Il ministro uscente Catania è stato eletto con l’Udc, entrano in Parlamento anche Stefàno e Carbone.
Il quadro politico è nebuloso
e per l’agricoltura
dunque è sempre
più nebbia fitta. Il governo
Monti infatti ha lasciato
sul tavolo molte questioni
aperte, dalle solite partite
irrisolte della semplificazione
e del credito, a temi
scottanti come l’Imu agricola
estesa ai fabbricati rurali
e su cui è aperto un
contenzioso sul rimborso.
Fino ai voucher su cui, dopo
un allargamento fatto
in zona cesarini dal ministero
del Lavoro dopo le
promesse del premier, è
riesplosa la polemica tra
organizzazioni agricole e
sindacati.
Ma è soprattutto sulla
riforma della Pac che sono
focalizzati gli interessi del
mondo agricolo. La nomina
nel governo Monti di
un ministro finalmente
esperto di questioni europee
come Mario Catania
aveva fatto tirare un sospiro
di sollievo. Ma la riforma
non è arrivata in porto
nei tempi. E a casa, grazie
al pressing di Catania,
l’Italia con il nuovo bilancio
Ue è riuscita a portare
solo un po’ di finanziamenti
in più per lo sviluppo
rurale, limitando i disastri
sugli aiuti diretti. Ma la
riforma è ancora tutta da
definire. Con molti interrogativi,
a partire dalla definizione
della platea dei beneficiari
che dovrà necessariamente
essere più ristretta
rispetto all’attuale
regime. E ora, dopo gli
emendamenti dell’Europarlamento,
arriva la fase più
critica e in cui bisogna serrare
le fila. Con una grande
incognita: chi sosterrà
la linea italiana?
Mario Catania ha conquistato
un posto alla Camera,
ma sotto i colori della
debolissima Udc di Casini.
Con possibilità molto
scarse di tornare nella poltrona
che più gli è congeniale,
quella di via XX Settembre.
Solo in un’eventualità
di un nuovo governo
semitecnico potrebbe
avere forse qualche chance.
Un altro uomo dell’establishment
agricolo che è
arrivato in Parlamento con
il Pd è Ernesto Carbone,
giovane e rampante vice
capo di gabinetto dell’attuale
ministro. Carbone ha
sostenuto Renzi nelle primarie.
È un volto nuovo,
politico, ma anche abbastanza
tecnico.
E poi c’è la terza figura
agricola emersa da questa
tornata. È Dario Stefàno
eletto con il Sel di Vendola,
un partito che negli ultimi
tempi ha mostrato un
crescente interesse per
l’agricoltura. Stefàno è assessore
della Regione Puglia
e coordinatore degli
assessori regionali. Dopo
il primo iniziale abbraccio
al ministro Catania, in questi
ultimi mesi ne ha preso
le distanze contestandone
in più occasioni l’operato.
Per preparare così il terreno
della successione? In
effetti è profondo conoscitore
delle questioni agricole
e soprattutto in questi
anni ha tessuto buoni rapporti
con tutte le Regioni,
anche quelle di colore diverso
dal suo schieramento
politico.
Fare pronostici in questa
situazione è comunque
impresa impossibile. Ma il
nuovo Governo non potrà
non tener conto del fatto
che l’Italia non si può permettere
il lusso di inviare
a Bruxelles ministri incompetenti
o assenteisti. Se si
perde questo giro della riforma
per l’agricoltura
non ci possono essere più
chance di recupero.
e per l’agricoltura
dunque è sempre
più nebbia fitta. Il governo
Monti infatti ha lasciato
sul tavolo molte questioni
aperte, dalle solite partite
irrisolte della semplificazione
e del credito, a temi
scottanti come l’Imu agricola
estesa ai fabbricati rurali
e su cui è aperto un
contenzioso sul rimborso.
Fino ai voucher su cui, dopo
un allargamento fatto
in zona cesarini dal ministero
del Lavoro dopo le
promesse del premier, è
riesplosa la polemica tra
organizzazioni agricole e
sindacati.
Ma è soprattutto sulla
riforma della Pac che sono
focalizzati gli interessi del
mondo agricolo. La nomina
nel governo Monti di
un ministro finalmente
esperto di questioni europee
come Mario Catania
aveva fatto tirare un sospiro
di sollievo. Ma la riforma
non è arrivata in porto
nei tempi. E a casa, grazie
al pressing di Catania,
l’Italia con il nuovo bilancio
Ue è riuscita a portare
solo un po’ di finanziamenti
in più per lo sviluppo
rurale, limitando i disastri
sugli aiuti diretti. Ma la
riforma è ancora tutta da
definire. Con molti interrogativi,
a partire dalla definizione
della platea dei beneficiari
che dovrà necessariamente
essere più ristretta
rispetto all’attuale
regime. E ora, dopo gli
emendamenti dell’Europarlamento,
arriva la fase più
critica e in cui bisogna serrare
le fila. Con una grande
incognita: chi sosterrà
la linea italiana?
Mario Catania ha conquistato
un posto alla Camera,
ma sotto i colori della
debolissima Udc di Casini.
Con possibilità molto
scarse di tornare nella poltrona
che più gli è congeniale,
quella di via XX Settembre.
Solo in un’eventualità
di un nuovo governo
semitecnico potrebbe
avere forse qualche chance.
Un altro uomo dell’establishment
agricolo che è
arrivato in Parlamento con
il Pd è Ernesto Carbone,
giovane e rampante vice
capo di gabinetto dell’attuale
ministro. Carbone ha
sostenuto Renzi nelle primarie.
È un volto nuovo,
politico, ma anche abbastanza
tecnico.
E poi c’è la terza figura
agricola emersa da questa
tornata. È Dario Stefàno
eletto con il Sel di Vendola,
un partito che negli ultimi
tempi ha mostrato un
crescente interesse per
l’agricoltura. Stefàno è assessore
della Regione Puglia
e coordinatore degli
assessori regionali. Dopo
il primo iniziale abbraccio
al ministro Catania, in questi
ultimi mesi ne ha preso
le distanze contestandone
in più occasioni l’operato.
Per preparare così il terreno
della successione? In
effetti è profondo conoscitore
delle questioni agricole
e soprattutto in questi
anni ha tessuto buoni rapporti
con tutte le Regioni,
anche quelle di colore diverso
dal suo schieramento
politico.
Fare pronostici in questa
situazione è comunque
impresa impossibile. Ma il
nuovo Governo non potrà
non tener conto del fatto
che l’Italia non si può permettere
il lusso di inviare
a Bruxelles ministri incompetenti
o assenteisti. Se si
perde questo giro della riforma
per l’agricoltura
non ci possono essere più
chance di recupero.