«L’acme è stato raggiunto, il passaggio al bio è ormai in discesa». Marcello Lunelli commenta così sia l’esperienza personale che sta portando al passaggio dell’intero Gruppo Ferrari alla certificazione bio («con il convincimento di oltre 500 famiglie di fornitori») sia una situazione di mercato ormai inclinata verso l’adozione generalizzata di questo metodo di produzione. Se è vero infatti che, secondo i dati presentati da Silvia Zucconi di Nomisma al convegno di Federbio al Vinitaly, la domanda tocca solo lo 0,5% del vino in Italia, l’export cresce invece del 34% l’anno. Trainato da paesi come la Germania, (7% del mercato). «O della Svezia - spiega Federico Ceretto, 168 ettari nelle Langhe -. In cui il monopolio statale mira ad arrivare al 20% di bio entro il 2020». In forte sviluppo anche gli Usa, mercato raggiunto anche da un produttore bio storico come Nicola Venditti, la sua azienda a CastelVenere (Bn) è un esempio motivato di valorizzazione territoriale. «Occorre però difendere il bio - dice- da chi si dà patenti di naturalità non certificate».
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