la corsa. Sulla
scia degli incentivi
– vecchi e nuovi – è in
rapida crescita la diffusione
sul territorio nazionale
degli impianti che utilizzano
matrici agricole per produzione
di energia elettrica
e cogenerazione, dal
biogas di origine agro-zootecnica
alle biomasse legnose
fino ai bioliquidi da
oli vegetali.
Una centrale in più
ogni due nell’ultimo anno
In un anno le centrali
presenti in Italia, considerando
tutte le tipologie, sono
aumentate al ritmo di
quasi una in più ogni due
esistenti.
Il calo medio degli aiuti
a partire da quest’anno, introdotto
con il nuovo meccanismo
incentivante varato
nel luglio 2012 (si veda
articolo in basso nella pagina)
– che sostituisce la vecchia
tariffa onnicomprensiva
di 28 centesimi/kWh
(per le istallazioni sotto il
MW) e rivede il sistema
dei certificati verdi, non
sembra frenare questo
trend.
Tanto meno sul versante
agricolo, dove lo sviluppo
economico legato alle energie
verdi, sia in termini ambientali
che sul fronte della
competizione food no food,
deve necessariamente
procedere di pari passo
con la loro sostenibilità.
Nel dettaglio, secondo
gli ultimi dati riportati nel
bollettino del Gestore servizi
energetici (Gse) aggiornato
al 30 giugno 2012
– che include tutti gli interventi
dalle nuove costruzioni
a quelli, pur con numeri
assoluti meno rilevanti, di
potenziamento, rifacimento
o riattivazione – gli impianti
agroenergetici in
esercizio, considerando
biogas, biomasse solide e
bioliquidi, superano quota
mille (1.041).
Oltre 658 interventi a
progetto
Rispetto alla fotografia
scattata un anno prima (il
30 giugno 2011), che individuava
723 strutture, si registra
un aumento di circa
il 44% del numero di centrali
attive. Senza contare
che altri 658 sono gli interventi
qualificati «a progetto
», nelle varie fasi di
avanzamento.
Per quanto riguarda la
potenza installata, invece,
a metà dello scorso anno
gli impianti in esercizio
hanno raggiunto i 2.782
MW (per una produzione
energetica di quasi 9.000
GWh), solo il 12,8 per cento
in più (circa 320 MW)
rispetto al totale segnato
alla fine del primo semestre
2012.
Si tratta di un segnale
della sempre maggiore diffusione
di taglie piccole,
ovvero di impianti a biomasse
di minore potenza,
generalmente sotto il MW,
i più diffusi in ambito agricolo
e i più premiati sia
dal vecchio che dal nuovo
regime di incentivi.
A mostrare la tenuta, e
forse addirittura l’accelerazione,
del trend di crescita
delle bioenergie in Italia,
anche negli ultimi mesi, è
il «contatore» delle fonti
rinnovabili elettriche del
Gse, che aggiorna in tempo
quasi reale – seppure
con un livello di dettaglio
minore rispetto ai report semestrali
– la situazione delle
fonti elettriche verdi.
Incentivi per oltre 1,5
miliardi
Per quanto riguarda le
agroenergie – considerando
biogas (che in questo
caso, però, include anche
gli impianti a rifiuti, oltre
che quelli a matrici agrozootecniche
e agroindustriali),
biomasse solide e bioliquidi
– si contano a fine
2012 circa 1.760 interventi
ammessi agli incentivi, tra
tariffa onnicomprensiva e
certificati verdi.
Di questi, quasi il 70 per
cento riguarda centrali sotto
il MW, la maggior parte
nella classe tra i 600 kW e
1 MW.
All’aumento delle istallazioni
corrisponde l’incremento
del costo degli incentivi a sostegno delle rinnovabili
elettriche. In particolare,
il totale dei fondi
impegnati per gli aiuti alle
agroenergie, per gli impianti
che al 31 dicembre
2012 hanno visto riconosciuto
il diritto a ottenere i
contributi, sfiorano (sempre
secondo i dati Gse) gli
1,5 miliardi di euro. Di
questi, circa il 55 per cento
(poco più do 800 MW)
è relativo alle richieste di
accesso alla tariffa onnicomprensiva,
i 28 centesimi
a kWh destinati agli impianti
più piccoli (sotto il
MW di potenza).
In prima linea il biogas
In questa categoria a fare
la parte del leone sono
le centrali a biogas: per la
produzione di elettricità attraverso
la digestione anaerobica,
infatti, sono stati
presi impegni per oltre
711 milioni di euro.
Al contrario, sul fronte
dei certificati verdi, le cifre
maggiori sono indirizzate
verso le centrali – di
taglia mediamente molto
più grande – a bioliquidi
(oli vegetali) e biomasse
solida (filiera legno energia).
L’incremento maggiore,
in termini di impianti in
esercizio, lo segna il biogas,
che prosegue il boom
registrato negli ultimi anni.
A confermarlo è anche
il Crpa (Centro ricerche
produzioni animali) di Reggio
Emilia che nell’ultimo
monitoraggio, ancora in fase
di elaborazione definitiva,
conterà un numero di
impianti a biogas vicino a
quota 1.000 (nel computo
rientrano anche gli impianti
non ancora operativi, ma
già autorizzati): un raddoppio
rispetto ai 521 individuati
nel maggio 2011. Secondo
i dati Gse, aggiornati
allo scorso giugno, le
strutture in esercizio (in
buona parte nuove costruzioni)
sono 638, quasi il
50 per cento in più di un
anno prima.
A ritmo più lento biomasse
legnose e bioliquidi
Più lenta, ma comunque
sostenuta, l’avanzata delle
centrali a biomasse legnose
e bioliquidi.
La Regione con più impianti,
considerando tutte
le tipologie, si conferma la
Lombardia, che svetta con
324 interventi, in gran parte
sul fronte biogas, a dimostrazione
della forte caratterizzazione
zootecnica
del territorio (e quindi dell’ampia
disponibilità di substrati
destinabili ai digestori
anaerobici).
A seguire ci sono il Veneto
(158), l’Emilia Romagna
(121), il Piemonte
(118) e il Trentino Alto
Adige (105). Le prime cinque
regioni concentrano
quasi l’80% delle centrali
in esercizio. Interesse in
crescita, tuttavia, anche in
regioni come Toscana e Lazio.
L’apporto delle agroenergie
è sempre più centrale
in vista del raggiungimento
degli obiettivi europei
per le energie verdi entro
fine decennio. Secondo
la direttiva 2009/28/Ce,
l’Italia nel 2020 dovrà coprire
il 17% dei consumi
finali di energia con le rinnovabili
(e il 10% dei consumi
del settore trasporti
con i biocarburanti). Secondo
le ultime stime di
Nomisma Energia, si sarebbe
già raggiunta una quota
«verde» intorno al 13%,
con un ruolo sempre più
importante proprio per le
bioenergie.