La Puglia è terra di colture frutticole tropicali?

    puglia colture tropicali
    Frutti di mango, una delle colture frutticole tropicali proposte come alternativa per il Salento all'olivo
    Da alcuni anni cresce la spinta a introdurre in Puglia, e soprattutto in Salento, alcune colture frutticole tropicali. Ma le valutazioni sono discordanti

    Gli effetti evidenti dei cambiamenti climatici, caratterizzati in Puglia soprattutto da temperature più elevate della norma stagionale, assenza di piogge e siccità continua, e la desertificazione conseguente all’infezione da Xylella in larga parte della Puglia centro-meridionale stanno solleticando da alcuni anni gli agricoltori a tentare la strada delle colture frutticole tropicali. Una strada, beninteso, già intrapresa nei decenni scorsi, e con esito negativo, ma adesso presentata da alcuni come più facilmente percorribile.

    Coldiretti Puglia punta sulle colture frutticole tropicali

    Savino Muraglia
    Savino Muraglia

    Coldiretti Puglia sostiene, per voce del presidente regionale Savino Muraglia, che «la Puglia registra una impennata sia dei consumi sia delle coltivazioni di colture frutticole tropicali come avocado, mango e bacche di Goji (…). È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Puglia, sulla base di uno studio condotto da un team di analisti del Mordor Intelligence, un fenomeno esploso per gli effetti del surriscaldamento determinati dalle mutazioni del clima e destinato a modificare in maniera profonda i comportamenti di consumo nei prossimi anni, ma anche le scelte produttive delle stesse aziende agricole.

    Anche a seguito dei cambiamenti climatici in atto e alla tropicalizzazione si è passati in Puglia da pochi ettari piantati con i superfrutti esotici a oltre 500 ettari con un incremento esponenziale negli ultimi anni. Il fenomeno della frutta esotica in Puglia, spinto anche dall’impegno di tanti giovani agricoltori, è un esempio della capacità di innovazione delle imprese agricole pugliesi nel settore ortofrutticolo che troppo spesso viene però ostacolata da un ritardo organizzativo e infrastrutturale».

    Muraglia: «Speranze soprattutto nell’avocado»

    Avocado
    Frutti di avocado

    L’avocado, in particolare, aggiunge Muraglia, è un frutto tropicale che ha trovato nel clima del Sud Italia un perfetto habitat a cui adattarsi.

    «A Castellaneta (Ta) sono state piantumate altre 32mila piante di avocado, mentre in Salento si parla di 100mila piante di avocado e 8mila piante di mango e altrettante piante di lime, mentre fanno capolino timidamente le coltivazioni di banane 100% made in Puglia.

    Il segmento di mercato della frutta esotica sta crescendo vertiginosamente considerato che oltre sei consumatori su 10 (61%) acquisterebbero banane, manghi, avocado tricolore se li avessero a disposizione invece di quelli stranieri, secondo un sondaggio Coldiretti-Ixè. Il 71% dei cittadini sarebbe inoltre disposto a pagare di più per avere la garanzia dell’origine nazionale dei tropicali. Una scelta motivata dal maggiore grado freschezza ma anche dal fatto che l’Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,8%), quota inferiore di 1,6 volte alla media dell’Unione Europea (1,3%) e di ben 7 volte a quella dei Paesi extracomunitari (5,5%)».

    Il parere della SOI sulle colture tropicali in Puglia

    Luigi Catalano
    Luigi Catalano

    La proposta di coltivare specie fruttifere tropicali nel Salento era già stata avanzata dalla Società di ortoflorofrutticoltura italiana (Soi) nel corso di una audizione in Commissione agricoltura della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sull’emergenza legata alla diffusione della Xylella in Puglia.

    In tale occasione Luigi Catalano, agronomo pugliese, portavoce della Soi, sostenne che per il futuro agricolo del Salento «dobbiamo scegliere specie non vietate e in base alla vocazione dei territori, che potrebbero ospitare colture, anche alloctone, come quelle tropicali, ad esempio mango e avocado. L’Italia sta già sviluppando progetti felici in Sicilia, Calabria e anche in Basilicata. Dobbiamo dare una prospettiva di sviluppo e produzione che non sia intralciata dalla problematica della Xylella».

    L’esperienza della Cairo & Doutcher di Copertino (Le)

    Uzi Cairo
    Uzi Cairo

    Testimone di tale tendenza sembra essere l’imprenditore agricolo Uzi Cairo, titolare della Cairo & Doutcher e leader europeo nella produzione di melograno (detiene il brevetto di due varietà), che a Copertino (Le) già dal 2018 ha avviato le prime coltivazioni in Puglia di mango, avocado e altri frutti esotici per sostituire, su tre ettari, gli olivi infettati dalla Xylella.

    «Non avrei mai immaginato di veder crescere nelle nostre campagne, che per secoli hanno ospitato oliveti e vigneti, colture tropicali. Favorita anche dai cambiamenti climatici degli ultimi decenni, la Cairo & Doutcher oggi produce cinque varietà di mango e altrettante di avocado, nonché bacche di Goji, mele Odem e Finger lime. A mio avviso la coltivazione di avocado può rappresentare il futuro della Puglia, che, grazie a nuove varietà molto produttive, può raggiungere i livelli di produzione di Spagna e Israele».

    Il professor Godini: «Colture tropicali nel Salento? No»

    Angelo Godini
    Angelo Godini

    In un articolo scritto nel 2018 il compianto professor Angelo Godini, già docente di Coltivazioni arboree presso l’Università di Bari, si dichiarava invece nettamente contrario alla proposta di introdurre in coltura specie fruttifere tropicali, per ricostituire ambiente e agricoltura del Salento devastato da Xylella. Dopo aver accennato a un’identica proposta, risalente alla metà degli anni 80 del secolo scorso, condivisa da Michele Bellomo e Paolo Perulli, allora rispettivamente assessore e coordinatore regionali all’Agricoltura, insieme con Massimo Bartolelli, ‎economista dell‎'‎Università di Bari, e risoltasi in un fallimento, Godini si soffermava sulle reali necessità climatiche delle colture fruttifere tropicali

    «A proposito di clima, – scriveva – ricordo che quello adatto per le specie di cui stiamo scrivendo è il clima tropicale, definito da Köppen e Geiger come quello presente nella fascia del globo terracqueo compresa tra ‎l’equatore e i tropici del cancro e del capricorno, cioè tra 0° e 23° di ‎latitudine sud e nord. In quella fascia, in tutti i mesi dell’anno la ‎temperatura media non è mai inferiore a 18°C con distribuzione delle abbondanti piogge annue (circa tre volte le nostre) in modo più o meno uniforme. Il clima ‎tropicale si ‎caratterizza cioè per il regime delle piogge, l’elevata umidità e la costanza delle ore di luce/giorno.

    Caratteristiche del nostro clima sono invece il succedersi delle ‎stagioni ‎‎(calda, intermedia, fredda) con diversa lunghezza delle ore di luce/giorno e scarse precipitazioni, concentrate tra autunno e inverno. Come risultato dell’adattamento delle specie all’ambiente, tutti i fruttiferi tropicali sono molto sensibili ad abbassamenti termici invernali tanto che alcuni possono essere uccisi da temperature non necessariamente sotto 0 °C, ma comprese tra 0 e 8 °C. La Puglia, geograficamente compresa tra 41,5° e 39,7° di latitudine Nord si colloca perciò al di fuori della fascia tropicale e fa parte di quella chiamata, sempre da Köppen e Geiger, fascia del clima umido subtropicale, che si estende tra 30° e 50° di latitudine Nord e Sud: mancano le abbondanti precipitazioni, gli elevati tassi di umidità relativa e la costanza termica.

    È vero che da noi gli inverni sono in genere‎ miti, ma non si possono escludere minime termiche al di sotto dello zero. Anche in Salento. Ma che importa, potrebbe dire qualcuno, alle carenze di acqua e temperatura si può porre rimedio con maggiori disponibilità irrigue e con la protezione delle colture con serre riscaldate. Tutti accorgimenti che, soprattutto le serre, fanno salire i costi di produzione e alterano il paesaggio. C’è poi da tenere conto dell’altezza che raggiungono alberi adulti di mango, litchi e papaya per cui i costi per realizzazione e funzionamento di adeguate protezioni diventerebbero esorbitanti».

    L’effimero successo del babaco

    babaco
    Frutti di babaco

    All’epoca della prima proposta, ricordava Godini, «solo una specie godette di effimero successo, in particolare in provincia di Bari: il babaco, novità frutticola assoluta. La diffusione del babaco fu dovuta a una reclamizzazione molto lusinghiera e a una assai accattivante proposta. Ne furono esaltate l’eccezionale precocità di entrata in produzione, le straordinarie produzioni per ettaro e le ottime prospettive di mercato dei frutti della specie di cui veniva assicurato il ritiro a prezzi mirabolanti.

    Precocità e produttività furono confermate, ma ci si accorse anche che per consentire al babaco di sopravvivere e produrre si doveva ricorrere a serre riscaldate, cosa che alcuni imprenditori fecero, facendo salire i costi di produzione. Il brutto venne quando quelli che avevano assicurato il ritiro della produzione si dettero alla “latitanza” e i tentativi dei singoli di collocare il prodotto sul mercato si risolsero in un totale fallimento per le scadenti caratteristiche organolettiche dei frutti. Nel volgere di un triennio, il fenomeno babaco era bello e finito».

    Meglio in Sicilia, a latitudini più basse della Puglia

    aronia
    Bacche di aronia

    Di fronte alla rinnovata proposta di introdurre in Puglia, e in particolare nel Salento, specie fruttifere tropicali, Godini richiamava poi l’attenzione sul fatto che «non sono soltanto le temperature minime invernali che devono preoccupare, ma anche quelle primaverili e estive coincidenti, insieme con bassi livelli di umidità relativa, con i complessi fenomeni fisiologici e biologici di quelle specie, come, ad esempio, formazione di gemme fiorifere e di fiori, impollinazione, fecondazione, accrescimento, maturazione e qualità dei frutti maturi.

    Ripeto oggi quello che dissi oltre 30 anni fa e cioè che, secondo il mio pensiero, i problemi dell’arboricoltura ‎pugliese avrebbero potuto trovare soluzione più che in colture alternative, in un ‎modo alternativo di coltivare quelle tradizionali. Mi si potrà obiettare che esempi della presenza di specie tropicali in Italia non mancano e sono concentrati soprattutto in Sicilia. All’obiezione io rispondo che: 1) la presenza di esemplari di specie tropicali in Sicilia si spiega col fatto che quella splendida isola si estende tra i 38,6°N di Messina ai 36,4°N di Capo Passero (Ragusa) e quindi a latitudini più basse di quelle (41,5° e 39,7°) della Puglia; 2) una cosa è parlare di presenza di specie tropicali, altra cosa è parlare della loro coltivazione su larga scala».

    E infine Godini concludeva: «Si trattasse solo di temperatura invernale, ai sostenitori dell’introduzione di specie tropicali in Salento direi di non disperare, ma di avere la pazienza e attendere che il riscaldamento globale abbia assunto fisionomia tanto chiara e irreversibile da consentire la diffusione di mango, papaya, litchi, ecc. Purtroppo non è possibile ridurre le esigenze di quei fruttiferi al solo soddisfacimento delle esigenze termiche, ignorando l’importanza, ad esempio, del fotoperiodo e dell’umidità relativa. Un’ultima cosa: siamo sicuri che le specie tropicali che s’intenderebbero introdurre siano tutte resistenti a Xylella?».

    La Puglia è terra di colture frutticole tropicali? - Ultima modifica: 2021-08-11T10:22:51+02:00 da Giuseppe Francesco Sportelli

    LASCIA UN COMMENTO

    Per favore inserisci il tuo commento
    Per favore inserisci il tuo nome