Officinali, serve programmare e abbattere i costi di produzione

    La filiera delle piante aromatiche e medicinali è in continua evoluzione: la mancanza di tracciabilità dei prodotti e delle molecole in essi contenute e alcune pratiche colturali arretrate rendono il settore estremamente bisognoso di innovazione

    Un settore complesso, dalle grandi potenzialità ma anche, purtroppo, fragilità. Questa l'analisi emersa da una conferenza dal titolo “La filiera officinale: un’assicurazione di qualità per il mercato dei prodotti naturali” tenutasi allo scorso Macfrut con la collaborazione della Fippo (Federazione Italiana Produttori Piante Officinali).

    “La filiera officinale: un’assicurazione di qualità per il mercato dei prodotti naturali” la conferenza è stata ospitata nella kermesse di Macfrut nell’ambito del Salone Spices&Herbs Global Expo

    Una panoramica del settore

    Oggi, migliaia di prodotti che consumiamo contengono ingredienti che derivano da piante selvatiche. Secondo i dati Fao, si stima che una percentuale compresa tra il 60 e il 90% di queste specie vegetali venga ancora raccolto secondo metodi tradizionali. Nonostante però la filiera sia legata profondamente al tipo di coltura che stiamo considerando e al luogo in cui viene raccolta, la domanda di queste sostanze è, da parte del consumatore, in continuo aumento: nel 2024 il settore aveva un valore complessivo di 50 miliardi di dollari e i consumi hanno visto un incremento del 30%. L'altra faccia della medaglia è l’eccessivo sfruttamento di alcune di queste specie e, conseguentemente, una perdita e una degradazione dei loro habitat naturali.

    Dalla parte di chi coltiva: programmare e innovare per abbassare i costi

    Logo dell’associazione Fippo (Federazione Italiana Produttori di Piante Officinali)

    La coltivazione delle Maps (Medicinal and Aromatic Plants) è in continua crescita ma la filiera presenta dei punti deboli: dalla raccolta manuale di alcune specie, alla scarsa se non nulla disponibilità di altre in determinati periodi dell’anno. Lo ha ricordato nel suo intervento Andrea Primavera, presidente di Fippo. Inoltre, il settore è colpito fortemente anche da altre problematiche condivise da ormai tutti gli agricoltori: si parla di contaminazione ambientale, cambiamento climatico e mancanza di manodopera stagionale.

     

    Nonostante il mercato sia in espansione per una domanda costantemente in crescita, quindi, spesso non è possibile per l’industria soddisfare tutte le domande. Primavera si è appellato quindi sia al coltivatore sia a chi si occupa di lavorare la matrice vegetale per ottenere il prodotto finale.

    • Il primo deve essere pronto a investire, aumentando il rischio, certo, ma anche abbattendo quelli che sono i costi di produzione;
    • dall’altra parte le industrie devono essere disposte a fare programmi su periodi più lunghi: si parla di progetti su 3 o 4 anni che consentono al coltivatore di adattare e specializzare la produzione.

    In conclusione, la chiave sta nella cooperazione tra l’agricoltore che deve essere professionale e tra l’industria che non può permettersi di mantenere una produzione artigianale.

    La lunghissima filiera dei botanicals

    Denzil Phillips è uno scienziato che ha dedicato gran parte della sua vita e della sua carriera allo studio e alla costruzione dell’industria dei cosiddetti “botanicals”.

    Cosa si intende con “botanicals”?

    Con questo termine, a volte abusato o impiegato in maniera impropria, ci si riferisce a sostanze e preparati vegetali, e relative preparazioni derivate, a base di piante, alghe, funghi o licheni, che sono presenti sul mercato europeo sotto forma di integratori alimentari. Generalmente questi prodotti sono etichettati come alimenti naturali e possono possedere vari ed eventuali effetti benefici sulla salute.

    Il quadro che ha presentato Phillips è complesso ma pieno di spunti: dalla filiera officinale derivino numerosi e differenti prodotti, che danno l’opportunità, all’agricoltore, di differenziare la produzione. Il settore presenta numerosi segmenti e ambiti di applicazione: dalla fitoterapia e fitomedicina alla medicina tradizionale, passando per prodotti salutistici e nutraceutici arrivando all’industria della cosmesi naturale, che negli ultimi anni ha avuto sempre maggiore spazio.

    Il produttore dei “botanicals” però, spesso non si identifica con l’agricoltore. La cosiddetta “value chain” può quindi essere molto complessa e lunga: spesso chi coltiva o raccoglie le piante si localizza alla base dell’organizzazione gerarchica. Si tratta di aziende che lavorano in zone tropicali o sub-tropicali del pianeta e che commercializzano i loro prodotti oltreoceano.

    Gli agricoltori devono sottostare alle leggi del mercato, che dettano cosa viene coltivato secondo le mode e le preferenze del momento, e spesso seguono le Gap (Good Agricoltural Pratices). La Gap rappresentano una lista di buone pratiche agricole delle Piante medicinali e aromatiche. La certificazione è un valido strumento utile a riconoscere il valore del prodotto, anche se è necessario che anche il consumatore finale sia in grado di riconoscere la qualità di ciò che acquista e consuma.

    La certificazione della qualità

    Dove nasce la qualità dei prodotti naturali è un tema delicato. Su questo si è concentrato Chlodwing Franz, professore di botanica e farmacognosia all’Università di Vienna.

    Innanzitutto, la qualità è un parametro che si può misurare ma anche dimostrare tramite le analisi genetiche. È necessario però anche riconoscere e ricordare che le piante non sono eterogenee e la loro composizione è in continuo mutamento: popolazioni di timo selvatico conservate in habitat differenti possono, ad esempio, presentare un pool di composti estremamente variabile. In passato il problema sembrava difficilmente risolvibile: si cercava di determinare e misurare la quantità della singola molecola, senza guardare alla complessità del prodotto. Oggi invece l’approccio è diverso e si studia l’intera matrice vegetale.

    Infine, bisogna tener presente come la qualità di un prodotto è determinata anche da fattori ambientali e tecnologici, come la struttura del suolo e la sua composizione.

    Sull'aspetto normativo della qualità del prodotto si è soffermato Mauro Serafini della Sapienza. A livello europeo, sono numerosi i Decreti che aiutano e regolamentare il commercio dei “botanicals”. I vincoli normativi però devono essere supportati dallo studio scientifico, che determina, come ricordava anche prima il professore Franz, l’esatta composizione della matrice e la sua provenienza.

    Le analisi di laboratorio a servizio della filiera officinale

    Oggi l’agricoltura necessita anche del laboratorio. Grazie a semplici analisi PCR è possibile determinare con precisione quale specie stiamo osservando o l’esatta composizione vegetale del nostro prodotto finale. Tecniche di cromatografia invece, permettono di separare e misurare tutte le molecole contenute in una miscela complessa.

     

    Officinali, serve programmare e abbattere i costi di produzione - Ultima modifica: 2025-06-03T16:41:50+02:00 da Alessandro Piscopiello

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