«Bisogna definire il giusto prezzo a partire dei costi standard di produzione che gli agricoltori e allevatori bio devono sostenere e che sono inevitabilmente più alti rispetto al convenzionale e renderli trasparenti ai cittadini». È la prima richiesta della presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini lanciata in occasione dell’assemblea nazionale di FederBio svoltasi in casa Coldiretti, che ha visto l’approvazione del manifesto dei produttori del biologico, in rappresentanza di 50mila agricoltori biologici e biodinamici riuniti in sedici associazioni.
«I produttori agricoli biologici e biodinamici – ha incalzato – sono l’anello meno ascoltato e rappresentato della catena produttiva nonostante portino un valore aggiunto alla società poiché producono e proteggono beni pubblici essenziali, come suolo sano, agrobiodiversità e colture senza pesticidi, garantiti dal metodo bio. Il rischio è che il loro ruolo nella filiera agricola diminuisca, così come è già successo purtroppo nell’agricoltura convenzionale».
Mammuccini ha poi spiegato che l’obiettivo della sezione dei soci produttori è proprio quello di rafforzare il ruolo strategico dei 93.000 operatori e più di 82.000 produttori agricoli bio italiani: «A tal fine, è necessario garantire un giusto prezzo, i cui costi devono essere distribuiti equamente su tutta la filiera. Non è più possibile che, chi si prende cura del bene pubblico, paghi il prezzo di più caro in termini di mancato guadagno».
La presidente di FederBio ha quindi chiesto adeguate campagne di comunicazione per far comprendere al consumatore che a un costo maggiore corrisponde un valore maggiore delle produzioni.
Una commissione unica nazionale per definire i prezzi del biologico
I produttori di FederBio, per livellare questa disparità, chiedono di istituire una Commissione unica nazionale per definire i prezzi a partire dai costi reali del biologico che, come spiegato da Mammuccini, oltre a essere gravato oggi dalla certificazione che soprattutto nel primo anno è di alcune migliaia di euro, deve supportare il maggior carico di lavoro dovuto alla rinuncia a diserbanti, fitofarmaci e fertilizzanti chimici di sintesi.
Il macigno della burocrazia
«Il comparto bio – ha puntualizzato Mammuccini – è inoltre minacciato dal macigno della burocrazia. Infatti, l’83% delle aziende agricole fra quelle che - in controtendenza rispetto alla crescita complessiva - hanno deciso di lasciare negli ultimi anni il settore del biologico imputa questa decisione a eccessivi oneri burocratici e di certificazione. Attualmente, il sistema di certificazione è delegato a organismi privati accreditati, i cui costi gravano sugli operatori e, inevitabilmente, sui consumatori».
Frascarelli, biologico: «Abbandonare il mercato spot e puntare sull’aggregazione»
«L’agricoltore dovrebbe abbandonare il mercato spot, che non darà mai una remunerazione adeguata, e impegnarsi invece lungo la filiera con contratti e strutture associative per trasferire valore dalla produzione agricola al consumatore. Il consumatore - ha puntualizzato Angelo Frascarelli, Università degli studi di Perugia - chiede un prodotto salutare e basso impatto ambientale, ma soprattutto che il prodotto bio sia italiano».
I temi al centro del manifesto degli agricoltori bio
Il manifesto dei produttori è stato presentato dalla presidente di Coldiretti Bio Maria Letizia Gardoni e definisce le priorità del settore affinché possa rappresentare, anche in futuro, uno degli asset strategici del Made in Italy. Il documento è stato realizzato sulla base di incontri tra i soci produttori di FederBio e le associazioni che si sono confrontati sulla necessità di sostenere:
- il giusto prezzo per gli agricoltori,
- l’approccio integrato per favorire la circolarità anche per quanto riguarda l’autoproduzione dei mezzi tecnici e garanzie adeguate per quelli acquistati,
- la criticità del sistema di certificazione e il carico burocratico,
- la diffusione dell’allevamento bio come la vera alternativa per il superamento degli allevamenti intensivi.
D’Eramo: «Primo obiettivo è il marchio bio»
Il manifesto è stato firmato a margine dei lavori da FederBio, Coldiretti Bio, Anabio-Cia e dal sottosegretario Masaf Luigi D’Eramo, che ha indicato come primo obiettivo il marchio bio: «Un elemento in più, non solo come certificazione e credibilità, ma soprattutto come impulso per la ripresa definitiva per il consumo dei prodotti bio».
A sostenere a gran voce un marchio distintivo per il biologico italiano anche il segretario generale Coldiretti Vincenzo Gesmundo che nel sul intervento ha puntualizzato che: «Il bio italiano non deve confondersi con altri bio. È indispensabile raggiungere questo obiettivo e normarlo, sia in sede nazionale che comunitaria, è l’unica difesa possibile per i nostri agricoltori e le nostre produzioni».
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