Nelle coltivazioni arboree, la potatura invernale, oltre che necessaria pratica agronomica, è anche una buona occasione per effettuare interventi di chirurgia fitosanitaria.
Il controllo delle singole piante, infatti, consente di individuare eventuali rami secchi o con alterazioni (corpi fruttiferi di funghi del legno, cancri, gommosi, gallerie di insetti, ecc.) che andranno asportati ed eliminati.
Articolo pubblicato sulla rubrica L’occhio del Fitopatologo di Terra e Vita
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Negli impianti di drupacee…
Negli impianti di drupacee in cui si è accertata la presenza di citospora (Leucocytospora leucostoma), fusicocco (Fusicoccum amygdali) o di altri agenti di cancri rameali (Eutypa armeniacae, Botryosphaeria dothidea ecc.), per ostacolare la penetrazione dei patogeni attraverso le cicatrici fogliari, dovrebbe essere già stato effettuato il trattamento a caduta foglie, il momento ottimale per ostacolare la penetrazione del micelio attraverso le cicatrici fogliari.
Se le condizioni climatiche non hanno consentito di intervenire in questa fase fenologica, potrebbe essere utile eseguire un trattamento con le medesime finalità (e prodotti fitosanitari) a gemma ferma, dopo la conclusione della potatura.
… e nei vigneti
Nei vigneti, in questo periodo non si prevedono interventi fitoiatrici, con la rara eccezione degli impianti di uva da tavola coperti per il posticipo della raccolta. Su questi sarà necessario controllare lo sviluppo di marciumi del grappolo, in particolare della muffa grigia (Botryotinia fuckeliana) assicurando una buona aerazione e ricorrendo a trattamenti specifici alternando i vari prodotti antibotritici per evitare l’insorgere di fenomeni di resistenza.
Nei vigneti affetti da alterazioni del legno come il mal dell’esca, l’eutipiosi (Eutypa lata) o l’escoriosi (Phomopsis viticola), è il momento di intervenire sulle piante infette individuate e segnalate in estate, quando i sintomi sulle foglie sono più evidenti. Prima della potatura invernale dell’intero vigneto, è una buona norma eliminare le piante o le loro parti colpite dalle malattie del legno e bruciare il materiale di risulta. Successivamente si potrà intervenire con le normali operazioni di potatura, riducendo i rischi di diffusione delle infezioni alle piante sane. Per quanto riguarda la trinciatura dei sarmenti, vale quanto riportato sopra a proposito dei fruttiferi.
Una buona pratica per prevenire la diffusione nel vigneto di agenti fungini di patologie del legno, in particolare quelli del mal dell’esca, è l’esecuzione di un trattamento a base di Trichoderma spp. a fine potatura. I ceppi antagonisti di Trichoderma colonizzano le superfici dei tagli costituendo un’efficace barriera alla penetrazione ed alla diffusione di alcuni patogeni, agevolando la cicatrizzazione.
La trinciatura dei residui
La trinciatura dei residui della potatura è una pratica agronomica raccomandabile perché restituisce parte della sostanza organica al terreno. Essa, tuttavia, va evitata negli impianti nei quali si sono insediati funghi parassiti del legno (agenti di cancri, mal del piombo ecc.) che, potendo vivere da saprofiti nel terreno, si avvantaggiano dei residui legnosi aumentando notevolmente il loro potenziale di inoculo.
Nei campi dove si esegue la trinciatura, preliminarmente, occorre asportare i rami più grossi (che possono essere utilizzati come legna da ardere).
Durante la trinciatura va verificato che l’attrezzo operi una buona sminuzzatura e sfibratura del materiale legnoso che dovrà essere prontamente interrato in modo da facilitare la sua rapida degradazione ad opera della microflora del terreno. Per accelerare e migliorare la degradazione del trinciato, prima dell’operazione meccanica è possibile distribuire al terreno qualche quintale di letame o prodotti commerciali appositamente studiati per apportare microrganismi utili alla degradazione del materiale vegetale.