Si è chiuso con un nulla di fatto il vertice di due giorni tra i capi di Stato e di governo dei Ventisette.
I protagonisti si rifiutano
di parlare di fallimento
ma onestamente
si fa davvero fatica a dargli
ragione. Il vertice straordinario
dei capi di Stato e
di governo che si sono riuniti
a Bruxelles il 22 e 23
novembre, per deliberare
sul quadro finanziario dell’Unione
europea per il periodo
2014-20, si è chiuso
con un nulla di fatto. Nessuna
indicazione sull’ammontare
delle risorse finanziarie
da destinare nei prossimi anni
alle politiche e alle iniziative
comunitarie.
Eppure, «non è stato un
fallimento», si sono affrettati
a sottolineare tutti i protagonisti
del vertice, secondo
i quali la complessità e la
delicatezza del «dossier» richiede
ulteriori approfondimenti
in vista di una nuova
riunione che dovrebbe tenersi
in tempi brevi, non
oltre il mese di febbraio del
prossimo anno.
Un rinvio, dunque. Ma
al di là delle dichiarazioni
ufficiali, c’è la consapevolezza
che resta molto lavoro
da fare per trovare un
punto di sintesi tra le posizioni
contrapposte espresse
dai leader.
In particolare, dal vertice
di Bruxelles è emerso che
anche la Germania – come
Regno Unito, Danimarca,
Finlandia, Paesi Bassi e
Svezia – sollecita riduzioni
del bilancio comunitario
più consistenti di quelle indicate
nell’ultima proposta
di compromesso presentata
dal presidente permanente
del Consiglio della Ue, Herman
Von Rompuy.
«Non si tratta di spostare
risorse da un capitolo all’altro
del bilancio. Dobbiamo
tagliare le spese che non
possiamo più permetterci»
ha detto senza giri di parole
il premier britannico, David
Cameron.
Il testo messo a punto da
Von Rompuy prevedeva una
diminuzione complessiva di
circa 80 miliardi di euro rispetto
alle proposte della
Commissione europea, ma
con un miglioramento per le
spese destinate all’agricoltura
rispetto al primo documento
di compromesso sottoposto
al Consiglio europeo all’apertura
dei lavori.
Infatti, al finanziamento
della «Rubrica 2» del bilancio
comunitario che riguarda
sostanzialmente la Pac, era
destinato un aumento di quasi
otto miliardi di euro. In
tutto, 372,2 miliardi di euro
(14 in meno, comunque, nei
confronti delle richieste della
Commissione), di cui 277,8
per aiuti diretti e gestione dei
mercato. Altri 83,6 miliardi
erano previsti per i programmi
finalizzati allo sviluppo
rurale, da ripartire tra gli Stati
membri tenendo conto di
alcune nuove assegnazioni
specifiche, tra le quali quella
per l’Italia pari a un miliardo
di euro.
Inoltre, il documento di
Von Rompuy conteneva una
revisione del processo di convergenza
tra gli importi degli
aiuti diretti alle imprese agricole,
per venire incontro alle
richieste dei nuovi Stati membri.
Nel 2020, questa la novità,
le erogazioni in tutta la
Ue non dovrebbero essere inferiori
alla media comunitaria
(196 euro a ettaro a prezzi
correnti).
Confermata, infine, la flessibilità
a livello nazionale per
l’applicazione della componente
ecologica (greening)
degli aiuti diretti e la creazione
di una riserva, con una
dotazione di 2,8 miliardi di
euro, autofinanziata dagli
agricoltori mediante la riduzione
degli aiuti diretti, a cui
attingere in caso di grave crisi
di mercato.
Nelle prossime settimane,
il presidente del Consiglio
della Ue avvierà un nuovo
giro di contatti con gli
Stati membri per preparare
al meglio il nuovo vertice
da convocare all’inizio del
2013.
Fonti comunitarie hanno
già indicato che, per siglare
l’intesa, sarà inevitabile proporre
nuovi tagli che, però,
dovrebbero preservare la dotazione
finanziaria per gli
aiuti diretti. Mentre la scure
potrebbe abbattersi sulle spese
per il «secondo pilastro»
della Pac.
Tutte le associazioni agricole
hanno commentato positivamente
il rinvio della decisione
sul futuro bilancio
Ue, riconoscendo l’impegno
del Governo («forse per la
prima volta», ha detto il presidente
di Confagricoltura
Mario Guidi) per la difesa
della Pac.
di parlare di fallimento
ma onestamente
si fa davvero fatica a dargli
ragione. Il vertice straordinario
dei capi di Stato e
di governo che si sono riuniti
a Bruxelles il 22 e 23
novembre, per deliberare
sul quadro finanziario dell’Unione
europea per il periodo
2014-20, si è chiuso
con un nulla di fatto. Nessuna
indicazione sull’ammontare
delle risorse finanziarie
da destinare nei prossimi anni
alle politiche e alle iniziative
comunitarie.
Eppure, «non è stato un
fallimento», si sono affrettati
a sottolineare tutti i protagonisti
del vertice, secondo
i quali la complessità e la
delicatezza del «dossier» richiede
ulteriori approfondimenti
in vista di una nuova
riunione che dovrebbe tenersi
in tempi brevi, non
oltre il mese di febbraio del
prossimo anno.
Un rinvio, dunque. Ma
al di là delle dichiarazioni
ufficiali, c’è la consapevolezza
che resta molto lavoro
da fare per trovare un
punto di sintesi tra le posizioni
contrapposte espresse
dai leader.
In particolare, dal vertice
di Bruxelles è emerso che
anche la Germania – come
Regno Unito, Danimarca,
Finlandia, Paesi Bassi e
Svezia – sollecita riduzioni
del bilancio comunitario
più consistenti di quelle indicate
nell’ultima proposta
di compromesso presentata
dal presidente permanente
del Consiglio della Ue, Herman
Von Rompuy.
«Non si tratta di spostare
risorse da un capitolo all’altro
del bilancio. Dobbiamo
tagliare le spese che non
possiamo più permetterci»
ha detto senza giri di parole
il premier britannico, David
Cameron.
Il testo messo a punto da
Von Rompuy prevedeva una
diminuzione complessiva di
circa 80 miliardi di euro rispetto
alle proposte della
Commissione europea, ma
con un miglioramento per le
spese destinate all’agricoltura
rispetto al primo documento
di compromesso sottoposto
al Consiglio europeo all’apertura
dei lavori.
Infatti, al finanziamento
della «Rubrica 2» del bilancio
comunitario che riguarda
sostanzialmente la Pac, era
destinato un aumento di quasi
otto miliardi di euro. In
tutto, 372,2 miliardi di euro
(14 in meno, comunque, nei
confronti delle richieste della
Commissione), di cui 277,8
per aiuti diretti e gestione dei
mercato. Altri 83,6 miliardi
erano previsti per i programmi
finalizzati allo sviluppo
rurale, da ripartire tra gli Stati
membri tenendo conto di
alcune nuove assegnazioni
specifiche, tra le quali quella
per l’Italia pari a un miliardo
di euro.
Inoltre, il documento di
Von Rompuy conteneva una
revisione del processo di convergenza
tra gli importi degli
aiuti diretti alle imprese agricole,
per venire incontro alle
richieste dei nuovi Stati membri.
Nel 2020, questa la novità,
le erogazioni in tutta la
Ue non dovrebbero essere inferiori
alla media comunitaria
(196 euro a ettaro a prezzi
correnti).
Confermata, infine, la flessibilità
a livello nazionale per
l’applicazione della componente
ecologica (greening)
degli aiuti diretti e la creazione
di una riserva, con una
dotazione di 2,8 miliardi di
euro, autofinanziata dagli
agricoltori mediante la riduzione
degli aiuti diretti, a cui
attingere in caso di grave crisi
di mercato.
Nelle prossime settimane,
il presidente del Consiglio
della Ue avvierà un nuovo
giro di contatti con gli
Stati membri per preparare
al meglio il nuovo vertice
da convocare all’inizio del
2013.
Fonti comunitarie hanno
già indicato che, per siglare
l’intesa, sarà inevitabile proporre
nuovi tagli che, però,
dovrebbero preservare la dotazione
finanziaria per gli
aiuti diretti. Mentre la scure
potrebbe abbattersi sulle spese
per il «secondo pilastro»
della Pac.
Tutte le associazioni agricole
hanno commentato positivamente
il rinvio della decisione
sul futuro bilancio
Ue, riconoscendo l’impegno
del Governo («forse per la
prima volta», ha detto il presidente
di Confagricoltura
Mario Guidi) per la difesa
della Pac.