«Cominciamo a trinciare domani. Il prodotto è bello, l’abbiamo irrigato una volta, massimo due per alcuni appezzamenti. Il mais da granella, invece, è cresciuto in asciutta, complice una pioggia arrivata al momento giusto. È un anno difficile, ma dovrebbe comunque avvicinarsi alle 10 t/ha, con un costo di irrigazione – economico e ambientale – pari a zero». Sarebbe un normale bilancio della stagione, se non fosse per la data in cui viene stilato: 18 luglio, praticamente un mese prima di quando, solitamente, si inizia a raccogliere l’insilato. «È così: il 19 entriamo con la trincia e per fine luglio non ci sarà più una pianta in campo», conferma l’agricoltore.
Una scelta alternativa
Lui è Alex Cerioli, cerealicoltore e allevatore di Viadana (Mn), titolare di una bella azienda da 380 ettari, di cui 250 a mais, nonché di una seconda azienda vitivinicola in provincia di Parma. Riguardo al mais ha fatto, ormai sei anni fa, una scelta radicale e, secondo alcuni, folle: sostituire le varietà comunemente usate in Pianura Padana con ibridi precoci, che permettano la raccolta tra l’ultima decade di luglio (insilati) e la seconda di agosto (granella destinata all’allevamento aziendale di suini). Parliamo di classe 300 per il prodotto da granella, 200 per quello da trinciare.
Visto che abitualmente semina ai primi di aprile, in pratica il mais di Cerioli resta in campo tre mesi e mezzo o poco più, durante i quali, sostiene l’agricoltore, ha comunque il tempo di accumulare massa, fibra e soprattutto amido. «Il vantaggio – anzi uno dei vantaggi – è appunto la percentuale di amido, che secondo i nostri rilievi, è fino al 2,5% superiore rispetto a un insilato di mais tardivi. Questo perché la spiga ha, sul totale della pianta, una rilevanza maggiore rispetto a quanto accade per un tardivo».
Esperimento riuscito
«Provai a seminare mais precoci cinque o sei anni fa, essenzialmente per un problema di tempo e manodopera: avendo poco personale, mi trovavo ogni anno a rincorrere le irrigazioni per tutto il mese di luglio e agosto. Fare cinque irrigazioni a pioggia su 250 ettari di mais è un tour de force improponibile. E per cosa, mi sono chiesto? Allora ho provato un precoce o due e in pochi anni ho convertito tutta la superficie».
I risultati sono stati subito incoraggianti e sono via via migliorati. «Gli ibridi precoci producono meno dei tardivi, è vero, ma la differenza non è ampia come si crede: si pensa producano poco perché di solito si usano nei terreni marginali. Impiegati normalmente hanno un deficit di resa che difficilmente supera il 10% e non va mai oltre il 12%. Questo a fronte di una netta riduzione dei costi».
Vincenti sulle spese di coltivazione
Secondo Cerioli il contenimento delle spese rende i mais precoci convenienti rispetto ai tardivi. «Partiamo dalle irrigazioni. Ne faccio una, massimo due per stagione, contro le cinque che facevamo prima. Questo perché i precoci sviluppano in fretta e hanno la massima necessità di acqua tra maggio e giugno quando solitamente, anche in anni disastrosi come questo, un po’ di pioggia cade. Quando arrivano il caldo e la siccità estive, hanno la spiga già formata e a fine luglio vanno in trincea, per cui si risparmiano tutte le irrigazioni del periodo tra il 15 luglio e la metà di agosto».
Il bilancio, continua l’agricoltore, è inappellabile. «Nel 2020, per fare l’esempio di un anno abbastanza piovoso, con 150 quintali di gasolio ho irrigato 380 ettari di Sau, di cui 250 di mais. Praticamente abbiamo fatto una singola irrigazione sul 40% massimo della superficie. Mediamente, da quando faccio mais precoci ho un risparmio su acqua e costi energetici annessi che va dal 70 all’ottanta per cento».
Raffronto costi di produzione mais irriguo |
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Voce | Azienda tipo | Azienza Cerioli | |
Irrigazione * (€/ha) | 1.100,00 | 330,00 | |
Essiccamento (€/ha) | 330 | 165 | |
Resa media (t/ha) | 12,5 | 11 |
* Calcolo fatto su 5 irrigazioni per mais tardivi a un costo unitario di 220 €/ha e su nr 1,5 irrigazioni per mais precoce |
Costi di essiccazione più bassi
Un vantaggio significativo e soprattutto non è il solo: «Siccome i mais precoci arrivano a maturazione più in fretta e sono raccolti in piena estate, i costi di essiccamento scendono in modo evidente, fino a raggiungere gli 1,5 euro per quintale. Un altro aspetto da considerare – continua Cerioli – è la qualità del prodotto: dal momento che la chiusura della cariosside è rapida, si ottieme una granella con un alto contenuto di vitamine e proteine e soprattutto esente da tossine».
La sicurezza alimentare, secondo l’agricoltore mantovano, è uno degli aspetti più interessanti di questa tecnica: l’anticipo di raccolta evita la formazione di micotossine e fornisce un mais sano e appetitoso, mentre un prodotto raccolto in autunno, dopo forti stress idrici, rischia di essere inutilizzabile in stalla e scarsamente apprezzato in porcilaia. «La trebbiatura in pieno agosto, inoltre, fa in modo che la granella sia disponibile nel momento in cui i suini soffrono maggiormente il caldo e quindi contribuisca a mantenere un po’ il loro appetito».
Una tecnica semplice
Non ci sono grandi misteri nella tecnica di coltivazione di Cerioli, per cui la sintetizziamo in poche righe. «La semina avviene tra fine marzo e inizio aprile: inutile anticipare, meglio aspettare le migliori condizioni di riscadamento del terreno e illuminazione. Facciamo minima lavorazione e concimazione standard localizzata con digestato e concime minerale, anche se negli ultimi anni abbiamo ottenuto eccellenti risultati con le micorrizze.
Il mais ha una partenza molto forte, appena nato cresce rapidamente, sfruttando anche le piogge primaverili. Grazie alle temperature generalmente accettabili, mantiene bene il verde e nell’ultima decade di luglio è pronto per la trinciatura, con un 36-38% di sostanza secca. Passati altri dieci giorni va in essiccamento in quanto ha chiuso il suo ciclo e quindi attorno a Ferragosto è pronto per la raccolta della granella, prima che la traspirazione fogliare porti la pianta a uno stress idrico costante».
La produzione, secondo l’esperienza di Cerioli, è inferiore del 10% circa rispetto a un mais tardivo, ma il risparmio sui costi compensa ampiamente il calo produttivo. «Ogni cerealicoltore può fare il calcolo in base ai suoi costi, togliendo almeno il 70% delle spese generali di irrigazione e non andando oltre i 200 euro per ettaro di essiccamento. Il resto delle spese non cambia. Nella mia azienda ho calcolato un risparmio compreso tra i 600 e i 700 euro per ettaro. Con in più il vantaggio di non passare l’estate a rincorrere gli irrigatori: anche la qualità della vita di chi coltiva ha un suo valore».
Una stagione difficile
La prova del nove, per una tecnica così diversa dall’usuale, è stata, se vogliamo, la terribile campagna 2022, con piogge totalmente assenti anche in primavera e temperature ben oltre i 30 gradi da maggio in poi. «Siamo comunque soddisfatti delle scelte fatte: avremo sicuramente produzioni in calo, ma se al 25 luglio dovesse finire l’acqua, il nostro mais sarà tutto in trincea. Forse sarà poco, ma il raccolto lo portiamo a casa».
Il vero problema in questa stagione, continua Cerioli, è stata la tromba d’aria di inizio luglio, un evento catastrofico che ha colpito sud Lombardia ed Emilia. «Un handicap oggettivo dei precoci è la scarsità di lignina, che facilita l’allettamento. Parliamo di un 60% di superficie a terra contro il 10% di un tardivo, in caso di eventi estremi.
Infatti subito dopo la tromba d’aria abbiamo dovuto trinciare un campo in cui le piante erano quasi tutte spezzate. È però il solo difetto che riscontriamo in una scelta che, sicuramente, continueremo a fare, a maggior ragione in stagioni sempre più siccitose. Sono convinto che di fronte al cambiamento climatico il modo di fare agricoltura debba essere ripensato. Che senso ha seminare mais di classe 700, che richiedono irrigazioni di stile tropicale, quando l’acqua, come vediamo bene quest’anno, non c’è più?».