Prendiamo atto (in fretta) del climate change

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Nell'editoriale di Terra e Vita n. 21/2025 Massimo Crespi invita le aziende agricole a prendere atto del cambiamento climatico e ad utilizzare le informazioni disponibili per cercare di mitigarne gli effetti

Il Pil del comparto agroalimentare è il 25% di quello nazionale. In una visione economica di carattere generale, il mondo agricolo incide in modo significativo anche sulla coesione sociale, con una primaria presenza nell'area dei cosiddetti “servizi senza prezzo” per la comunità: presidio anche fisico dei territori, conservazione dei retaggi culturali, mantenimento delle cinture verdi. Questo gestore delle terre, dei paesaggi e delle loro stratificazioni, assume oggi un ulteriore ruolo di elevata responsabilità, che consiste nella guida del territorio verso il nuovo assetto cui ci sta spingendo il climate change.

Tra i primi testimoni diretti di quanto la comunità scientifica annunciava da anni, il settore agricolo è chiamato a una sfida verso la quale è estremamente vulnerabile e priva di intermediazioni.

È quindi importante anzitutto prenderne atto e reagire senza polemiche e con grande pragmatismo a una transizione che ormai non è più tale, ma si configura come un danno fisico in essere, tanti sono gli impatti climatici devastanti che si susseguono quasi senza pausa.

Nonostante questa pressione, la cultura del rischio entra a fatica nelle aziende, soprattutto se piccole, ma essa rappresenta uno degli strumenti chiave per difendere il reddito, sia direttamente, attraverso le assicurazioni e le mutue, sia aprendo a una visione imprenditoriale più accorta, che spazia dalla difesa attiva alle riconfigurazioni produttive.

In questo, l'Italia vanta uno dei sistemi di gestione del rischio in agricoltura più avanzati d'Europa, un'esperienza cinquantennale cui vanno ad attingere le assicurazioni stesse per attuare le polizze climatiche obbligatorie, ad esempio, nel settore immobiliare, oi governi quando danno vita alle Agenzie per mitigare le catastrofi naturali in agricoltura o estendono l'assicurazione alle Pmi.

L'applicazione di questi strumenti è oggi possibile perché la tecnologia ha superato i due problemi che finora limitavano l'utilizzo delle conoscenze meteoclimatiche.

Il primo era rappresentato dalla carenza di dati rappresentativi, cioè di qualità, precisi, condivisibili, in grado di sostenere la pressione del contratto assicurativo sia da parte della compagnia che dell'assicurato. Oggi esiste una rete nazionale e coordinata di dati meteorologici certificati, ufficiali e rispondenti ai requisiti della Wmo (Organizzazione meteorologica mondiale) dell'Onu.

Il secondo era rappresentato dal disallineamento tra gli scenari climatici proposti dai grandi regolatori, come l'Ipcc (Intergornmental panel for the Climate Change) dell'Onu e il modo della ricerca scientifica, rispetto alle esigenze tecnologiche necessarie per operare in un contesto industriale, fornendo quindi proiezioni e servizi di carattere più quantitativo e dettagliato.
Oggi, grazie a una particolare tecnologia che si definisce analisi retrospettiva o rianalisi meteorologica, e grazie a consistenti dosi di intelligenza artificiale, le informazioni vengono fornite su di un piano di astrazione, una sorta di vassoio, sul quale ognuno può trovare ciò che gli serve.

In questo settore l'Italia dispone di un patrimonio di conoscenze e di esperienze molto avanzato al quale possono attingere tutti: organizzazione di categoria, associazioni, compagnie, regolatori, gestori del credito, tecnici, ma anche e soprattutto gli agricoltori

poiché tutta questa informazione è organizzata in modo tale da soddisfare le diverse esigenze che possono scalare dalla programmazione territoriale di ampio respiro fino al dettaglio aziendale specifico per la scelta colturale, irrigua o agronomica.

Prendiamo atto (in fretta) del climate change - Ultima modifica: 2025-10-31T08:17:05+01:00 da Simone Martarello

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