La produzione di zucchero è da sempre per il Brasile una delle spine dorsali dell’economia.Nonostante la lunga tradizione, il vero salto di qualità è avvenuto circa 30 anni fa con l’arrivo sul mercato dell’etanolo. «Oggi circa la metà dello zucchero brasiliano viene trasformato in carburante». A dirlo è Eduardo Leão de Souza, executive director dell’associazione brasiliana dell’industria della canna da zucchero, in Italia per presentare ad Expo le potenzialità di una filiera alla vigilia di una nuova svolta.
Il leone Etanolo - Partiamo con i numeri: la nazione carioca detiene il primato mondiale per produzione (38% del totale, con una buona fetta di bio) ed export. Il comparto occupa circa un milione di addetti per un fatturato che si aggira attorno ai 45 miliardi di dollari. La parte del leone viene fatta dall’etanolo, grazie al quale «è stato avviato negli anni il più grande programma internazionale di sostituzione energetica che ha consentito di tagliare le emissioni di Co2 di 600 milioni di t. Oggi il 65% del parco macchine è flex, ossia può essere alimentato da etanolo come da benzina». Ma non c’è solo la mobilità: «altro aspetto interessante è la produzione di elettricità: le aziende sono autosufficienti ed utilizzano gli scarti per generare energia elettrica. Quando c’è carenza d’acqua si inseriscono nella rete per compensare l’idroelettrico».
Packaging ecologici - Dallo zucchero non nasce solo energia. Una delle ultime frontiere è la realizzazione di sotto-prodotti: «bio-plastiche, prodotti per la cosmetica e per la chimica, componentistica. Alcune grandi multinazionali,da Coca Cola a Heinz, hanno aperto impianti per la produzione di confezioni ecologiche».
Seconda generazione - Ma la vera sfida è rendere economicamente sostenibile la seconda generazione di biocarburanti, superando la competizione con il food: «da un anno circa sono state avviate piccole iniziative su scala commerciale. Siamo convinti che in 3-4 anni il business diventerà allettante».