In primo piano l’etichetta dei prodotti agroalimentari, ma anche il valore della materia prima, la tutela e la sicurezza, assieme all’importanza del made in Italy e all’educazione alimentare.
Sono numerose le aspettative e i valori dei consumatori, ma sono gli stessi che concorrono alla valorizzazione della filiera agroalimentare italiana.
Li ha messi in luce e approfonditi, uno per uno, l’indagine realizzata dall’Osservatorio permanente sulla Filiera italiana del Latte «Mangiar Sano, Filiera Italiana» costituito da Adoc, Cittadinanzattiva, Federconsumatori e Movimento Consumatori insieme al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e Granarolo e presentata a fine ottobre a Expo presso il Padiglione della Biodiversità.
No ai formaggi con il latte in polvere
«La filiera - ha sottolineato Gianpiero Calzolari, presidente di Granarolo - deve essere comunicata con trasparenza e sono gli stessi consumatori a chiederlo: la quasi totalità, ossia il 96%, ritiene importante avere una filiera agroalimentare controllata ed è interessato a conoscerla più da vicino. I risultati dell’indagine evidenziano anche il valore della qualità della materia prima e di come questa sia importante in un prodotto alimentare per il consumatore».
Dall’indagine emerge anche quanto i prodotti del nostro territorio vengano apprezzati anzitutto in Italia. L’84% di intervistati sono sfavorevoli alla produzione di formaggi con latte in polvere e chiedono tutele.
Calzolari ha ricordato i punti di forza di un gruppo cooperativo come Granarolo che rappresenta anche la più grande filiera italiana del latte: «Garantire la qualità dei prodotti al consumatore, valorizzare la materia prima e accorciare la catena del valore in modo che essendoci meno intermediazioni la remunerazione sia soddisfacente per tutta la filiera. Ricordo anche il nostro obiettivo che, come da statuto, è la valorizzazione del latte dei soci».
Un traguardo da raggiungere rafforzandosi anche sui mercati esteri ma “unendo tradizione e innovazione” come ha fatto di recente Granarolo rilevando il 25% del distributore di Made in Italy neozelandese European Foods. Con questa operazione, che punta ad aggredire i mercati del Far East e dell’Oceania, sono 56 i Paesi raggiunti dal gruppo cooperativo, così come prevede il piano strategico 2012-2016 che, attraverso un percorso di internazionalizzazione ha l’obiettivo di arrivare al 40% dei ricavi realizzato sui mercati esteri."Siamo molto interessati ai mercati Usa" ha detto Calzolari
“Made in Italy” poco conosciuto
Entrando nei dettagli dell’indagine, presentata da Ovidio Marzaioli, vicesegretario generale del Movimento Consumatori, risulta che il 50% degli intervistati non conosce il significato di “Made in Italy” di un prodotto alimentare, ma il 96% ritiene importante un prodotto realizzato con materie prime italiane ed è disposto a spendere fino al 73% in più per averlo.
Il 95% degli intervistati ritiene importanti le etichette alimentari, ma soltanto il 18% le legge integralmente. Le informazioni su cui si concentra maggiormente l’attenzione sono soprattutto la data di scadenza (63%), gli ingredienti (50%), la loro provenienza (49%) e l’eventuale presenza di sostanze dannose alla salute (37%).
E ancora. L’84% dei consumatori, come ricordava Calzolari, è sfavorevole all’uso per produrre formaggi e il 96% ritiene importante avere una filiera agroalimentare controllata.
Di crescita dell’export ha parlato anche Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, che ha ricordato anche gli interventi recentemente avviati a favore del settore lattiero-caseario: «Abbiamo provato a offrire un quadro di nuove operatività e aperto degli spazi di lavoro. ma non può fare tutto la politica. Abbiamo a disposizione un budget di 25 milioni di euro per il settore latte che abbiamo deciso di spendere attraverso un bando di sostegno agli indigenti, ma le Regioni potranno aumentare i fondi aggiungendo risorse proprie».
Esportazioni raddoppiate
La crescita sui mercati esteri non è semplice, ma va perseguita con corrette strategie, come ha rimarcato anche Denis Pantini, direttore dell’area agroalimentare di Nomisma. Se l’export di prodotti lattiero-caseari è infatti aumentato del 99% rispetto al 2004 e oggi vale 2,5 miliardi di euro, oggi solo una quota minima, il 26%, è realizzata oltreoceano. I tassi di crescita più elevati saranno però in futuro concentrati non solo su aree emergenti a livello di consumi come la Cina o l’India, ma anche sul gruppo dei prossimi undici paesi in via di sviluppo fra i quali spiccano Messico, Indonesia, Nigeria Turchia e Bangladesh.
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