L’industria delle bioplastiche compostabili è un sistema economico complesso ed è in stretta relazione con l’agricoltura, sia per l’utilizzo di fonti rinnovabili e biomasse per la produzione di chimici di base e intermedi, sia come settore di impiego del compost prodotto dagli impianti e come mercato per i bioteli per la pacciamatura agricola.
Nel 2018, in Italia, in base ai risultati dello studio effettuato da Plastic Consult, società indipendente che svolge studi e analisi di mercato nel settore delle materie plastiche, l’intera industria delle plastiche biodegradabili e compostabili ha generato un fatturato complessivo di 685 milioni di euro.
88.500 tonnellate di polimeri lavorati
Relativamente ai settori applicativi, nel 2018, delle 88.500 tonnellate di polimeri lavorati, il film per agricoltura è arrivato a poco meno di 2mila tonnellate, con un incremento del 16% rispetto al 2016.
Dato importate che indica una scossa dopo alcuni anni di andamento altalenante per il film compostabile per pacciamatura, in diffusione crescente anche su mercati internazionali.
«Siamo certi – ha affermato Marco Versari, presidente di Assobioplastiche, durante il convegno romano – che l’accordo di collaborazione recentemente siglato con Federbio per l’impiego dei bioteli nell’agricoltura biologica potrà rappresentare un ulteriore volano di crescita per questa tipologia applicativa».
Una risposta concreta al problema del riciclo
Versari ha poi spiegato che i materiali biodegradabili e compostabili sono nel mercato da circa 20 anni come pacciamatura perché «noi abbiamo sostenuto da subito questa applicazione. Il film tradizionale è faticoso da eliminare dal campo e a volte non sempre si riesce a farlo in maniera completa, senza contare che ha dei grossi costi. Il fatto di avere un film plastico biodegradabile – incalza Versari - che funzioni bene come un film plastico tradizionale ma che non deve essere raccolto, è stata una bella sfida. Sostengo che le plastiche biodegradabili in agricoltura servano esclusivamente per dare una risposta a specifici problemi nella difficoltà del riciclo, non bisogna fare bioplastica tanto per fare bioplastica».
Il presidente di Assobioplastiche ha spiegato che gli imballaggi per l’ortofrutta, «Presuppongono che siano adeguatamente riconosciuti a livello normativo e che abbiano un percorso di riciclo organico chiaro e diffuso nel territorio. Questo è un settore che a noi interessa molto e tecnicamente lo stiamo già perseguendo, ma crediamo che questo tipo di produzione non debba essere figlia di eco-marketing, ma collegata a un percorso di recupero e riciclo evidente, condiviso e riconoscibile, solo così diamo una risposta a un problema. L’industria dei materiali plastici biodegradabili e compostabili - specifica Versari -, è nata per rispondere ai grandi problemi ambientali coniugando innovazione a produzione responsabile».
L'incognita della direttiva Sup
L’incognita maggiore per il futuro dell’industria delle bioplastiche, come più volte sottolineato durante il convegno, è determinata dalla direttiva SUP (Single Use Plastics) emanata dalla Ue. Gli Stati membri hanno tutti gli strumenti per recepire le norme della direttiva SUP tenendo conto dei singoli contesti nazionali e dei relativi sistemi di gestione dei rifiuti, differenziando le misure di riduzione in base al diverso impatto ambientale dei singoli prodotti, come espressamente previsto dalla direttiva.
«Ci auguriamo – ha concluso Versari - che l’Italia prosegua sulla strada già intrapresa in modo lungimirante diversi anni fa volta incentivando l’uso sia di prodotti riutilizzabili che di monouso compostabili».
L'associazione
Assobioplastiche - Associazione Italiana delle Bioplastiche e dei Materiali Biodegradabili e Compostabili – è stata costituita nel 2011 e rappresenta le imprese operanti in Italia ed all’estero nella produzione di polimeri biodegradabili e di prodotti finiti e nella gestione del fine vita dei manufatti realizzati con bioplastiche. Assobioplastiche ha sede a Roma ed è attualmente presieduta da Marco Versari.