto del 2023 che esalta il ruolo e l’importanza dei biodistretti. Dopo anni difficili, dovuti soprattutto ai forti aumenti dei prezzi seguiti allo shock energetico del 2022, il settore deve adesso recuperare appeal agli occhi dei consumatori, oggi disorientati dai tanti prodotti che si fregiano di messaggi allusivi alla salute e alla sostenibilità, ma che a differenza del biologico, non sono sottoposti a rigidi controlli e a rigorose regole di produzione».
Al termine delle relazioni si è tenuta la tavola rotonda con le associazioni e le organizzazioni professionali di settore, a cui sono intervenuti Giuseppe Romano presidente Aiab, Nicoletta Maffini presidente AssoBio, Riccardo Cozzo presidente Ass.o.cert.bio, Mariagrazia Mammuccini presidente Federbio, Francesco Torriani coordinatore del settore bio dell’Alleanza Cooperative Agroalimentari Italiane, Fabio Chessa responsabile biologico Cia Anabio, Ignazio Cirronis presidente Copagri – Anaprobio, Francesco Giardina direttore di Coldiretti Bio, Silvia Piconcelli responsabile agricoltura biologica Confagricoltura.
Mammuccini (FederBio): «Occorre stimolare la domanda»
Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, commenta: «I dati Ismea attestano che il biologico continua a crescere, anche se a un ritmo più contenuto, indubbiamente influenzato dalle crisi ambientali, climatiche e sociali. I consumi fanno registrare un incremento più a valore che a volume, risentendo degli effetti inflazionistici di un mercato caratterizzato da instabilità e volatilità. Per imprimere una spinta propulsiva al settore occorre agire su diversi fattori: semplificazione burocratica, ricerca, innovazione, formazione e assistenza tecnica, organizzazione della filiera con l’obiettivo del “giusto prezzo” attraverso la rapida attuazione del Piano d’Azione nazionale per il bio e delle misure del Piano Strategico italiano della Pac. Per sostenere una crescita sana del biologico, l’incremento della produzione nazionale deve essere supportato da un’equivalente crescita dei consumi interni. Occorre quindi stimolare la domanda, sensibilizzando i cittadini sulle ricadute positive che il biologico comporta per l’economia, la salute delle persone e dell’ambiente. Inoltre, è fondamentale semplificare le procedure per ridurre i costi di consulenza e supporto legati alla certificazione, che vanno ad aggravare e penalizzare soprattutto le piccole e medie aziende bio italiane, che rappresentano la storia del biologico, valorizzando l’identità e il legame con il territorio, in particolare delle aree interne e rurali, e favorendo il rapporto diretto tra produttori e consumatori di buon cibo biologico».
Poi Mammuccini aggiunge: «La crisi climatica ha un impatto su tutta l’agricoltura, determinando una riduzione della produzione e, anche se il biologico è il modello agricolo più resiliente alle emergenze climatiche, considero necessario puntare su formazione e assistenza tecnica a supporto degli agricoltori e investire su innovazione e ricerca per l’agroecologia per disporre di strumenti di contrasto sempre più efficaci in grado di arginare gli effetti climatici, ripristinare gli habitat degradati, incrementando contemporaneamente la biodiversità e la fertilità del suolo. Infine, per fare del biologico il modello di riferimento dell’intero comparto agroalimentare italiano, è estremamente importante che tutti gli attori del settore operino in rete, attraverso i distretti biologici a livello territoriale e sistemi organizzati lungo l’intera filiera affinché i prodotti biologici siano sempre più facilmente disponibili anche nei circuiti di ristorazione collettiva, come ad esempio nelle mense scolastiche».
Alleanza Cooperative: «Prezzo vero fattore di scelta»
«I consumatori oggi comprano biologico di qualità ma il vero fattore di scelta è il prezzo finale». Lo ha detto il presidente del Settore biologico Fedagripesca Confcooperative Francesco Torriani, intervenuto oggi in rappresentanza di Alleanza Cooperative Agroalimentari alla presentazione del rapporto di Ismea 'Bio in cifre'. «Se da un lato vanno combattute le pratiche commerciali sleali che portano a remunerare il valore della materia prima in maniera da non coprire, in taluni casi neanche i costi di produzione - ha spiegato Torriani - dall'altro occorre fare un salto di qualità nell'organizzazione della filiera per provare a ridistribuire almeno parte del valore aggiunto che si intercetta con la vendita del prodotto finito verso la produzione primaria».
Il presidente ha poi sottolineato la necessità che vengano incentivati campagne e progetti promozionali, capaci di mettere in luce tutti gli asset valoriali del biologico al consumatore ordinario, con finalità educative e al tempo stesso commerciali.
Torriani, infine, ha criticato anche lo schema del Decreto ministeriale sui controlli sul biologico, «un testo - ha concluso - che non si limita a dare attuazione alla nuova normativa comunitaria, ma introduce anche una serie di complessità burocratiche e di ulteriori oneri amministrativi che andranno a gravare sugli operatori biologici con relativo aumento dei costi e che può persino scoraggiare i produttori dall'aderire al sistema di certificazione».