Un importante dibattito è in corso nella comunità europea tra la Commissione, le amministrazioni centrali dei diversi paesi e le associazioni di categoria afferenti al mondo agricolo e non solo. Infatti il tema riguardante la proposta di modifica del regolamento 1829/2003 sulla immissione degli organismi geneticamente modificati sul mercato ha risvegliato l’interesse generale e anche delle associazioni dei consumatori.
La proposta della Commissione, come sappiamo, prevede la possibilità che i singoli stati membri limitino la circolazione di certe varietà ogm presenti in alimenti e mangimi seppure autorizzate a livello europeo, anche per motivazioni che non siano strettamente scientifiche.
Poiché come è stato evidenziato da diverse associazioni come la nostra, le conseguenze potrebbero essere devastanti per il settore degli allevamenti italiani e per il settore commerciale, era stato chiesto alla Commissione europea, prima di procedere alla revisione del Regolamento, di effettuare uno studio che valutasse le conseguenze di una tale decisione.
Crescita dei costi
Ora lo studio è tato pubblicato e ha messo in evidenza, quantificandolo, il rischio che una buona fetta dell’attività economica collegata a quella proposta potrà subire. In effetti si valuta che i contraccolpi possano essere molto negativi.
Lo studio si è concentrato in particolare su 4 stati membri ipotizzando che questi optino per bandire l’utilizzo degli ogm in cibi e mangimi. Gli stati sono la Francia, la Germania, l’Ungheria e la Polonia, e ha preso in considerazione dei dati presenti in letteratura rivisti da esperti e dai pareri dell’industria.
Sulla base di considerazioni di natura nutrizionale e di gestione degli allevamenti è emersa in maniera chiara l’impossibilità di sostituire totalmente la soia come sorgente di proteine.
Per poter sostituire tutto l’ammontare di soia necessario si dovrebbe incentivare l’utilizzo di varietà non ogm attraverso un sistema di premialità che è valutato variare da 44 €/t a 176 €/t.
L’incremento dei costi per il settore degli allevamenti sarebbe di circa il 10% e corrisponderebbe, nel caso di 4 paesi analizzati, a un ammontare complessivo di 1,2 miliardi di €. Se poi la scelta di bandire gli ogm fosse adottata da tutti i paesi della comunità, il costo salirebbe a 2,8 milioni di tonnellate.
Perdita di competitività
Secondo lo studio le conseguenze sarebbero devastanti per il settore proprio per la perdita di competitività di questi paesi, sia sul mercato interno sia su quello estero. La limitata richiesta di prodotti non ogm per l’alimentazione animale a livello globale riduce la possibilità di trovare alternative nel caso di una contrazione dell’offerta che, per motivi contingenti, può venirsi a creare. Questa situazione, associata ai costi elevati dell’intera filiera non ogm, porterebbe alla chiusura di numerose attività zootecniche.
Nel lungo termine questa ridotta capacità competitiva del sistema produttivo europeo in campo zootecnico vedrebbe estendere gli effetti negativi su tutta la produzione agricola causando seri problema di impoverimento dell’intero tessuto sociale delle campagne.
È evidente che questo studio essendo stato commissionato dagli stessi organi decisionali comunitari avrà ripercussioni rilevanti sulle future scelte politiche e porterà probabilmente ad una rivisitazione del progetto di revisione del regolamento n. 1829/2003 o, almeno noi lo speriamo.
(*) Direttore Compag