Ricopre interamente una parete del padiglione di Israele all’Expo di Milano. Lo hanno battezzato Vertical Field, campo verticale. E secondo i tecnici dell’omonima società «con i suoi 1.000 mq si tratta del più grande campo agricolo verticale mai costruito».
Il sistema è basato sul montaggio in verticale di decine di migliaia di piccole celle in policarbonato, resistenti ai raggi UV, destinate a ospitare il terriccio e le piante. Queste ultime escono dalle celle con un angolo acuto e si sviluppano poi con l’orientamento naturale.
La microirrigazione viene ottimizzata dalla disposizione in verticale delle coltivazioni. Un computer gestisce le quantità d’acqua somministrate, identifica le eventuali celle vuote, permette di indirizzare nelle celle vuote le radici delle piante vicine. È previsto pure un sistema di ventilazione controllata.
Ma il dato tecnicamente più avanzato è che le colture non sono quelle che di solito vengono cresciute in verticale, ossia piante ornamentali e da giardino, al servizio degli architetti. Al contrario sono piante che servono “a nutrire il pianeta” come mais, frumento, riso italiano, riso indiano: questo tipo di impianto potrà forse in futuro, dicono i tecnici di Vertical Field, permettere di coltivare nelle città. Insomma, agronomia estrema al padiglione d’Israele. Ma almeno all’Expo osare, o lanciare messaggi, è cosa lecita.