«Il suino è di per sé una specie delicata e molta attenzione va posta in allevamento agli aspetti di tutela della salute e di prevenzione delle zoonosi. Lo sappiamo bene noi allevatori che monitoriamo costantemente tutte le fasi del ciclo di accrescimento, a partire dai lattonzoli sino ai suini pesanti, senza perdere di vista le esigenze specifiche delle scrofaie». A parlare è Giovanna Parmigiani allevatrice suinicola Piacentina e componente di Giunta Nazionale di Confagricoltura.
«Nel nostro quotidiano – prosegue Parmigiani – collaboriamo strettamente con il veterinario che segue l’allevamento perché è necessario garantire la salute e il benessere dei capi ricorrendo in modo tempestivo, ma solo se necessario, alla somministrazione di eventuali farmaci».
Nel 2013 Giovanna Parmigiani è stata chiamata, unica allevatrice, a far parte di un gruppo di esperti europeo sulle problematiche legate all’insorgenza dell’antibiotico-resistenza per l’analisi di scenario finalizzata all’emanazione delle linee guida europee sull’uso dei farmaci. «Il ciclo produttivo del suino pesante, in particolare – ricorda Parmigiani – si differisce dai cicli brevi del suino da carne tipici del Nord Europa, proprio perché dovendo arrivare a fornire capi pesanti deve prendersene cura più a lungo. In quest’ottica la figura del veterinario aziendale è centrale. Ben diversamente giudico il profilo di questo professionista tracciato dal decreto che ne formalizza il legame con l’azienda».
Il decreto 7 dicembre 2017 - Sistema di reti di epidemio-sorveglianza, compiti, responsabilità e requisiti professionali del veterinario aziendale è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale - Serie Generale - n.29 del 5 febbraio 2018.
È nato così ufficialmente il “veterinario aziendale” che ha il compito di gestire il sistema informativo per il funzionamento delle reti di epidemio-sorveglianza, assicurare la raccolta, la gestione e l’interscambio delle informazioni tra l’operatore del settore alimentare che alleva animali destinati alla produzione di alimenti e le autorità competenti del settore veterinario, della sicurezza alimentare e dei mangimi.
Chi è il veterinario ufficiale
Il veterinario aziendale di cui all'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 117 del 2005 è un medico veterinario, libero professionista, che opera professionalmente e con carattere di continuità, con un rapporto diretto con l'operatore, definito con atto formale.
Il veterinario aziendale deve essere iscritto all'Ordine dei medici veterinari e dovrà aver partecipato - in ambito Ecm - a un corso di formazione per veterinario aziendale (organizzato secondo quanto contenuto nell'allegato 2), e non dovrà trovarsi in condizioni che possano configurare un conflitto di interessi. Gli saranno pertanto precluse attività a favore di imprese che forniscono servizi all'azienda zootecnica stessa o di ditte fornitrici di materie prime, materiali, prodotti o strumenti.
Alla Federazione nazionale degli ordini dei medici veterinari italiani (Fnovi) è richiesto di curare la tenuta di un elenco pubblico nazionale dei medici veterinari che soddisfaranno i requisiti richiesti. La decadenza dei requisiti professionali e/o sopraggiunte sanzioni disciplinari per documentate violazioni deontologiche e/o di legge potranno comportare la cancellazione dall'elenco.
Nella pratica
«Al lato pratico - spiega Parmigiani - questa nuova figura si occuperà dell’inserimento di dati relativi agli alimenti somministrati agli animali, ai medicinali veterinari e a qualsiasi altra cura. Tra gli altri compiti, la garanzia della buona qualità sanitaria dell’azienda, il rispetto delle disposizioni riguardanti la notifica delle malattie, l’assistenza nella redazione dei piani aziendali volontari e il supporto per l’impiego dei medicinali veterinari. Tuttavia – rimarca Parmigiani - non abbiamo bisogno di ulteriori burocrati in azienda, ma di veterinari qualificati sul campo con capacità ed esperienza pratica, aziendalisti, che abbiano come primo obbiettivo aiutare gli allevatori a rendere la loro azienda efficiente e redditizia, che possano servire da reale supporto all’allevatore. Noi dobbiamo valorizzare ciò che è già presente in azienda con professionisti di fiducia».
«In contrasto con le libere scelte imprenditoriali»
Parmigiani ricorda come Confagricoltura abbia espresso forti perplessità, soprattutto perché che sia il veterinario aziendale a occuparsi della compilazione dei registri appare in profondo contrasto con le libere scelte imprenditoriali e con la possibilità che l’allevatore autonomamente o tramite altra figura professionale possa gestire la compilazione di tali registri, di cui, è bene ricordarlo, ha piena e assoluta responsabilità.
«Così come è stata legiferata – sottolinea Parmigiani - questa nuova disposizione porterà a nient’altro che a un aggravio delle spese veterinarie senza un concreto beneficio per le aziende. In questo senso, è apprezzabile lo sforzo che abbiamo condotto come Confagricoltura per far sì che la nomina della figura resti su base volontaria. Il veterinario è una figura molto importante per la buona gestione dei nostri allevamenti; così come descritta dalla norma, invece, sembra piuttosto un amministrativo qualificato, di raccordo tra l’imprenditore agricolo e il veterinario ufficiale, oltretutto senza sollevarci da alcuna responsabilità. Dato lo scenario – conclude Parmigiani - è fondamentale fare in modo di escludere che si creino i presupposti affinché, piano piano, questa figura cominci a essere richiesta dai Servizi veterinari come interfaccia dell’azienda».