Bastano due righe inserite, forse per sbaglio, in un decreto a salvare la filiera della canapa? In pieno agosto il Ministero delle Politiche agricole ha infatti pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto N.9021184 del 23/07/2020 (ne abbiamo parlato qui).
Un decreto “secondario”, anzi “quaternario”
Un provvedimento legislativo apparentemente secondario. Si tratta infatti del quarto elenco di prezzi unitari massimi di produzioni agricole applicabili per la determinazione dei valori assicurabili al mercato agevolato e per l’adesione ai fondi di mutualizzazione nell’anno 2020.
Il valore assicurabile
Accanto ai valori del Pellagrello e del Kerner (vitigni autoctoni), dei fagioli rampicanti e
dell’aglio da seme compaiono anche tre prodotti elencati come pianta officinale: verbena parta aerea, radice di bardana e, per l’appunto, le infiorescenze di canapa per uso estrattivo. Il prezzo massimo indicato, 65,36 €/110 kg è un terzo di quello della verbena, ma il problema non è questo.
Sulla canapa la “mazzata” della Cassazione
La sentenza della Corte di Cassazione sezioni riunite dello scorso 30 maggio 2019 ha infatti ribadito che la commercializzazione di foglie, infiorescenze, resina e olio di Canapa sativa è illegale alla luce di quanto indicato dal Dpr 309/1990 (Testo unico sugli stupefacenti). Un’interpretazione apparsa subito molto restrittiva alla luce della Legge quadro 242/2016, che mira proprio a favorire la filiera della canapa e che ha autorizzato la coltivazione senza autorizzazione di specifiche varietà di canapa caratterizzate da un limite di Thc inferiore allo 0,2%.
Stop alle infiorescenze nonostante il Thc prossimo a zero
Un limite che, in pratica, avrebbe dovuto togliere qualsiasi ombra su questa coltura, considerando che il limite “drogante” considerato dalla giurisprudenza è pari allo 0,5%. La Cassazione non è stata di questo avviso e dopo il suo intervento era rimasta di fatto la limitante possibilità di commercializzare solo semi, farine e olio Cbd per usi alimentari o estetici.
Sdoganato l’uso alimentare?
Almeno fino al decreto estivo. Secondo Giacomo Bulleri, consulente legale di Federcanapa, la menzione in questo Dm dell’infiorescenza della Canapa sativa, destinata ad usi estrattivi, tra le piante officinali «basta a ritenere che essa non costituisca una sostanza stupefacente».
Il vero valore è nei fiori
La questione è molto importante perché le infiorescenze, fino a quando potevano essere commercializzate, sostenevano in virtù di un prezzo elevato dalla forte domanda l’espansione di una coltura arrivata a oltre 4mila ettari.
Secondo l’ interpretazione di Bulleri tale indicazione, non smentita, basta a fare rientrare le infiorescenze sia nella disciplina della legge quadro 242/2016 sulla canapa industriale che in quella del D.lgs 75/2018 che costituisce il Testo unico in materia delle piante officinali.
Canapa, una nuova officinale?
Il problema è che l’elenco delle specie considerate officinali non è mai stato pubblicato e nelle bozze che circolano da parecchio tempo al Mipaaf il nome della Canapa sativa non viene speso.
Di fatto la filiera continua ad essere sospesa, attaccata a queste poche contestate righe di un decreto probabilmente nato sbagliato. Un vero peccato viste le proprietà alimentari, agronomiche e anche ambientali (la canapa ha alte capacità di bioremedation di suoli contaminati) di questa coltura.
Sicurezza normativa cercasi per la canapa
La speranza è che il decreto sui valori delle colture assicurabili non venga derubricato ad “errore agostano”, ma offra lo spunto per dare finalmente sicurezza ad una coltura e a una filiera con ottime prospettive, chiarendo finalmente i contorni normativi relativi ai livelli massimi di Thc ammessi negli alimenti e la possibilità di trasformare già nella fase agricola anche le infiorescenze delle varietà di canapa autorizzate.
Speciale canapa, leggi tutti gli articoli pubblicati sul nostro sito su questo argomento