Il sovrappopolamento della fauna selvatica nel territorio nazionale è un’emergenza che deve essere gestita con metodo e senza ulteriori indugi. È questo il cuore del messaggio lanciato durante la conferenza stampa tenutasi alla Camera dei Deputati durante la quale si è discusso sull’importanza di determinare e stimare i danni recati alle coltivazioni agricole dall’avifauna e dai carnivori che sempre più frequentemente aggrediscono i capi allevati.
«La gestione di questi animali è diventata una questione complessa, richiede equilibrio tra la necessità di conservazione delle specie e la tutela del territorio e delle aziende agricole. E questo equilibrio ha bisogno di un approccio tecnico-scientifico e non ideologico, che provoca più danni di quelli che fa la fauna selvatica». Lo ha dichiarato il presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati Mirco Carloni, a margine dell’incontro.
Carloni, fauna selvatica: «Per gestirla fondamentale il supporto di analisti e periti»
Carloni, ricordando che i danni da fauna selvatica registrati nel nostro Paese ammontano a oltre 2milioni di euro l’anno, ha puntualizzato: «Non possiamo lasciare da soli gli agricoltori. Vedere imprenditori, molti dei quali giovani, costretti a cessare la propria attività perché esasperati dalla presenza di lupi, orsi o cinghiali è una sconfitta. Per tale motivo ritengo che per prendere adeguate decisioni politiche e normare questa criticità siano necessari dati e testi su cui poter approfondire. In tal senso – ha concluso Carloni – è fondamentale il rapporto con chi fa ricerca e soprattutto con chi fa analisi e perizie, come i periti agrari e i periti agrari laureati».
Braga: «Riequilibrare una biodiversità forzata»
«L’aver introdotto specie non autoctone sul nostro territorio sta creando difficoltà nel gestire le biodiversità. L’equilibrio va ricercato e governato, liberandoci da orientamenti di parte. Serve rigore giuridico, tecnico, analitico». Questa la sollecitazione del presidente del Collegio nazionale dei periti agrari e periti agrari laureati Mario Braga, che ha aggiunto: «I professionisti sono il fulcro di questo approccio scientifico perché attraverso un bagaglio solido di conoscenze, competenze specifiche e di sistema sono in grado di garantire risposte a tutti gli interlocutori direttamente o indirettamente coinvolti nel problema».
Braga ha poi ricordato come i danni causati dalle alluvioni dello scorso anno in Emilia siano stati acuiti dall’introduzione di alcune specie, come le nutrie, che avevano gravemente danneggiato gli argini. «Dobbiamo difendere – ha concluso Braga – i nostri territori, la vita e l’economia delle nostre aziende e le persone mettendo in campo la conoscenza».
Quali animali causano più danni e come prevenirli?
Come spiegato da Massimo Moncelli, perito agrario laureato esperto di estimo ed economia immobiliare, nel nostro Paese i principali animali selvatici che arrecano danno all’agricoltura sono gli ungulati, gli istricidi, i roditori, i leporidi e i passeriformi. «Nonostante la legge preveda che siano rimborsati tutti i danni provocati dagli animali selvatici – ha sottolineato Moncelli – è importante individuare con certezza la specie, sia per determinare l’indennizzo sia per valutare l’impatto di ogni singolo animale sulle coltivazioni agricole e quindi sulla redditività dell’azienda».
Moncelli ha dunque spiegato che quando parliamo di danno «dobbiamo attenzionare anche tutta una serie di conseguenze collaterali. Per esempio: il cinghiale, principale responsabile dei danni alle coltivazioni agricole, per alimentarsi compie un’azione di scavo in profondità con il grifo che potrebbe innestare fenomeni di erosione per via dell’apertura di solchi nel cotico erboso, particolarmente pericolosi in caso di eventi meteorologici avversi».
Fauna selvatica: «Sì a piani di abbattimento controllati»
Moncelli ha infine puntualizzato che trovare una forma di prevenzione sostenibile non è più rinviabile e che questa deve implicare necessariamente una modifica dei ripopolamenti di fauna selvatica. «Per la gestione di questi animali – ha concluso – dovrebbero essere previsti dei piani di abbattimento controllati che portino a diminuire l’impatto sul territorio».