Il cambiamento climatico in atto e gli stravolgimenti dei cicli colturali che ne conseguono rendono necessari interventi agronomici atti a ripristinare l’equilibrio vegeto-produttivo la cui alterazione tende a ridurre la resa e la qualità delle colture.
I biostimolanti, inseriti nella normativa europea sui fertilizzanti recentemente approvata, sembrano essere uno dei mezzi tecnici più interessanti far fronte a questa situazione, ma questi prodotti continuano a far discutere gli addetti ai lavori.
Se n’è parlato nel convegno organizzato da Agrinet 2000, in occasione del Macfrut, nel corso del quale diversi imprenditori agricoli ed esperti del settore hanno portato la loro esperienza.
Assieme all’agricoltura di precisione
Quasi tutti si sono dichiarati favorevoli all’uso dei biostimolanti, a iniziare da Massimo Salvagnin dell’azienda Porto Felloni Orticole Industrie di Ferrara, un’azienda nella quale si usano questi prodotti in abbinamento all’agricoltura di precisione praticata in azienda con successo ormai da 20 anni. Salvagnin ha evidenziato però che i biostimolanti sono prodotti estremamente tecnici che «per essere efficaci devono essere conosciuti bene e utilizzati nella maniera appropriata».
Molto soddisfatto anche Giuseppe Rizzi dell’OP Agritalia Uva da tavola di Barletta che con i biostimolanti ha combattuto con efficacia gli stress termici delle colture e grazie a questi è sempre riuscito a fornire alla gdo un prodotto di qualità.
«Grazie ai biostimolanti - ha raccontato invece Giuseppe Brafa della OP Colledoro Orticole di Ragusa - siamo stati in grado di far superare alla pianta i momenti critici quando questi si sono presentati». Applicazioni preventive, secondo Brafa, aiuterebbero la pianta a rispondere bene in particolare quando questa si trova in condizioni "sub-ottimali".
Riduzione dello stress da diserbo
Massimiliano Cenacchi del Coprob Barbabietola ha evidenziato che i biostimolanti, se utilizzati correttamente favoriscono «il riequilibrio della fisiologia della barbabietola e il mantenimento della polarizzazione». Da segnalare, per Cenacchi, anche l’uso dei biostimolanti assieme agli erbicidi per sostenere lo stress da diserbo che in certi casi la barbabietola da zucchero può subire
Maggiore efficienza nutrizionale, tolleranza agli stress e miglioramento della qualità sono i vantaggi evidenziati in prove su pomodoro da mensa effettuati dall’Università di Napoli come ha riferito Youssef Rouphael.
Ma Rouphael è andato anche oltre, ricordando che presto potremmo avere anche una categoria di Biostimolanti 2.0 (anche se poi gli stessi 1.0 non sono ancora del tutto definiti...) ad effetti multipli, magari mixando componenti microbici e non microbici.
Nell’azienda Rullodor di Valencia (Spagna), come ha raccontato José Alcover, hanno iniziato a usare i biostimolanti due anni fa , in particolare su cachi, kiwi, pesche e nettarine. «Fra i risultati riscontrati - afferma Alcover - pezzature più grandi e forte riduzione dell’uso di agrofarmaci. In particolare abbiamo drasticamente ridotto la quantità dei funghi che attaccavano il kiwi».
Serve più chiarezza
Voce fuori dal coro, invece, quella di Davide Vernocchi di Apo Conerpo Ortofrutta di Bologna. «Secondo i miei tecnici - ha detto Vernocchi - i biostimolanti rappresentano una grossa opportunità ma ritengono anche che su di essi ci sia molta confusione. Dovrebbero quindi essere studiati con molta attenzione, anche perché non sempre danno continuità...».
«Li abbiamo utilizzati nel trapianto e nella fioritura per mantenere l’equilibrio della pianta - continua - con buone esperienze, ma non riteniamo consolidati i risultati ottenuti».
Giuseppe Colla, dell’Università della Tuscia, ha ricordato che spesso il fallimento di un trattamento con biostimolanti è la conseguenza di un’azione non ragionata. Inoltre la ripetibilità dei risultati non è garantita da prodotti che da un lotto all’altro non risultano mantenere la loro specifica composizione.
Inoltre, come ha spiegato Davide Bernabè di Agrinet 2000, l’azione dei biostimolanti è legata a fattori sia interni che esterni alla pianta ed è quindi molto impegnativo predisporre protocolli di prova che garantiscano una accettabile ripetibilità.
Nell’ambito della nutrizione
Ha concluso l’incontro Lorenzo Gallo, presidente del Gruppo Fertilizzanti Specialistici di Assofertilizzanti-Federchimica.
«I biostimolanti stanno ai fertilizzanti come gli integratori alimentari stanno agli alimenti ed è per questo che nella normativa sono stati associati alla nutrizione» ha spiegato Gallo.
Gallo nell’occasione, riportando i dati Ebic (l’associazione europea dei produttori di biostimolanti), ha detto che i biostimolanti possono aumentare l’efficienza dell’uso dei fertilizzanti dal 5 al 25%. Col solo 5%, in tutta la Ue si avrebbe una riduzione di 550mila tonnellate di azoto, che ogni anno vengono perse nell’ambiente. Questo, secondo l’Ebic, potrebbe portare a un risparmio di 164 milioni di euro/anno (ipotizzando un prezzo medio di 300 €/t di azoto) migliorando la redditività dell’azienda agricola e la competitività.
Il mercato mondiale dei biostimolanti è in rapida espansione. Secondo i dati Dunham Trimmer nel 2017 aveva raggiunto i 2 miliardi dollari che dovrebbero diventare 3, secondo le proiezioni, nel 2021. Una crescita importante se si pensa che solo nel 1991 il mercato dei biostimolanti si aggirava sui 100 milioni di dollari.
(Bruno Caio Faraglia del Mipaaft, che avrebbe dovuto approfondire gli aspetti normativi dei biostimolanti, non è riuscito a partecipare all’incontro essendo impegnato in una missione all'estero)