Presso la Contrada Tacceto, situata nel comune di Casalduni in provincia di Benevento, sorge l’Azienda Agricola Biodinamica Terra di Briganti, condotta dai fratelli Romeo e Toni De Cicco e dalla moglie di quest’ultimo, Filomena Casbarra.
Romeo, con grande amore per la sua terra, racconta il territorio in cui l’azienda è inserita. «Il Sannio è una regione storico-geografica abitata dal popolo dei Sanniti tra il VII secolo a.C. e i primi secoli d.C. e che corrisponde a buona parte dell'attuale Molise, alla fascia meridionale dell'Abruzzo e alle aree nord-orientali della Campania. Nella provincia di Benevento abbiamo un territorio incontaminato, un’oasi dove regna la quiete e il paesaggio è intriso di storia. In prossimità della nostra azienda si coltivano prevalentemente viti e olive, ma c’è una forte attenzione alla tutela del territorio».
Una tradizione di famiglia
Terra di Briganti è stata fondata nel 2001, sui terreni di nonno Giuseppe e di nonno Luigi, detto “il bersagliere” per il suo passato di soldato, ma che faceva il vignaiolo oltre a svolgere l’attività di mastro bottaio in una antica cantina scavata nel tufo. Anche il padre di Romeo e Toni produceva uva, che però veniva venduta alla cantina sociale della zona e questo fino a quando i due ragazzi, quasi trentenni, non decisero dedicarsi all’attività di produzione di vino spinti da una passione ereditata dalle 2 generazioni precedenti. Prima di intraprendere questa impresa, però, decisero di andare a visitare i vigneti e le cantine del nord Italia per farsi un’idea di quali fossero i metodi e le tecniche più innovative.
«L’allevamento originario delle nostre viti era a raggiera, che consentiva una maggiore produzione di uva, ma noi decidemmo di cambiare gli impianti e trasformarli con filari a Guyot che contengono circa 2500 viti per ettaro e che sono caratterizzati da filari disposti a circa 2,5 m tra loro e con una distanza, tra una vite e l’altra, di 1,5 m - afferma Romeo De Cicco -. Questo tipo di allevamento produce meno uva del precedente ma la qualità è molto più alta. In un nuovo impianto, dove coltiviamo il Fiano, abbiamo accorciato la distanza tra le viti arrivando a 1 metro in modo tale da avere 4500 viti per ettaro. Il vino che ne deriva, chiamato “Nato Nudo”, riesce a stare sotto i 10 mg/l di solforosa totale e quindi può essere venduto con la dicitura “senza solfiti aggiunti”. Ne siamo molto orgogliosi».
Passaggio al bio
I due giovani tornarono anche con l’idea di iniziare da subito a produrre vino biologico e quindi, dopo 3 anni dedicati alla conversione, nel 2004 raggiunsero la certificazione biologica europea.
«Non ci piaceva come venivano utilizzati i prodotti per le vigne, che venivano proposti e impiegati anche se non erano necessari ai nostri bisogni, ma con il solo obiettivo di aumentare i quantitativi di uva. - continua Di Cicco -. E poi, visto che siamo noi in prima persona ad andare a fare le lavorazioni in vigna, perché avremmo dovuto mettere veleni che avrebbero compromesso l’integrità ambientale nelle nostre terre, oltre al fatto che saremmo stati noi i primi a respirarli?».
Qualche anno dopo, nel 2013 sentirono parlare della biodinamica e, mossi dal desiderio di migliorare, iniziarono a studiare e a frequentare i corsi promossi dall’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica fino a raggiungere nel 2017 la certificazione biodinamica Demeter.
«In questo percorso - spiega Di Cicco - è stato molto importante l’apporto della sezione Campania dell’Associazione Biodinamica che è composta da agricoltori che ci hanno trasmesso la loro grande passione e ci hanno aiutato ad applicare il metodo con rigore. E i risultati sono stati incredibili. Il biologico ti dice che devi rispettare la terra, ma è il biodinamico che ti spiega come fare per realizzare questo rispetto; è il biodinamico che ti chiede di avere siepi spontanee e muri di pietre a secco intorno alle vigne, è il biodinamico che ti spiega l’importanza di tutti gli animali che ci sono nell’ecosistema. Noi oggi abbiamo uccelli che nidificano nelle vigne grazie al fatto che usiamo il meno possibile i trattori, un cingolato e un gommato, solo quando strettamente necessario e, ormai, non spargiamo più i “veleni” che li allontanerebbero. Al massimo usiamo quantità limitate di rame e di oli essenziali di arancia, per combattere la peronospora, e di zolfo, per combattere l'oidio. C’è una coppia di falchi che mi segue, le rare volte che uso il ripper, con la speranza che io faccia uscire dal terreno qualche loro preda. Quello che oggi abbiamo capito è che noi umani non dobbiamo disturbare gli esseri che vivono nell’ecosistema perché noi non siamo i padroni della terra, ma siamo ospiti della natura».
Introduzione di api e mucche
Per incrementare la biodiversità Terra di Briganti ha deciso che dalla prossima primavera si doterà di un allevamento di api e di un paio di mucche. Quest’ultime in particolare per poter produrre il letame necessario per la concimazione come richiesto dai disciplinari Demeter.
«Attualmente a maggio facciamo il cumulo per il compost con il letame preso presso un allevamento di vacche biologico del Sannio - continua Di Cicco -. Prima di prelevarlo, facciamo un’analisi del letame presso un laboratorio per assicurarci che non ci siano sostanze chimiche inquinanti e per avere l’autorizzazione al trasporto. Arrivato in azienda viene allestito il cumulo di 1 metro di altezza x 1,5m di larghezza e 10 m di lunghezza a cui vengono aggiunti i preparati biodinamici da cumulo. Quando a metà ottobre apriamo il cumulo quello che ne esce è vero e proprio humus che ha l’odore di terra e che noi distribuiamo nelle nostre vigne solo dove ce n’è bisogno. Perché un agricoltore deve conoscere e osservare costantemente la propria terra per sapere dove è necessario intervenire. E non esiste una ricetta che vale per tutti, perché ogni terra ha le sue peculiarità».
Vinificazioni monovitigno
Terra di Briganti si estende per circa 7 ettari sulle colline del Sannio, con vista sul massiccio del Taburno, a circa 350m slm. Il fiume Calore, che scorre nella vallata, rende molto fertile il terreno caratterizzato da una struttura calcareo argillosa. Dei 7 ettari, 1 è lasciato a bosco, 2 sono destinati a uliveto della varietà Ortice, una varietà tipica delle colline beneventane con caratteristiche qualitative molto elevate, e 4 ettari sono dedicati ai vigneti (Falanghina, Fiano, Sciascinoso e Aglianico).
«Le nostre vinificazioni sono tutte al 100% monovitigno per poter esprimere al meglio le caratteristiche intrinseche di ogni tipologia di uva - spiega Di Cicco -. Siamo tra le poche aziende che fanno lo Sciascinoso in purezza e coltiviamo questo vitigno che è originario delle nostre zone. Siamo riusciti a trovare lo Sciascinoso grazie a un viticoltore che voleva disfarsi di un’antica vigna; noi abbiamo preso dei rametti e con l’aiuto di un vivaio siamo riusciti ad avere delle nuove piante che oggi producono un rosso delicato, giovane, senza tannini, in cui si avvertono sentori di viola».
Lavorazioni e preparati
Tra le più importanti lavorazioni in vigna, Terra di Briganti, dopo la vendemmia, effettua un passaggio con il ripper o la vangatrice per preparare il terreno alla semina del sovescio composto da fave, orzo, lupino, avena, loietto e trifoglio, un mix di piante che catturano fosforo, azoto e potassio.
Queste piante svolgono un triplice compito: durante l’inverno trattengono il terreno dal rischio di dilavamento dovuto alle piogge, grazie al loro equilibrato mix non permettono alle malerbe di crescere e, durante la primavera, prima della fioritura, una volta trinciate e interrate, apportano sostanza organica al terreno. Ogni anno poi, insieme agli altri soci della sezione Campania dell’Associazione Biodinamica, a rotazione, viene preparato e interrato il cornoletame che poi, in primavera, viene dissotterrato, dinamizzato in acqua e spruzzato nelle vigne. Sempre con i colleghi dell’associazione viene allestito anche il cornosilice che, a fine primavera, dopo essere stato disciolto in acqua e dinamizzato, viene spruzzato sulle piante e che grazie ai micro cristalli che vanno sulle foglie rafforza le viti in maniera naturale.
Strutture a basso impatto
La cantina, iniziata nel 2001, negli anni successivi è stata ingrandita per soddisfare il fabbisogno produttivo aziendale. Oggi, in media, sono 30mila le bottiglie prodotte in un anno, anche se questo numero può variare a seconda delle condizioni metereologiche. La produzione viene venduta per il 50% all’estero e principalmente in Giappone, Usa, Belgio, Cina, Svizzera e Germania. Il restante passa per il mercato italiano attraverso la distribuzione in ristoranti ed enoteche.
E per ridurre il proprio impatto sul territorio, Terra di Briganti si è dotata di 3 impianti fotovoltaici (sulla cantina e sulle abitazioni), con batterie di accumulo, per produrre l’energia necessaria al fabbisogno della cantina e ridurre le emissioni di CO2.
Per diminuire l’utilizzo di materie prime vengono utilizzate bottiglie composte di vetro più leggero rispetto a quelle abituali e i cartoni sono prodotti con carta riciclata, e per la depurazione degli scarichi idrici dei lavaggi dei serbatoi utilizzati per il processo produttivo in cantina è stato creato un impianto di fitodepurazione che funziona grazie a piante che assorbono e purificano l’acqua di scarto.
«Questi interventi - conclude Romeo Di Cicco - servono per chiudere il ciclo, perché non dobbiamo fare nulla che comprometta l’ambiente che ci circonda. Noi di Terra di Briganti cercheremo di andare sempre avanti, migliorandoci, nel rispetto della terra che ci ospita».