Per tutti la priorità è una sola: salvare il budget. Prima ancora dei contenuti della riforma destinata a ridisegnare la mappa degli aiuti agricoli dopo il 2013 a preoccupare il mondo agricolo c’è infatti il possibile taglio, chiesto con forza dai paesi del Nord Europa, al bilancio agricolo comunitario che attualmente garantisce ai produttori europei oltre 56 miliardi di euro ogni anno tra aiuti diretti e sviluppo rurale. E per l’Italia, mantenere inalterato il plafond di 6,3 miliardi che riceve ogni anno da Bruxelles si annuncia un’operazione particolarmente difficile. La prima bozza della Comunicazione che la Commissione europea presenterà il prossimo 17 novembre conferma infatti esplicitamente la necessità di un riequilibrio nella distribuzione dei fondi tra Stati membri. Tra le ragioni alla base di una nuova riforma, l’esecutivo comunitario cita infatti la necessità di «un sostegno più equo e bilanciato tra Stati membri» oltre che maggiormente mirato sugli «agricoltori attivi».
La tesi dei nuovi partner, come noto, si basa sulla richiesta di un pagamento forfetario a livello europeo, riconoscendo a ogni ettaro lo stesso importo. Una richiesta dagli effetti potenzialmente dirompenti e sulla quale non a caso il ministro francese dell’Agricoltura, Bruno Le Maire, ha già messo le mani avanti, chiudendo la porta a qualsiasi ipotesi di flat rate. Il negoziato comunitario dovrà stabilire prima un criterio per la ridefinizione dei massimali nazionali e poi, all’interno degli stessi, i parametri per l’erogazione degli aiuti diretti. Che secondo le indicazioni della bozza Ue, prevederanno un pagamento minimo uguale per tutti, al quale sommare poi altri bonus in funzione dei benefici ambientali, degli svantaggi naturali e anche del lavoro agricolo. Un sistema misto insomma che affianca a una rendita minima per tutti una quota variabile di sussidi. Per quanto riguarda invece l’ammontare del budget, che sarà stabilito nell’ambito delle prossime prospettive finanziarie 2014-2020 della Ue, la Comunicazione lascia aperte tutte le ipotesi, dal miglioramento dello status quo fino all’abolizione degli aiuti al reddito e delle misure di gestione dei mercati, passando per l’ipotesi intermedia di un sostegno «più bilanciato, mirato e sostenibile».
Il testo rilancia poi il tema della migliore definizione, ai fini dell’erogazione dei pagamenti diretti, degli «agricoltori attivi», per rispondere alle critiche della Corte dei conti europea che in passato aveva rivelato come una parte degli aiuti Pac fossero finiti a beneficio di circoli di equitazione, campi di golf e scarpate ferroviarie. Una proposta, quella di ridurre la platea dei beneficiari degli aiuti Pac ai soli agricoltori professionali, già cavalcata in Italia nei mesi scorsi dal sottosegretario alle Politiche agricole, Antonio Buonfiglio. Il ministro delle Politiche agricole, Giancarlo Galan, si è detto contrario all’ipotesi di un premio forfetario a ettaro (flat rate) da introdurre dopo il 2013, mentre non si è voluto pronunciare sull’ipotesi, rilanciata anche dal documento comune di Cia, Confagricoltura e Copagri, di restringere la platea dei beneficiari degli aiuti Pac alle sole imprese agricole professionali. Il ministro ha incontrato la scorsa settimana a Roma il collega francese, Bruno Le Maire, che ha confermato come la priorità della Francia in vista del negoziato sulla prossima riforma Pac sia quella di garantire un bilancio agricolo forte. «Sono convinto - ha detto il ministro francese - che insieme a Francia e Germania molti Stati membri sono favorevoli a mantenere un budget agricolo importante. Nel 2009, di fronte alla crisi economica mondiale, l’Europa ha dimenticato i suoi agricoltori - ha aggiunto Le Maire -, la Francia non accetterà che questo accada di nuovo».
Nonostante il netto rifiuto di fronte a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione degli aiuti a livello europeo, Le Maire si è detto favorevole alla revisione del criterio storico per il calcolo degli aiuti, aprendo anche a un riequilibrio a Est nella distribuzione del budget agricolo Ue. «Spiegherò agli agricoltori francesi che in futuro incasseranno meno aiuti, perché unaparte di questi andrà ai nostri partner dell’Est, e alla Polonia in particolare, anche se non sarà facile». Per l’Italia il negoziato «sarà ancora più complicato - ha detto Galan - perché siamo tra i principali contribuenti netti al bilancio Pac e quindi tra quelli che rischiano di più». Il ministro ha poi fissato la linea del Piave per l’Italia nel prossimo negoziato: «Non accetteremo una riduzione degli aiuti. Già oggi l’Italia conferisce di più di quello che riceve, visto che contribuisce al bilancio della Pac per il 13,6% e incassa meno del 10 per cento. Non possiamo scendere sotto questo livello». Il tema della riduzione della platea dei beneficiari dei premi Pac è rimbalzato anche al forum Coldiretti di Cernobbio, dove il presidente dell’associazione, Sergio Marini, si è dichiarato favorevole a riservare gli aiuti Ue solo a chi fa veramente agricoltura. Precisando però che le modalità dovranno essere valutate solo una volta definito l’ammontare del bilancio agricolo post 2013. Mentre il presidente della commissione Agricoltura del Senato, Paolo Scarpa Bonazza, ha indicato come possibile criterio per la «professionalità» le figure indicate dalla legge di orientamento (coltivatori diretti, Iap e società). Proprio sulla definizione dei «veri» agricoltori si era arenato nei mesi scorsi il dibattito in Italia sulla possibile applicazione dell’opzione dei regolamenti comunitari.