Biodinamici, appuntamento a Firenze. Ci sarà anche Nadia Scialabba

Nel suo intervento al convegno di Firenze farà riferimento alla sua ricerca sulle basi scientifiche dell’agricoltura biodinamica. «Ho realizzato quest ricerca - ha detto la Scialabba - perché una delle cose che mi ha più irritato in questi ultimi anni è stato leggere attacchi in cui si accusava la biodinamica di anti scientificità»

Nadia El-Hage Scialabba nasce a Parigi da genitori libanesi, nel 1960 e studia in Libano, Italia, Francia e Stati Uniti laureandosi in biochimica e specializzandosi in scienze ambientali. Lavora per 33 anni alla Fao come Responsabile ambientale portando avanti progetti per l’agricoltura sostenibile. Oggi, in pensione, collabora come volontaria per molte organizzazioni che ruotano intorno al tema dell’agroecologia, tra cui l’Associazione per l’agricoltura biodinamica italiana. Nadia Scialabba fa parte del comitato scientifico del 36° Convegno internazionale per l’agricoltura biodinamica, dal titolo “Un’agricoltura di salute. Ricerca, innovazione e formazione per il futuro della terra” che si terrà il 27, 28 e 29 febbraio a Firenze.

Dottoressa Scialabba, il Convegno rappresenta ormai un momento importante durante il quale personalità di spicco della ricerca, del mondo agricolo e delle istituzioni si confrontano sui più recenti sviluppi dell’agroecologia. Il suo intervento è in programma per il pomeriggio di giovedì 27 febbraio, durante la sessione dedicata al “Cibo contadino e multinazionali”, nel prestigioso Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio. Ci può dare qualche anticipazione sul suo intervento?
«Farò riferimento alla mia ricerca sulle basi scientifiche dell’agricoltura biodinamica che ho realizzato perché una delle cose che mi ha più irritato in questi ultimi anni è stato leggere attacchi in cui si accusava la biodinamica di “anti scientificità”. Quando si parla di scienza ancora oggi si fa riferimento a quella newtoniana, dove c'è una causa e un effetto, mentre si dovrebbe fare riferimento a quella della relatività di Einstein e all’interdipendenza della fisica quantistica. Oggi sono molti gli studi, nei più svariati ambiti, in cui si cerca di osservare le dinamiche e i fenomeni del mondo con le leggi della fisica quantistica e, vi assicuro, questi studi sono molto più rilevanti rispetto a quelli basati sulla causa-effetto di trecento anni fa. Nel mio lavoro ho realizzato una lettura delle pratiche biodinamiche in chiave quantistica e ho trovato degli aspetti molto interessanti. La teoria quantistica insegna che non esiste la separabilità. Al contrario, rinforza l’interconnessione fra la visione ecologica e quella spirituale del mondo, principi base in biodinamica. La biodinamica inoltre mette in atto tanti fenomeni che ancora oggi stiamo indagando come quello della correlazione quantistica o quello della sincronicità, oppure quello dell’energia luminosa sulla vitalità degli alimenti. Questi aspetti sono anche fortemente legati al tema della salute che sta al centro del Convegno di Firenze e sarà molto interessante in quell’occasione sentirne parlare, tra gli altri illustri personaggi presenti, a partire dal dottor Maurizio Grandi, uno dei dieci oncologi più importanti d’Italia».

Cosa ci può dire della sua esperienza alla Fao?

«Sono entrata in maniera fortuita in quest’organizzazione. Avevo un’esperienza in tecnologie per il monitoraggio delle acque e, in quel tempo, la Fao aveva un progetto per il quale servivano le mie competenze. Nel 1990 ci fu una crisi dovuta al ritiro dei finanziamenti al settore della Fao che si occupava della fertilità del suolo da parte dei produttori di fertilizzanti. Si decise di puntare sulla sostenibilità e nel 1991, in Olanda, più precisamente a Den Bosch, ho coordinato la prima Conferenza della Fao su Agricoltura e Ambiente, l’ultima riunione preparatoria dell’Earth Summit di Rio del ’92, definita dall’Economist come la “contro-rivoluzione verde” che ha prodotto la Strategia politica per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale Sostenibile (Sard). I risultati della Conferenza sono andati poi a costituire il Capitolo 14 dell’Agenda 21. Il Sard era il piano di lavoro per promuovere la sostenibilità nella gestione di progetti e programmi di sviluppo agricolo e rurale anche se, sul terreno, non ci fu un’effettiva implementazione. Infatti, quando cambiò il direttore generale, mutarono anche le politiche dell’organizzazione. La nuova dirigenza non era interessata all’ambiente ma più focalizzata sulla sicurezza alimentare. Fu in quel periodo che iniziai a interessarmi all’agricoltura biologica come metodo ecologicamente innocuo ma all’interno della Fao questo approccio era considerato da “figli dei fiori”. Nel 1999 riuscii a portarlo all’ordine del giorno del Comitato dell’Agricoltura che riunisce, ogni due anni, i Direttori generali dei Ministeri dell’Agricoltura dei 192 Paesi membri della Fao, tramite un documento introduttivo incentrato sull’interesse dei Paesi in via di sviluppo a praticare biologico puntando sull’aspetto economico dell’accesso ai mercati lucrativi. Quel documento, che scrissi a quattro mani con Kathleen Merrigan, Viceministro dell'agricoltura degli Stati Uniti durante la presidenza di Obama, fu approvato all’unanimità con la decisione di attivare un programma della Fao sul biologico. In quegli anni lavoravamo senza un budget ma siamo comunque riusciti a realizzare un programma di azione multi-disciplinare per l’agricoltura biologica grazie ai tanti giovani ricercatori che mi hanno aiutato volontariamente e la maggioranza silenziosa dei dirigenti. Dal 2001 sono stata alla guida del Programma prioritario per l’agricoltura biologica, uno dei 16 programmi trasversali finanziati dalla Fao, e per 10 anni siamo riusciti a portare avanti progetti di sviluppo della bioagricoltura in tutto il mondo e sviluppare strumenti normativi in linea con il Codex Alimentarius e l’Organizzazione Mondiale per il Commercio. Sfortunatamente, malgrado la grande richiesta da parte di molti paesi, donatori di fondi per lo sviluppo o beneficiari in via di sviluppo, eravamo in grado di realizzare solo alcuni progetti all’anno per carenza di personale».

Tra questi progetti ce n’è uno particolarmente significativo?

«Si, vorrei parlare di un progetto del 2006 molto interessante che coinvolgeva i governi di tre Paesi, il Butan, l’India e il Nepal e che, oltre al finanziamento Fao, beneficiava anche di un contributo esterno del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad). Il progetto che intendeva diffondere il biologico in questi paesi, andò bene da subito. In quegli anni, soprattutto in India, si era assistito ad un incremento dei suicidi dei contadini dovuti alla dipendenza delle sementi dalle multinazionali e in molti credevano che il riscatto potesse passare dal biologico. Ma forse farei meglio a dire dal biodinamico, perché quei contadini seguivano le fasi lunari e il calendario delle semine e, sotto la guida di Peter Proctor, neozelandese che ha dedicato vent’anni della sua vita a diffondere l’agricoltura biodinamica in India, utilizzavano le varie tecniche biodinamiche e in particolare il corno letame per migliorare la qualità del suolo. I risultati delle produzioni biodinamiche erano poi la cosa più sorprendente: la produzione di vaniglia certificata bio aveva un’infiorescenza fuori dal comune che si tramutava in oro quando veniva venduta sui mercati internazionali. Questo progetto che sulla carta era per il biologico, nella pratica, fu un progetto per la biodinamica. Ed il successo fu un successo empirico: in quelle realtà gli agricoltori, ma anche i formatori governativi, sposavano l’agricoltura biodinamica in maniera del tutto naturale. Il progetto poi si è bruscamente interrotto, ma ancora oggi in quei Paesi l’agricoltura biodinamica è in espansione, nonostante gli attacchi che l’agroecologia subisce ciclicamente. In Bhutan e nel Sikkim, le autorità hanno puntato a diventare 100% biologici e lo stato di Karnataka ha adottato il Zero Budget Natural Farming».

E in questo momento di che cosa si occupa?

«Oggi sono in pensione e collaboro come volontaria con diverse organizzazioni italiane e internazionali in progetti nei quali posso dare il mio contributo professionale: oltre alla mia collaborazione con l’Associazione per l’agricoltura biodinamica, sto lavorando con un’organizzazione tedesca, la “Tmg - Think tank for Sustainability” di Berlino, a un progetto sulla contabilità ambientale totale nella filiera dell’agroalimentare. Con l’Arizona State University, rinomata per il suo carattere innovativo, è in progetto invece un mio corso sull’ecologia alimentare, inoltre faccio parte della Commissione Internazionale per il futuro dell’Agricoltura e l’Alimentazione di Vandana Shiva, per la quale ho scritto la prefazione del suo ultimo libro “Agroecologia e crisi climatica” (Terra Nuova editore, ndr) e con la quale promoviamo la campagna globale “Per un cibo e un’agricoltura liberi da veleni entro il 2030”, a cui hanno già aderito settanta comuni italiani».

 

Biodinamici, appuntamento a Firenze. Ci sarà anche Nadia Scialabba - Ultima modifica: 2020-01-23T18:30:25+01:00 da Alessandro Maresca

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