Finanziamenti all’agricoltura, si può fare di più

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Di possibili nuovi strumenti e opportunità se ne è parlato a Milano, durante l'evento “Food and finance”

L'accesso al credito è fondamentale per il settore agricolo, ma occorre un player intermedio di competenze, oppure bisogna dotare il comparto di più competenze per renderlo attrattivo dal punto di vista degli investimenti e dall’accesso al credito. Lo ha sottolineato Vitaliano Fiorillo, direttore dell’Invernizzi Agri Lab della Sda Bocconi School of Management, durante “Food and finance”, un incontro organizzato a Milano dallo studio legale Lca con il supporto di Icc Italia, il comitato nazionale  della International Chamber of Commerce, un’organizzazione di imprese a livello internazionale. In primo piano, quindi, la necessità di investimenti, innovazione e sostenibilità nel settore agroalimentare.

Come ha spiegato Nicola Lucifero, partner dello studio legale Lca, ci sono grandi opportunità e prospettive di sviluppo per il settore, ma permangono anche forti criticità, come la frammentazione delle strutture agricole, le inefficienze collegate ai processi produttivi, le logistiche  troppo verticali delle filiere e, soprattutto, la mancanza di competenze manageriali.

«Alcune condizioni al momento – ha detto Fiorillo - possono favorire l'ingresso di capitali nel settore agricolo. Non sempre  però, si tratta di condizioni che depongono a favore dello stato di salute del comparto. Alcune di queste alternative possono essere percorse dagli attori che sono all’interno del settore, altre richiedono necessariamente l'intervento della finanza e di capitali diversi che nel comparto agricolo non si esprimono pienamente. Il settore agricolo ha, comunque, un potenziale enorme».

Perché l’azienda agricola italiana investe poco

L’agroalimentare, come ha precisato Fiorillo, nel 2023 ha fatturato 590 miliardi ed è cresciuto del 4%. Nel 2022 il settore ha attirato tuttavia appena 25 miliardi di investimenti, poco rispetto a quello che è il giro d’affari totale. Perché soprattutto il settore agricolo non riesce ad attirare investimenti? «A causa di alcune criticità che il comparto si porta dietro da sempre - ha spiegato Fiorillo - ma che oggi stanno arrivando al culmine: in Italia le aziende agricole sono estremamente frammentate e la superficie media di un'azienda agricola italiana è di 14 ettari. Le grandi aziende arrivano ai 150 ettari, ma dal punto di vista della produttività e della redditività non reggono il confronto con le imprese di altri paesi come la Spagna».

La struttura giuridica è, inoltre, nel 95% dei casi quella delle ditte individuali e non di società di capitali. Le aziende, sostanzialmente, coincidono con la famiglia e si dedicano soprattutto alla produzione di commodities. Queste caratteristiche non rappresentano esattamente il primo driver per l’agricoltura italiana che, invece, dovrebbe far leva sulle specialities, sulle colture ad alto valore aggiunto.

«La narrazione che si fa dell’agricoltura – ha aggiunto Fiorillo - è quindi quella di un settore povero che ha bisogno di sussidi per stare in piedi. In alcuni casi questo è vero, ma in altri non è così. È vero che le  aziende agricole sono in un momento di grandi pressioni, sottoposte alla volatilità dei mercati, delle rese e della qualità anche a causa dei cambiamenti climatici. Le aziende agricole, tuttavia, mantengono una certa redditività. Abbiamo visto, facendo un’analisi che nelle aziende di oltre 150 ettari, quelle che fanno seminativi, la redditività comincia a decrescere. Sembra, invece che le aziende agricole più piccole, sotto i 30 ettari, e come tipologia produttiva quelle dedite all’arboricoltura, siano enormemente più remunerative».

Un altro fattore negativo è la mancanza di una strategia di investimento e di sviluppo dell'azienda agricola che, invece, coincide con la famiglia. L'azienda agricola oggi, peraltro, con questa configurazione si trova a dover affrontare un aumento di costi generale che in primo luogo viene dalla normativa: la sostenibilità è un obiettivo delle aziende di trasformazione  che viene chiesto anche alle aziende agricole. L’azienda di trasformazione  non riesce a raggiungere questo traguardo se anche l’agricoltura non è sostenibile».

Ulteriore criticità è legata all’età piuttosto avanzata del management dell’azienda agricola e al mancato ricambio generazionale. Nel 57% dei casi ha più di sessant'anni e nel 20% dei casi  ha 75 anni. Solo nel 9% dei casi l’imprenditore agricolo ha meno di quarant’anni. Ovviamente le persone anziane senza un erede in azienda non investono e non attirano capitali.

Mancano, inoltre, competenze manageriali nell’azienda agricola. «Non sono mai state richieste – afferma Fiorillo perché seminando si aveva diritto a un aiuto pubblico e fino agli anni Novanta del secolo scorso si vendeva solo al Consorzio agrario. Più le condizioni diventano difficili più le competenze manageriali sono oggi richieste anche per l’accesso al credito che è diventato molto più difficile di una volta».

La resilienza del settore primario

Emblematica la resilienza del settore agricolo dimostrata nella testimonianza di Achille Lanzarini, direttore generale della Fondazione Patrimonio Ca’ Granda Grande: si tratta di un patrimonio di 2.500 ettari e 150 aziende affittuarie che solo 10 anni fa era in dissesto per mancate manutenzioni degli immobili e per affitti troppo bassi dei terreni.

«Per rimettere in salute questo enorme patrimonio è stato necessario triplicare o quadruplicare gli affitti e ciononostante le aziende agricole hanno continuato a pagare anche in anticipo in qualche caso rispetto alla scadenza, e continuare l’attività. Se il settore – ha rimarcato Lanzarini - ha dimostrato di poter resistere a un cambiamento improvviso, l’incremento dei costi, vuol dire che funziona e ha la capacità di stare in piedi». Secondo Lanzarini sarebbero necessari player in grado di valorizzare il potenziale agricolo, ad esempio il rendimento dei terreni oggi caratterizzato da affitti molto bassi e, invece, da un valore fondiario estremamente elevato.  Per saper gestire, inoltre, determinati rischi del settore, come la volatilità dei mercati o i cambiamenti climatici, è necessario investire nel settore.

Come Halaesa ha trovato i suoi investitori

Competenze manageriali, sostenibilità, innovazione e accesso agli investimenti gli ingredienti del progetto Halaesa: lo ha ben spiegato Francesco Mastrandrea, imprenditore agricolo e ceo di questa start up innovativa nata nel Sud Italia nel 2022 per produrre avocado biologico e frutta esotica attraverso pratiche sostenibili.

L’azienda è arrivata ai primi 100 ettari di impianti e quest’anno è previsto  il primo raccolto di avocado italiano. L’obiettivo del progetto è quello di ampliare progressivamente gli impianti fino a 1.000 ettari in 10 anni diventando uno dei principali player del settore. Mastrandrea ha saputo coinvolgere nel progetto alcuni investitori che stanno finanziando lo sviluppo Halaesa.

«Non avevo un'azienda agricola di famiglia – ha spiegato Mastrandrea -, ma per questo modello di business siamo partiti da un’analisi dei fabbisogni del mondo agricolo italiano e da alcune condizioni di base, come la mancanza di terra e di disponibilità finanziaria. Conoscevo il settore da consulente e abbiamo scelto un prodotto che può essere coltivato solo in alcune regioni d’Italia ma anche figlio del cambiamento climatico. Il progetto è partito da competenze manageriali, agricole, dal supporto del mondo accademico con una certa attenzione per il profitto. Con tutte queste carte in regola siamo riusciti a trovare gli investitori. Abbiamo raccolto cerca 2 milioni di euro nel primo round di ricerca di investitori per piantare i primi 100 ettari nel primo anno di attività. Ora stiamo triplicando la parte produttiva con un secondo round di investimenti in questo caso istituzionali per realizzare nuovi obiettivi nel lungo termine».

Per Ercole de Vito, chief operating officer e agrifood lead di Icc Italia, è necessario sviluppare nuovi modelli di partenariato pubblico-privato per facilitare gli investimenti in un comparto strategico ma complesso, influenzato da fattori esogeni come il cambiamento climatico. De Vito ha inoltre sottolineato l’importanza di un progetto globale dell’Icc che punta a coinvolgere le imprese nel dibattito internazionale, promuovendo innovazione e sostenibilità lungo tutta la filiera agroalimentare.

 

Finanziamenti all’agricoltura, si può fare di più - Ultima modifica: 2025-01-29T10:00:16+01:00 da Francesca Baccino

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