Fieragricola di Verona, 111ma edizione. Numeri da record secondo il presidente Ettore Riello che a fine manifestazione vanta 140mila visitatori da 103 Paesi.
Praticamente una vigilia. Della nuova Pac e del cambio, epocale che, si dice, attende l’agricoltura. Quella italiana è tuttora sospesa a una serie di decisioni di non poco conto. Sui pagamenti diretti alcuni paesi europei hanno posto un tetto minimo (sotto il quale si perde il diritto a percepirli): 300 €/anno per la Spagna. Molto dibattuta la definizione di agricoltore attivo: il Regno Unito non amplierà la ‘black list’ comunitaria, ma trasferirà dal primo al secondo pilastro della Pac il 10,6% dei fondi per arrivare al 15% nel 2019. La Francia trasferirà il 3% dei fondi dal primo al secondo e utilizzerà tutto l’aiuto accoppiato (il 13% dei fondi assegnati) per sostenere la zootecnia da carne e da latte; la Germania sposterà il 4,5%.
E l’Italia? È grande la diatriba su chi debba essere considerato agricoltore attivo. «Due le posizioni - spiega Angelo Frascarelli, docente di Economia e Politica agraria presso l’Università di Perugia intervenuto al convegno organizzato da New Business Media sulla Pac -. Per gli assessorati regionali l’iscrizione alla Camera di Commercio è un criterio sufficiente; le organizzazioni professionali vogliono restringere la maglia e chiedono anche l’iscrizione all’Inps». Tradotto in numeri, con il secondo parametro, su 1milione e 250mila domande Pac, solo 453mila “sopravviverebbero”. In altre parole, resterebbero esclusi dagli aiuti i due terzi delle aziende. Ma Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo ricorda che «adottando uno sbarramento sugli aiuti minimi a 300 euro, come ha fatto la Spagna, si potrebbero liberare moltissime risorse».
Al di là del calo degli aiuti che verrà, in tempi più o meno rapidi, De Castro riporta la rotta sulla sfida che abbiamo di fronte: ricerca, innovazione e tecnologie per un uso sostenibile delle risorse: «Dobbiamo capire che siamo in nuova era. Purtroppo non esiste ancora la consapevolezza che la sicurezza alimentare è in pericolo nel mondo occidentale».
Sfide e opportunità. Come il greening che, in soldoni, «rappresenterà il 30% delle risorse finanziarie per gli Stati membri - continua Frascarelli-. È la remunerazione dei beni pubblici: gli agronomi dovranno dire agli agricoltori come applicarlo al meglio». Stesso discorso per le cover crop, un altro caso di cambiamento di passo imposto della nuova Pac (che sposta l’attenzione dal 1° al 2° pilastro).
Come tradurlo dal punto di vista agronomico? «Producendo di più con minori input» sintetizza Michele Pisante dell’Università degli Studi di Teramo. E sottolinea che l’azienda agricola non può limitarsi a produrre beni alimentari o ambientali «vedi il caso del Canada dove i certificati di credito del carbonio, varati nel 2007 per favorire pratiche di non lavorazione, hanno indirizzato verso il mondo agricolo oltre 100 milioni di dollari canadesi avendo contribuito a sequestrare 8 milioni di t di carbonio nel suolo».
Ma dal pubblico, gli agricoltori sottolineano il rischio che le nuove tecniche portino a cali produttivi, in contrasto con la domanda alimentare crescente nel mondo. Per Pisante le attuali tecnologie di nutrizione e difesa compensano questo, eventuale, calo. E ricorda che «il problema dell’aratura è al centro di una ricerca internazionale che ne dimostra la dannosità».
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