Quattro miliardi di metri cubi d’acqua caduti in due settimane (tra il 3 e il 17 maggio), a fronte dei circa 1,4 consumati dall’intera regione in un anno per usi civili, industriali e agricoli. Circa 350 milioni di metri cubi d’acqua fuoriusciti da ventitré fiumi hanno allagato circa 540 km² di terreni, in gran parte agricoli, provocando oltre un miliardo di euro di danni solo al settore primario. Senza contare i 17 morti, i 23mila sfollati, case, negozi e aziende allagate e le 80mila frane censite lungo la dorsale appenninica. Questi i numeri più significativi dell’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna e in maniera minore l’Alta Toscana e il Nord delle Marche un anno fa, provocata dalla tempesta a cui i meteorologi hanno dato il nome di una dea: Minerva.
Chissà se gli esperti del clima hanno qualche rudimento di mitologia. Perché Minerva (Atena per i greci), era simbolo di lealtà in lotta, di virtù eroiche, di guerra per giuste cause (o per difesa) e di saggezza. Tutte caratteristiche che a dodici mesi da quella tragedia possiamo di certo attribuire agli imprenditori agricoli, i quali, pur avendo ricevuto solo una piccolissima parte (circa 100 milioni di euro) dei risarcimenti promessi, si sono rimboccati le maniche e, salvo qualche rara eccezione, hanno rimesso in piedi le loro aziende.
Hanno ristabilito la fertilità dei terreni alluvionati con costose lavorazioni di rimozione del limo e rifacimento di scoli e canali, curato le piante da frutto fiaccate dai giorni passati con le radici sott’acqua seguendo le indicazioni di tecnici e agronomi, hanno reimpiantato i filari di vite spazzati via dalla furia delle acque. Hanno ricostruito stalle e strutture danneggiate. E c’è perfino chi per difendere i propri terreni ha rifatto la sponda di un fiume crollata sotto la spinta della piena.
Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita
Abbonati o accedi all’edicola digitale
Risarcimenti nel fango
A un anno di distanza dagli eventi alluvionali, sebbene le linee di finanziamento messe in campo siano molteplici, i soldi che effettivamente gli agricoltori hanno ricevuto sono veramente pochi. La causa è in gran parte da imputare alle procedure burocratiche. Facciamo il punto della situazione.
Riserva di crisi Ue
A oggi è l’unico intervento ad aver erogato tutti i contributi. Poco più di 60 milioni messi a disposizione direttamente dall’Europa e altri 120 dall’Italia. In tutto 181 milioni di euro, dei quali però solo 100 destinati ai danni dell’alluvione in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, gli altri 81 per quelli della siccità del 2022 e dei primi mesi del 2023. Gli importi stabiliti sono 130 €/ha per prati e pascoli, 380 €/ha per i seminativi e 1.500 €/ha per le colture permanenti come frutteti, vigneti e oliveti.
Le aziende che avevano diritto ai ristori in base alle aree per le quali è stato decretato lo stato di emergenza hanno ricevuto gli accrediti nei primi mesi del 2024, dopo aver presentato le domande a novembre 2023. Tutto bene quindi? Non proprio. Anche qui ci sono state delle criticità, perché la delimitazione utilizzata ha finito per risarcire alcune aziende che non avevano subito danni e lasciato con un pugno di mosche altre colpite dall’alluvione.
Per delimitare i territori alluvionati è stata utilizzata una delimitazione grafica frutto dei dati ministeriali e delle Regioni coivolte. Il rimborso spettante per quanto concerne le aziende alluvionate è stato erogato sulla base del Piano di coltivazione 2023.
Agricat alluvione
Sono stati stanziati 50 milioni di euro per rimborsare fino al 100% dei danni. Per accedere ai rimborsi bastava aver presentato il piano di coltivazione grafico per l’anno 2023 (Pcg) e non erano previste soglie d’accesso. I risarcimenti più “semplici” da erogare dovrebbero essere quelli sotto i 5.000 €, perché questa è la cifra limite per non dover presentare anche la certificazione antimafia, ma al 9 maggio non risulta alcun accredito. Per gli importi sopra i 5.000 € si stanno predisponendo le certificazioni. A oggi non si sa per certo quando ci saranno i prossimi decreti di pagamento, anche se gira voce che dovrebbero essere emanati nelle prossime settimane.
Qualche problema si è verificato anche per la delimitazione delle aree che hanno diritto ai risarcimenti come stabilito dal Decreto ministeriale e sono in corso verifiche. Anche qui pare vi siano problematiche con le delimitazioni utilizzate perché sembra che restino fuori delle aziende.
Poi ci sono aziende che si trovano in una sorta di limbo dantesco: non compaiono negli elenchi delle posizioni sopra i 5.000 euro, né in quelli sotto. Dall’analisi eseguita dai Caa regionali risulta che per una buona parte di esse il mancato pagamento su Agricat alluvione sia corretto. Sono quelle che rientrano in tutte e due le fattispecie di rimborso previste dal fondo emergenziale (alluvione e siccità), e che avendo già ricevuto il pagamento dal fondo emergenziale, non possono andare in sovracompensazione.
Per le altre sono in corso ulteriori verifiche, l’esclusione potrebbe essere dovuta al fatto che sono aziende danneggiate da una frana e non direttamente dall’acqua, oppure non ricadenti nella delimitazione territoriale utilizzata per il pagamento delle domande. Al termine degli accertamenti alcune richieste di risarcimento escluse dai primi elenchi potrebbero rientrare.
Ordinanze commissariali
È la matassa più ingarbugliata, ma anche quella con più fondi a disposizione: 120 milioni di euro, incrementabili. Prevede l’indennizzo fino al 100% delle spese ammissibili, con le seguenti modalità a seconda dell’entità dei danni subiti e riportati in perizia:
- danno riconosciuto inferiore a 40.000 €: erogazione anticipo max 50% del totale del contributo, la restante parte erogata a conclusione della rendicontazione finale e dei controlli;
- danno riconosciuto superiore a 40.000 €: prima anticipazione di almeno 40.000 €, il resto sarà erogato: anticipo max del 50% della prima misura di contributo concesso; saldo (dopo la rendicontazione finale) della differenza tra quanto concesso in relazione alla prima misura di contributo, cioè tra l’importo complessivo dei contributi concessi in relazione ai successivi decreti di concessione, e quanto erogato a titolo di anticipazione.
Inaugurando l’anno accademico dell’accademia nazionale di agricoltura a Bologna lo scorso 15 aprile, il commissario straordinario per la ricostruzione Francesco Paolo Figliuolo aveva promesso che i soldi sarebbero arrivati entro la fine di aprile, ma così non è stato.
Le difficoltà che a oggi stanno causando rallentamenti nella presentazione delle domande sono dovute sostanzialmente a:
- autorizzazioni ambientali/titoli abitativi/ svincoli idrogeologici, ecc. devono essere presenti al momento della presentazione delle domande. Spesso, come per i casi dei vincoli idrogeologici, per averli occorrono settimane o mesi, che ovviamente comportano lungaggini nella presentazione delle domande;
- ritardi dovuti alla redazione delle perizie da parte dei tecnici (liberi professionisti) a causa di incertezza normative;
- valore di ripristino dei terreni: se è superiore al valore di riacquisto viene proposto l’importo per il riacquisto. In queste situazioni c’è anche un problema di responsabilità se nel caso non venisse ripristinata, un frana possa creare danni con ulteriori movimenti del terreno.
Sempre legate alle ordinanze ci sono altre criticità. Non è ancora stato attivato il credito d’imposta. I tecnici incaricati di redigere le istruttorie negli enti preposti, molto spesso non hanno competenze in campo agricolo. Inoltre, i fondi stanziati con le ordinanze non rimborsano i danni alle produzioni, per i quali l’unico strumento rimane Agricat. Esistono quindi aziende che hanno subito danni alle produzioni ma che per qualche motivo sono rimaste fuori dalle graduatorie Agricat sia da quelle del fondo emergenziale che non possono chiedere rimborsi tramite le ordinanze commissariali, anche se le perizie dovessero evidenziare il nesso di casualità tra evento e danno.
Legge 100/2023, calamità naturali
È analoga alla Legge 102/2004 con deroghe studiate ad hoc per l’alluvione. Sono disponibili 50 milioni di euro per rimborsare il 100% dei danni a edifici agricoli; produzioni apistiche (miele); zootecniche (uova, latte, capi morti, ecc.); alle infrastrutture agricole, reti di scolo, viabilità, ecc. Su questa linea di finanziamento sono in corso le istruttorie propedeutiche ai pagamenti. La competenza è delle Regioni che nelle intenzioni vorrebbero pagare entro l’autunno.
Bando Psr 2014-2022 5.2.01
Ha una dotazione di 15 milioni di euro per rimborsare al 100% l’acquisto di impianti e macchinari danneggiati, le spese di ripristino e miglioramento fondiario, quelle di ripristino della viabilità poderale e del potenziale produttivo, oltre a quelle tecniche generali. C’è una soglia di accesso: i danni subiti al potenziale agricolo interessato devono essere almeno del 30%. Anche in questo caso le Regioni contano di erogare i fondi entro autunno 2024.
Clicca qui per leggere tutti gli articoli sull'alluvione
Il lavoro per semplificare
La struttura commissariale a cadenza regolare visita i territori alluvionati, ed è disposta ad accogliere proposte di emendamenti rispetto ai decreti già pubblicati.
«C’è anche una nuova ordinanza – ha annunciato Figliuolo – un’integrazione di quelle già fatte per dare ulteriore incremento alle possibilità di fare domanda sviluppata insieme al territorio e ascoltando indicazioni dei comitati, con grande sinergia insieme con Regione, Province e Comuni. Abbiamo limato e messo a punto, sulla base delle domande frequenti che ci arrivavano, un corpo unico – ha spiegato il generale –. In modo che i periti, ma anche i singoli utenti, andando sul sito possano avere tutti gli strumenti utili, senza parcellizzare o cercare risposte nelle Faq».
L’ultima ordinanza emessa è la n. 23, pubblicata il 22 aprile 2024 che modifica e integra le ordinanze n. 11 e 14, e altre potrebbero seguire.
«Ci siamo rimboccati le maniche»
A un anno dall’alluvione che ha devastato la Romagna, anche Apofruit, cooperativa di produttori ortofrutticoli con sede a Pievesestina di Cesena, lamenta ancora il mancato arrivo di tutte le misure di sostegno promesse. Ma, al contempo, spiega anche come tanti produttori soci stanno reagendo, grazie all’aiuto diretto della Op.
«Sono state 250 le aziende agricole colpite dall’alluvione, di cui 150 in modo molto pesante – ha raccontato il direttore generale Ernesto Fornari –. A essere danneggiati sono stati soprattutto gli impianti frutticoli, dalle albicocche alle susine, fino a mele, pere, kiwi giallo, kiwi verde etc. Al momento, abbiamo ricevuto dall’Inps 3.000 euro ad agricoltore per le giornate perse e, dall’Unione europea, 1.500 euro a ettaro per i frutteti e 380 euro a ettaro per i seminativi. Ismea, inoltre, ha stanziato 15 milioni per prestiti a tasso zero, ma c’era un limite di 30.000 euro ad azienda; nel click day organizzato per presentare le 500 domande possibili, questo fondo è andato esaurito in un paio d’ore. Insomma, gli aiuti ricevuti finora sono stati ben pochi, se si considera che il costo di un impianto frutticolo può variare dai 40 a 60.000 euro per ettaro».
Apofruit ha messo a disposizione anche risorse proprie
«Restando in attesa che arrivino, come sembra, altri stanziamenti pubblici – ha continuato Fornari – la cooperativa ha attivato immediatamente iniziative di ristoro per due milioni di euro, rivolte a chi ha dovuto espiantare e ripiantare. In particolare, un milione di euro è stato destinato come contributo a fondo perduto nella misura del 25% a chi ha ripiantato, da sommare al contributo Ocm del 50%. In questo modo, l’agricoltore ha dovuto sostenere effettivamente solo il 25% dell’investimento, anziché il 50%. Un altro milione di euro lo abbiamo invece dedicato a un’altra forma di sostegno. Questa iniziativa, che peraltro rimarrà accessibile fino al giugno 2025, prevede che il socio danneggiato faccia il nuovo impianto».
«Il costo iniziale lo sostiene per intero la cooperativa (fino al limite, appunto, di un milione di euro complessivo, ndr), trattenendosi il contributo Ocm del 50%. Il restante 50% del costo, l’agricoltore dovrà restituirlo alla cooperativa solo dal quarto all’ottavo anno del nuovo impianto. Stiamo peraltro notando che, proprio dall’inizio del 2024, quest’ultima formula sta riscuotendo molto interesse tra i nostri soci».
Il direttore generale di Apofruit ha anche stimato i danni causati direttamente dall’alluvione. «L’anno scorso – ha detto – abbiamo perso tra produzioni estive e autunnali 400.000 quintali di prodotto. Di questi, la metà mancano dalla Romagna, e 100.000 quintali da aziende colpite dall’alluvione. Quindi, possiamo stimare che tale evento ha inciso nel complesso tra il 20 e il 25%. Dobbiamo infatti tenere presente che, nel tormentato 2023, molto hanno influito anche il freddo tardivo, il tornado di inizio luglio e le alte temperature estive».
Fondamentale è risultata anche la consulenza offerta dalla cooperativa direttamente in campagna. «Ci siamo fin da subito prodigati, attraverso i nostri tecnici, per dare supporto ai soci – ha concluso Fornari –. Nelle zone più colpite, è stato fondamentale rimuovere lo strato superficiale del terreno perché soffocava le radici delle piante. Inoltre, sono state necessarie concimazioni straordinarie, ma spesso abbiamo assistito anche al collasso delle piante durante l’estate: quando è arrivato il grande caldo, molte non hanno resistito, essendo già state compromesse e fortemente stressate dall’alluvione».
Tutto fermo dopo un anno
«Per quanto riguarda gli impianti di frutteti e vigneti, che lì per lì era l’aspetto che più ci preoccupava, posso dire che sì ci sono stati danni alle piante ma non così importanti come pensavamo – riferisce Davide Vernocchi di Apoconerpo –. Gli impatti più importanti si sono limitati alle aree dove l’acqua ha ristagnato per diversi giorni».
Se questo vale per la pianura, la collina è tutt’altra storia. «Lì i danni strutturali sono ancora molto importanti e devastanti: abbiamo ancora oggi vigneti e frutteti completamente sbancati. Ci sono stati anche parecchi danni alle attrezzature e alle macchine costrette a girare per giorni in acqua o sul fango. Sul fronte del suolo, è ancora in corso il ripristino dei terreni dove c’è stato ristagno idrico e deposito di fango per settimane e settimane. Da valutare ancora l’impatto a lungo termine sulla fertilità».
Danni, dai più gravi ai meno gravi, che sono però pesati finora sulle spalle della singola azienda. «Parlando di indennizzi, ci sono state tante voci ma pochi fatti – continua Vernocchi –. Al di là degli interventi Agea prima di Natale (1.500 €/ha per frutteti, 350 €/ha per le estensive e 100 €/ha per i medicai) a oggi non si è visto nient’altro. Il fondo Agricat non è intervenuto come era stato promesso. A questo si aggiunge il fatto che si dovrebbero presentare le stime di danno ma oggi si è ancora in grossa difficoltà nel riuscire a caricare le perizie nel portale. Tutto fermo a un anno secco dall’alluvione».
Rimangono poi i dubbi per i casi in aree di confine. «Aziende non interessate ma che ricadono in un comune considerato alluvionato hanno potenzialmente diritto a ricevere l’indennizzo, mentre non ce l’hanno aziende colpite ma sotto a un comune non dichiarato tale – ha fatto notare Vernocchi –. Ma almeno una nota positiva c’è: arriva in soccorso lo sgravio contributivo per i contributi dei lavoratori dipendenti, concesso nel Decreto “Primo maggio”; un aiuto anche per le aziende agricole e il resto della filiera. È chiaro – ha concluso – che in una situazione del genere, di fronte a un comparto in grosse difficoltà tra clima, manodopera, instabilità del mercato, aumento dei costi generalizzato e ora anche allerte per rischi idrogeologici a ogni perturbazione, ci dobbiamo concentrare tutti per recuperare il giusto entusiasmo».
In sostanza, parafrasando il noto passo della Commedia in cui Dante narra la vicenda del Conte Ugolino “Poscia, più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno” (Inf. XXXIII, v. 75), si può dire che più che l’acqua è la burocrazia ad aver creato i maggiori problemi alle aziende agricole.
Articolo pubblicato sulla rubrica Primo piano di Terra e Vita
Abbonati o accedi all’edicola digitale