Il Tribunale di Taranto ha condannato la Regione Puglia a risarcire con 41.748,60 euro più interessi e spese legali (per un totale di circa 52mila euro), un'azienda agricola di Castellaneta, a causa dei danni alle coltivazioni di fico d'India provocati da cinghiali. Secondo l'avvocato dell'azienda agricola Giuseppe Clemente si tratta della prima sentenza di questo tipo emessa in Italia e potrebbe aprire la strada ad altre decisioni di questo tipo da parte dei tribunali, anche perché la sentenza potrà essere citata come precedente da altri imprenditori agricoli che intendano rivalersi nei confronti delle Regioni per danni a coltivazioni o animali allevati provocati dalla fauna selvatica.
Non si spara abbastanza
In sostanza i giudici tarantini hanno ritenuto la Regione colpevole di non aver adottato le misure necessarie per contenere il numero di cinghiali, nonostante siano previste dal Piano faunistico venatorio e demandate agli Ambiti territoriali di caccia (Atc). In pratica, il personale preposto al controllo della fauna selvatica non ha sparato abbastanza. La decisione del giudice Valerio Seclì è relativa a danni subiti dall'azienda tarantina nell'arco di tre anni: 2021, 2022 e 2023.
«Il citato provvedimento si distingue sia l’entità del risarcimento accordato, mai prima d’ora un Tribunale italiano aveva condannato una regione a simili importi – sottolinea Clemente – sia perché ha affermato che non c'è l'obbligo del coltivatore di dotarsi di sofisticati sistemi di protezione dagli attacchi dei cinghiali o di recintare l’appezzamento», come le reti elettrificate.
Nella sentenza si legge che [...] la chiusura del fondo costituisce una mera facoltà del proprietario, il cui mancato esercizio non può ridondare in un giudizio di responsabilità per condotta omissiva o inottemperante ad un obbligo di diligenza. Né sussistono basi normative per fondare un obbligo di recinzione in capo al proprietario del fondo [...]
L'iter per chi vuole chiedere un risarcimento
Ma per intraprendere un percorso che porti al riconoscimento dei danni le aziende agricole devono dimostrare l'entità del danno e che la causa di quel danno sia da ascriversi alla fauna selvatica. Clemente ha messo a punto una strategia difensiva che consente al soggetto danneggiato di ottenere il risarcimento in un arco temporale piuttosto ristretto. «Tale strategia consiste nella richiesta urgente di un accertamento tecnico preventivo finalizato, tramite la nomina, da parte del Tribunale, di un consulente tecnico, alla stima del danno – spiega il legale –. A questa fase segue una seconda, la cui durata, a seconda del carico di lavoro dei Tribunali, può durare da sei mesi a un anno e che è volta all'ottenimento del provvedimento di condanna vero e proprio. La Regione poi, ha tempo 120 giorni per perfezionare la pratica del pagamento».