«L’obesità non è una questione estetica: è una malattia cronica, invalidante e recidivante, al pari dell’infarto o del cancro». Con queste parole, Antonio Gasbarrini, intervenendo al Forum Coldiretti, ha lanciato un messaggio dirompente: la battaglia per la salute pubblica del futuro si gioca nei piatti dei bambini di oggi. E il nemico numero uno ha un nome preciso: i cibi ultra-processati.
Un’epidemia silenziosa che parte da tavola
I numeri parlano chiaro. In Italia, il 40% degli adulti è in sovrappeso e il 20% è obeso. Tra i bambini sotto i 14 anni, uno su quattro è in sovrappeso e uno su dieci già obeso.
Dati che descrivono un fenomeno non più confinato agli stili di vita individuali, ma una vera emergenza sanitaria globale.
L’Italia è stato il primo Paese al mondo a riconoscere ufficialmente l’obesità come malattia cronica con una legge approvata il 30 settembre scorso.
«È un passo storico – ha ricordato il direttore scientifico del Policlinico Gemelli di Roma e presidente del comitato scientifico Fondazione Aletheia – perché significa che da oggi, quando un paziente obeso viene ricoverato per infarto o diabete, l’obesità entrerà a pieno titolo nella diagnosi medica come patologia primaria, non come condizione accessoria».
Dalla cura alla prevenzione: la rivoluzione culturale
Il professore, medico al Policlinico Gemelli, ha sottolineato come il 95% dei ricoverati negli ospedali italiani soffra di malattie croniche legate allo stile di vita.
«Noi medici siamo bravissimi a curare, ma la vera partita si gioca prima: nella prevenzione, a partire dall’infanzia. Se educhiamo i bambini a mangiare bene, a muoversi, a rispettare il proprio corpo, dimezzeremmo tumori, diabete e malattie cardiovascolari».
Il problema è che il sistema alimentare globale, negli ultimi decenni, ha abdicato alla qualità.
«Stiamo allevando generazioni di bambini nutriti con alimenti ipercalorici, ricchi di zuccheri, additivi, dolcificanti, grassi raffinati. Una “dieta industriale” che altera profondamente l’equilibrio del nostro organismo».
Il tradimento del microbiota: quando il cibo altera il cervello
Al centro della riflessione del professor Gasbarrini c’è un concetto chiave: l’asse intestino-cervello. Nel nostro intestino vive il microbiota, un insieme di miliardi di batteri che dialogano costantemente con il sistema nervoso e immunitario. Questo ecosistema, spiega il professore, «si forma nei primi 10 anni di vita ed è influenzato da ciò che mangiamo».
Se l’alimentazione è naturale, ricca di fibre e alimenti freschi, il microbiota cresce in equilibrio. Ma se è invasa da cibi ultra-processati, «si selezionano batteri dannosi che distruggono le cellule endocrine intestinali, alterano il metabolismo e innescano processi infiammatori sistemici».
È la meta-infiammazione, la base biologica di obesità, diabete, depressione e persino demenze. Un effetto a catena che arriva fino al cervello. «L’intestino comunica con il sistema limbico, la parte che regola le emozioni e i comportamenti. Quando l’alimentazione è alterata, anche la percezione della fame e del piacere si altera. Il cervello “impazzisce”, come quello degli animali in cattività».
Obesità, una malattia infettiva?
Uno dei passaggi più provocatori dell’intervento riguarda l’ipotesi che l’obesità possa essere considerata una malattia infettiva.
«Gli alimenti ultra-processati – ha spiegato Gasparrini – favoriscono la crescita di batteri intestinali che distruggono cellule di controllo del sistema nervoso. È come se il cervello vivesse in una perenne condizione di carestia. L’obesità nasce così: da un microbiota alterato, trasmesso anche da madre a figlio».
Un dato inquietante confermato dagli studi: il microbiota di una madre obesa trasferito a un figlio o a un animale induce obesità anche in loro.
«Questo ci dice che la prevenzione deve iniziare ancor prima della gravidanza», avverte Gasparrini, «perché l’impronta biologica del bambino si costruisce nei primi anni di vita».
I nuovi “veleni” della modernità
Dolcificanti, bevande zuccherate, snack industriali, farine raffinate: sono gli ingredienti del disastro. «I dolcificanti sono un inganno biochimico – afferma –. Fanno credere al cervello di assumere zucchero, ma in realtà lo privano di glucosio. Il risultato è che l’organismo, per compensare, assorbe più calorie dal pasto successivo. È un meccanismo perverso che favorisce obesità e insulino-resistenza».
Non meno gravi gli effetti delle bevande gassate zuccherate, che il professore non esita a definire «tossiche». «Andrebbero bandite dalle scuole, dalle mense, dagli ospedali. Poi ognuno resta libero di scegliere, ma deve essere consapevole che si tratta di sostanze dannose per l’organismo».
Longevità: una storia che comincia da bambini
Per Gasbarrini, la vera scienza della longevità non si costruisce a ottant’anni, ma a cinque. «L’uomo, in condizioni ottimali, è programmato per vivere fino a 110-120 anni. Ma per arrivarci in buona salute, bisogna iniziare da piccoli, con alimentazione naturale, attività fisica, sonno regolare e serenità emotiva. Non esiste pillola che possa sostituire uno stile di vita sano». È un messaggio che va oltre la medicina: è una chiamata culturale.
«Non possiamo continuare a riempirci la bocca con la dieta mediterranea e poi tradirla ogni giorno nei nostri comportamenti. Cibo e cultura sono le due grandi forze dell’Italia: se le difendiamo, difendiamo la nostra salute e quella del pianeta».
La battaglia di Coldiretti e la sfida educativa
In questa prospettiva, il legame con il mondo agricolo è cruciale. «Non è solo un tema sanitario, ma di ecosistema. L’agricoltura italiana è la prima linea di difesa contro la deriva industriale del cibo. Dobbiamo sostenere le filiere corte, i prodotti autentici, le produzioni locali. Solo così possiamo salvare la salute delle persone e la sostenibilità del sistema».
Il professor Gasbarrini collabora con la Fondazione Aletheia, impegnata in progetti educativi rivolti a famiglie e scuole. «La sfida più importante è far crescere la consapevolezza nei bambini e nei genitori. Se cambiamo le abitudini alimentari nei primi anni di vita, cambiamo il destino sanitario dell’intera popolazione».
Tornare al cibo che ci assomiglia
L’intervento al Forum Coldiretti si è chiuso con un appello: «Smettiamola di pensare che salute significhi farmaci o interventi chirurgici. La salute nasce nei campi, nelle cucine, nelle scuole. Dobbiamo tornare a un’alimentazione che ci somigli, che sia parte della nostra identità mediterranea». Un messaggio forte, che restituisce al cibo il suo valore originario: non solo nutrimento, ma cultura, prevenzione e futuro.
Le 5 regole per difendersi dai cibi ultraprocessati
- Leggere sempre l’etichetta: più di 10 ingredienti = campanello d’allarme.
- Evitare dolcificanti artificiali, anche “naturali”: alterano il microbiota e la percezione della fame.
- Limitare bevande zuccherate e gassate, soprattutto per i bambini.
- Scegliere alimenti che esistono in natura: frutta, verdura, legumi, cereali integrali, olio d’oliva.
- Muoversi ogni giorno: l’attività fisica è la prima medicina preventiva.










