"Sicurezza alimentare uguale sicurezza nazionale". È uno degli slogan che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump utilizza nei suoi comizi. Ed è il concetto chiave su cui si è basata la prolusione del presidente del Copa e di Confagricoltura Massimiliano Giansanti dal titolo "Agricoltura, sicurezza e libertà: nuove prospettive per l'Europa", pronunicata durante l'inaugurazione del 218esimo anno accademico dell'Accademia nazionale di agricoltura. «Stiamo scoprendo un rinnovato interesse per l'agricoltura da parte dei legislatori italiani ed europei – ha esordito Giansanti –. L'epoca straordinaria che stiamo vivendo dopo il covid con la guerra in Ucraina e altre tensioni geopolitiche ha riportato al centro l'agricoltura perché si è capito che è un settore strategico per gli equilibri delle democrazie. Tant'è che nei Paesi dove c'è un'agricoltura forte c'è anche una democrazia forte. Oltre alla democrazia, l'agricoltura garantisce la libertà di poter avere a disposizione quantità di cibo sufficienti e di alimenti sicuri».
Nuove potenze economiche basate sull'agricoltura
«La stabilità produttiva consente agli Stati di garantire cibo a prezzi equi a tutti senza ricorrere a condizionamenti esterni – ha ribadito Giansanti – . Pensiamo a ciò che accade ad alcuni Paesi africani che per l'approvvigionamento alimentare sono strettamente legati alla geopolitica e dipendono dall'importazione. Bisogna ritrovarsi intorno a un settore, quello primario, che dà garanzie e sicurezza – ha ripetuto l'imprenditore agricolo romano –. Poter contare su un'agricoltura produttiva e in grado di garantire standard e qualità dà stabilità ai Paesi. Un'agricoltura forte garantisce una forte democrazia e questo ha un senso soprattutto in uno scenario geopolitico come quello che stiamo vivendo».
«Oggi ci troviamo di fronte a potenze economiche fondate sulla produzione primaria che fino a qualche anno fa non consideravamo. Penso al Brasile. Chi vuole comprare proteine animali e vegetali deve fare i conti con il Brasile. E poi gli Stati Uniti che hanno una grande capacità sulla ricerca. E poi la Russia che è una grande produttrice di frumento. L'India è il più grande produttore mondiale di latte. Ma anche la Cina, che pur non producendo molto detiene circa il 50% degli stock delle principali commodity agricole. E ancora: il gruppo dei Paesi Brics allargati produce molto più mais di quelli del G7. Ecco, in questo scenario che è cambiato molto rispetto a qualche anno fa l'Europa deve capire dove vuole stare e cosa vorrà dall'agricoltura.
Rinunciare a produrre errore enorme
Nel documento di visione sul futuro dell'agricoltura presentato di recente l'Ue si torna a parlare di produttività e competitività. «Due termini che per anni erano scomparsi dal vocabolario delle istituzioni comunitarie facendo un errore enorme – ha scandito Giansanti – secondo una logica da mondo perfetto e una rincorsa a obiettivi difficili da raggiungere come quelli del Green Deal pur perdendo un 10% di produttività dell'agricoltura europea. Ma per fortuna oggi ci troviamo di fronte a un netto cambio di passo da parte della Commissione europea. Ma per tradurre in concreto queste buone intenzioni servirà un budget per la Pac adeguato – ha sottolineato Giansanti – perché se è vero che anni fa la Pac occupava oltre la metà del budget europeo, oggi siamo sotto il 30% che equivale allo 0,4% del Pil degli Stati membri. Una somma non adeguata per garantire l'autosufficienza alimentare, il giusto reddito agli agricoltori e un giusto prezzo per i consumatori».
«Ci sono agricoltori disposti a rinunicare a una parte della Pac pur di difendere i confini. I Paesi Baltici e la Polonia vivono nel timore di un'invasione da parte della Russia. Quindi, o l'Europa esce dal torpore nel quale ha vissuto negli ultimi anni e si riscopre in quella del trattato costitutivo del 1957 o siamo un condominio – ha scandito Giansanti – un luogo dove ci sono tante regole che vanno rispettate ma chi abita ai piani nobili vive bene, chi alloggia nei piani bassi vive male. Oggi in Europa è la stessa cosa: manca il senso di unione e di appartenenza».

Cantelli Forti: «Quella dell'Ue una visione miope»
L'inaugurazione è stata aperta dalla consegna della "Targa d'Onore" dell'Accademia al generale di Corpo d'Armata Andrea Rispoli, oggi a capo dell'Ufficio per la tutela della cultura e della memoria del ministero della Difesa, e già comandante delle Unità forestali dei carabinieri.
Successivamente la relazione del professor Giorgio Cantelli Forti, presidente dell'Accademia Nazionale di Agricoltura, ha toccato i temi della politica agricola europea e le sfide che attendono l'agroalimentare nazionale. Nella sua relazione Cantelli Forti ha parlato della nuova "Vision of agricolture and food" presentata dalla Commissione europea e delle perplessità che, a suo parere, questa porta anche in vista dei dazi americani e della necessità di difendere l'agroalimentare dell'Ue.
«La visione dell'Unione europea per l'agricoltura e l'alimentazione è carente dove più conta – ha detto senza giri di parole –. Sebbene riconosca giustamente l'importanza strategica ed economica dell'alimentazione rimane prevalentemente focalizzata sull'agricoltura, offrendo poche misure concrete per supportare le 304.000 imprese alimentari e delle bevande in Europa. Nonostante alcuni riferimenti – ha sottolineato Cantelli Forti – al supporto delle Pmi, non è all'altezza delle aspettative dell'industria alimentare e delle bevande in generale. In un momento di grave incertezza internazionale, anche a causa dei dazi americani, tutelare realmente l'agroalimentare deve essere la prima misura per aiutare l'economia europea».











Sarebbe ora che l’Europa ed il governo italiano facesse qualcosa per venire incontro al settore agricolo,
Tanti i punti salienti:
– incrementare la nostra produzione agricola (3 milioni e settecento mila di terreni coltivabili ma abbandonati) per soddisfare il mercato interno riducendo la necessita’ dii dover importare da tutto il mondo alimenti contaminati (il tumore intestinale ha raggiunto il 13% di freqenza).
– riequilibrare le notevoli disuguaglianze presenti nella filiera agro-alimentare dove gli utili sono a carico della intermediazione e della grande distribuzione e all’agricoltore solo miserie (7%)
– favorire la vendita presso centri aziendali ( meno burocrazia),punti vendita a km 0,mercati rionali in modo che gli agricoltori possano avere guadagni decorosi.
– favorire il prodotto Made in italy in quanto mettere sulla tavola prodotti nati sul suolo italiano, vuol dire sicurezza alimentare.
– infine, far capire ai giovani quanto sia nobile il lavoro dei campi che ha delle caratteristiche del tutto peculiari; vivere nella natura, senso di appartenenza, identità, tradizione.