Mercati all’ingrosso: ok, il prezzo è giusto

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Mercati all’ingrosso ai raggi X: pregi e difetti di una rete capillare. Troppe le strutture attive in Italia. Agricoltori soddisfatti dei prezzi di vendita della merce ma preferirebbero aperture diurne più lunghe

Una rete smagliata e troppo lunga non collega, non tiene, dissipa. La rete dei mercati all’ingrosso in Italia è la più grande in Europa, ma fa meno affari dei concorrenti. Nel nostro Paese operano 137 mercati all’ingrosso: numero sei volte superiore a quello di Spagna (25 mercati) e Francia (22 mercati). Ma alla maggiore densità di strutture – tra l’altro per lo più di piccole dimensioni – rispetto ad altre realtà europee, corrisponde un giro d’affari inferiore. I mercati italiani incassano 10 miliardi di euro l’anno, rispetto ai 14 della Spagna e ai 12,5 della Francia. I mercati all’ingrosso gestiscono metà della commercializzazione italiana di ortofrutta (primo settore a livello aggregato dell’agricoltura italiana con un valore di 17 miliardi di euro), il 33% di quella ittica e il 10% delle carni. Quote che, ad eccezione dell’ortofrutta, sono significativamente inferiori a quelle di analoghe realtà di altri paesi europei.

A renderlo noto l’indagine “I mercati all’ingrosso nella filiera agroalimentare”, condotta da Ismea presso il network di riferimento di Italmercati (costituito da una rete di 22 strutture in cui operano oltre 4mila imprese tra grossisti, intermediari e aziende agricole, distribuite in 14 regioni italiane, per un giro d’affari di 115 milioni di euro).
A pesare sull’operatività dei mercati, per oltre due terzi degli interpellati, la pressione inflattiva sui carburanti e il sistema della logistica, l’aumento dei prezzi dei prodotti energetici e l’impatto dell’inflazione sui beni agroalimentari.

Ostacoli da superare

La frammentazione così penalizzante in termini di incasso, e non solo, impone certamente una razionalizzazione di tutto il sistema dei mercati, che mantiene salde alcune rigidità proprie che sembrano non andare al passo con l’evoluzione del sistema agroalimentare. Tra queste, alcuni servizi di logistica come il passaggio all’orario diurno del lavoro, a cui è legato a doppio filo il tema del ricambio generazionale. E ancora, l’ammodernamento delle strutture (carente l’efficientamento della catena del freddo), seguito da una digitalizzazione per la gestione delle prenotazioni delle merci.
Come riportato da Ismea, il 76% delle aziende agricole dichiara di non essere interessata a questa tipologia di commercializzazione; pesa, in tal senso, per il 31% degli intervistati la non flessibilità degli orari di mercato.

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Ai mercati servono «più fondi mirati e servizi»

La direttrice generale di Ismea, Maria Chiara Zaganelli, ha dichiarato: «La nostra indagine ha messo in evidenza i fattori di criticità che non consentono di assicurare la presenza diretta degli agricoltori nei mercati all’ingrosso. Rispetto a questa esigenza i mercati potrebbero fornire servizi di facilitazione ai piccoli produttori, anche con una diversa programmazione degli orari di apertura». Zaganelli ha poi sottolineato l’importanza di continuare a lavorare per riequilibrare i rapporti di filiera, favorendo il potere contrattuale degli agricoltori.

Il presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini ha spiegato che «la frammentazione del settore dei mercati all’ingrosso in Italia ha portato molte di queste strutture a perdere rilevanza e strategicità per il Paese. Per uno sviluppo concreto è fondamentale che le azioni politiche investano in modo mirato nei mercati all’ingrosso. È sbagliato finanziare le stesse somme per tutti i mercati, piccoli e grandi». Pallottini ha infine auspicato lo sviluppo di un sistema dei mercati che operi attraverso un legame di tipo societario, sul modello spagnolo Mercasa.

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Il “mercato strategico” secondo Italmercati: - Gestione societaria (deve essere in capo a un soggetto preferibilmente pubblico, ma anche privato, purché distinto dall’ente) - Dimensione minima in termini di fatturato (il mercato dovrebbe garantire un fatturato minimo annuo dell’ente gestore di 500mila euro) - I mercati strategici sono quelli a servizio di una città metropolitana; insediati in aree a rilevante vocazione agricola e nei pressi di interporti, porti, aeroporti, autostrade; che rappresentano un unico punto di riferimento regionale; che gestiscono più settore merceologici; che possiedono un piano del cibo operativo (attivi su temi quali educazione alimentare, lotta agli sprechi ecc.).

Clienti sempre uguali

Altro tema centrale, evidenziato da Ismea, è la quota delle vendite per tipologia di cliente. La fotografia scattata nel 2014 non differisce molto da quella del 2023. Nello specifico, nel 2023 l’horeca segna una quota del 6% rispetto al 5% del 2014 (solo +1%) e la distribuzione moderna rappresenta il 18% rispetto al 14% del 2014 (+4%). Il dettaglio tradizionale scende leggermente (-2%) nel 2023, rispetto al 2014, ma rappresenta sempre la quota maggiore (37%). Pressoché stabili gli intermediari ed esportatori esteri e italiani (rispettivamente pari all’11% e al 7% nel 2023). Non decolla in dieci anni l’e-commerce: dallo 0% nel 2014 all’1% nel 2023.

Nei mercati i prezzi sono ok per le aziende agricole

La grande concentrazione di contrattazione e scambi nei mercati all’ingrosso riesce a garantire prezzi adeguati alle aziende agricole che vendendo direttamente i loro prodotti possono massimizzare i margini e difenderne l’erosione lungo la filiera. I motivi di soddisfazione per le aziende che hanno dichiarato di utilizzare i mercati all’ingrosso con i propri spazi di vendita (pari al 14% del totale intervistato) sono: la possibilità di spuntare un prezzo più alto rispetto a modalità alternative di commercializzazione e quindi ottenere un maggior guadagno. Tra gli altri vantaggi: l’opportunità di raggiungere un elevato numero di clienti e l’avviare nuove collaborazioni con altre aziende agricole per ampliare l’offerta.

mercati ingrossoVirtuosi si diventa

Le strutture aderenti a Italmercati contribuiscono alla produzione di energia rinnovabile, il 60% di queste ha installato impianti in parte finanziati dal Pnrr. Quasi la metà del campione intervistato ha dichiarato che più del 75% degli investimenti nel proprio mercato sarà finanziato dal Pnrr e efficientare il sistema logistico è il principale obiettivo. Per quanto riguarda il tema dello spreco alimentare, ad oggi la quasi la totalità dei mercati prevede attività di recupero dei prodotti invenduti.

Il Pnrr e i mercati all’ingrosso

Con il dm del 5 agosto 2022 il Masaf ha stanziato 150mln di euro a valere su fondi Pnrr per sostenere progetti di investimento volti ad ammodernare i mercati agroalimentari all’ingrosso e migliorale le loro capacità logistiche. Dei mercati aderenti alla rete Italmercati 19 hanno fatto domanda di accesso alle agevolazioni, per oltre 164mln di euro, e di questi 14 hanno ottenuto l’agevolazione per un totale di quasi 120mln di euro. Il valore complessivo dei progetti approvati supera 151mln di euro. Gli obiettivi di tali progetti rientrano nell’ambito della riduzione degli impatti ambientali e transizione ecologica e digitalizzazione.

Dall’indagine Ismea svolta presso i mercati sono emerse alcune criticità relative alla gestione dell’iniziativa. In primo luogo le domande di investimento non hanno tenuto conto dei reali impatti sul sistema agroalimentare territoriale e nazionale. Infatti, non è stata prevista alcuna premialità associata alle dimensioni fisiche ed economiche della struttura che ha presentato il progetto, né in termini di maggiorazione del premio, né di priorità di accesso. Inoltre, ritardi burocratici hanno rallentato l’implementazione dei progetti.
Il 17 maggio 2024 un decreto del Masaf ha destinato le risorse residue dei finanziamenti Pnrr delle linee “Porti” e “Imprese” ad aumentare lo stanziamento a favore della linea “Mercati”, portandolo a oltre 268mln di euro.

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I mercati si presentano

I mercati all’ingrosso sono un canale tradizionale molto importante nella distribuzione e nella promozione dell’ortofrutta, come anche nella formazione del prezzo. Tuttavia, la loro conoscenza non è scontata neanche tra gli addetti della filiera. Per questa ragione, otto dei ventidue mercati ortofrutticoli di Italmercati, sui quali si è basato lo studio di Ismea, sono stati protagonisti delle rubriche “I mercati ortofrutticoli all’ingrosso si presentano” curate da Anna Parello, agronoma esperta in comunicazione per l’ortofrutta, e pubblicate sulla rivista di Frutticoltura. Sono stati intervistati: Car di Roma, Sogemi di Milano, Caat di Torino, Maap di Padova, Caab di Bologna, Mof di Fondi, La Valle della Pescara di Pescara e Mercafir di Firenze.



1Il grossista, identikit di una professione

In occasione della prima giornata nazionale del grossista, svoltasi a Roma nella sede di Confcommercio, è stata presentata l’indagine “Il grossista, l’identikit di una professione”, realizzata attraverso la raccolta di 100 interviste dirette agli imprenditori e la diffusione di un questionario distribuito ad un campione di operatori provenienti da tutti i principali mercati italiani.

Aziende giovani e familiari: Dall’analisi è emerso che gli operatori di settore hanno un’età medio-bassa, in controtendenza rispetto agli imprenditori agricoli. Nello specifico: gli under 40 sono nettamente più numerosi degli over 60. E i quarantenni rappresentano un quarto della categoria. Il 70% del campione è inoltre costituito da titolari. L’azienda grossista si caratterizza per essere fortemente familiare: le aziende che impiegano 4 membri della famiglia sono di più di quelle in cui il titolare non ha parenti in azienda.
Tra le regioni in cui si concentrano i mercati più importanti troviamo: Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Lombardia e Veneto.

I primi cinque prodotti trattati: Gli agrumi guidano la classifica della frutta, seguiti da drupacee, mele, uva e fragole. Mentre i pomodori sono in testa tra gli ortaggi, seguiti da zucchine, insalate, peperoni e carciofi. La Sicilia è il primo fornitore entro i confini nazionali (seguito da Puglia e Lazio) e la Spagna è il primo partner per le forniture estere.

Un mondo di piccoli e grandi: Il fatturato delle aziende che ha risposto al sondaggio varia, per il 2023, da un minimo di 3 milioni a un massimo di poco inferiore ai 20 milioni (72%), con una parte minore che raggiunge anche i 40 milioni all’anno (28%). Il 53% degli intervistati ha dichiarato che il suo fatturato è cresciuto fra il 2019 e 2023. Soffre il 9%.

Innovazione prima sfida: La maggior parte del campione ritiene necessario un rafforzamento ulteriore della categoria e del suo ruolo attraverso l’innovazione nei servizi e nei prodotti (30%), il miglioramento della qualità (16%) e il controllo dei costi (16%).

Nuovi servizi offerti: Crescono i rapporti con l’horeca e Gdo attraverso l’offerta di nuovi servizi: al primo posto selezione e stoccaggio, al secondo la frigoconservazione e al terzo posto consegna diretta al cliente. Tra i servizi attesi dagli enti gestori al primo posto c’è l’ammodernamento delle strutture, seguito da servizi di logistica interna e informatizzazione. L’orario diurno e le politiche di promozione vengono prima della richiesta di energia sostenibile. Tra le priorità per la categoria, il ricambio generazionale e la modifica degli orari di lavoro sono le aspettative principali.

2«Servirebbe più flessibilità»

Nel mercato ortofrutticolo di Cesena negli ultimi anni è leggermente cresciuto il numero dei grossisti (pari all’80%) e diminuito quello degli agricoltori con il proprio posteggio di vendita (20%). «Quasi tutti i mercati hanno all’interno rigidità e staticità importanti – spiega l’amministratore unico del mercato Alessandro Giunchi –. Due esempi: negli ultimi dieci anni non è cambiata la compagine dei clienti che frequenta i mercati e non sono stati fatti passi avanti circa l’orario di apertura e consegna. Noi siamo favorevoli a un orario diurno per tre motivi: perché sta cambiando il mondo della distribuzione, perché così è difficile intercettare le nuove generazioni e perché si trova sempre meno personale disposto a lavorare la notte».
Quanto ai servizi Giunchi sottolinea che l’anno scorso sono stati assegnatari di 5,8 milioni di euro su un bando Pnrr. «Li utilizzeremo per ristrutturare il mercato, coibentandolo in modo da ridurre gli sbalzi di temperatura sia per le merci che per gli operatori – racconta –. Inoltre efficienteremo i motori delle celle frigorifere».
In merito all’elevato numero di mercati in Italia e alla loro frammentazione Giunchi afferma: «Prendere a modello la Spagna non ha senso. Lì hanno fatto politiche strutturali non solo per i mercati ma per tutto il Paese. Facile dire “ci vogliono quattro mercati”, ma contestualmente ci vogliono strade, interporti, ecc. Altrimenti faremmo grosse macchine che lavorano male. Detto ciò, non è strategico mantenere in piedi strutture in cui lavora un solo operatore o con milioni di debiti».

3«Al mercato Cesena prezzi più alti rispetto al conferimento in coop»

Stefano Savini, agricoltore di Calisese nel comune di Cesena, produce albicocche, pesche, susine, pere, mele e cachi. Possiede circa sei ettari di frutteto e vende quasi interamente la sua produzione, che varia - a seconda delle gelate - dai 400 agli 800 quintali, al mercato ortofrutticolo di Cesena (a gestione pubblica). Savini va al mercato da sempre: «Mio padre, che oggi ha 90 anni, ha avuto il posteggio per 50 anni, per molto tempo siamo andati insieme, da dieci anni vado solo ma sempre allo stesso stand».
Alla domanda qual è il vantaggio principale nel vendere al mercato, Savini risponde netto: «Il prezzo. Al mercato il prezzo lo faccio io, tratto direttamente col cliente. In passato conferivo alle cooperative e andavo in perdita. Il prezzo lo facevano loro e spesso la produzione era sottopagata. Mi ricordo un luglio di 14 anni fa che per un cassone di nettarine la cooperativa mi diede meno di 40 euro. Il prezzo che spunto al mercato è il doppio rispetto a quando conferivo alle coop». Tra le criticità Savini evidenzia l’orario di apertura del mercato: alle 5 o 5:30 a seconda dei giorni. «Come agricoltore sarei favorevole a posticipare anche di un’ora. Un orario diurno permetterebbe una qualità di vita migliore». Savini spiega inoltre che gli agricoltori bio presenti sono pochi e non spuntano prezzi più alti rispetto a chi fa convenzionale: «Al commerciante che compra al mercato il biologico non interessa. Vuole solo spendere il giusto per quel frutto. Il mercato ha dinamiche sue, radicate. Qui il bio, la lotta integrata, non sono un valore aggiunto al prodotto finale».

4«Conferisco al Mof, pagamenti rapidi e servizi efficienti»

Andrea Fiaschetti, giovane agricoltore della provincia di Latina, produce ortaggi in pieno campo su otto ettari. Conferisce tutta la produzione ai mercati all’ingrosso: il 60% al Mof-centro agroalimentare Fondi e il 40% al Mol-mercato ortofrutticolo di Latina.
«Per tre anni ho lavorato con il pomodoro da industria e all’azienda a cui conferivo facevano pagamenti molto lunghi, anche oltre i novanta giorni, ed essendo un’azienda giovane non riuscivo a starci dentro tra costi e ricavi. Inoltre, rispetto ad ora che conferisco ai mercati, il prodotto mi veniva pagato molto meno. Il conto vendita al mercato – spiega – mi permette di spuntare una quotazione maggiore e ho un pagamento a breve termine».
Il Mof, a gestione privata, ha orari flessibili: dalle 6 alle 12, ma in alcuni giorni è aperto anche il pomeriggio. «Poter conferire anche in tarda mattinata è un ottimo servizio – ammette Fiaschetti –. Logisticamente è un mercato che funziona: ha più ingressi, non si trovano file. Inoltre, è sempre presente la sicurezza sia all’esterno che all’interno del mercato».
«La domanda e i prezzi – racconta l’orticoltore laziale – sono rimasti costanti al mercato». Mentre sono pochi i giovani che vi conferiscono: «I figli degli agricoltori che conosco non vogliono fare questo lavoro – conclude –. I costi sono lievitati, mantenere una sostenibilità economica è sempre più difficile».

Mercati all’ingrosso: ok, il prezzo è giusto - Ultima modifica: 2024-06-19T11:35:46+02:00 da Laura Saggio

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