I criteri “Esg” - acronimo di “Environmental”, “Social” and “Governance” - sono indicatori che permettono di analizzare l'attività di un'impresa o di uno Stato, non solo per gli aspetti finanziari, ma anche sotto il profilo ambientale, sociale e di buona governance. Come questo possa coinvolgere anche le aziende agricole è stato oggetto di approfondimento in un incontro organizzato dalla Banca di Piacenza.
A fare gli onori di casa, il vicedirettore generale dell'istituto di credito Pietro Boselli, che ha osservato come la banca sia da sempre vicina al mondo agricolo, settore fondamentale per l’economia piacentina. Luca Bertolini, coordinatore del settore agricolo della banca, ha sottolineato la necessità di iniziare a trattare il tema per valutarne criticità e opportunità per le aziende agricole, che in realtà sono già abbastanza avvezze a dover rispettare parametri sia ambientali che sociali, ma forse meno abituate a misurare i risultati delle applicazioni pratiche in tal senso.
«Environmental è il criterio che misura l’impatto sull’ambiente di aziende e organizzazioni – ha spiegato Bertolini – e considera fattori come l’uso delle risorse naturali, l’adattamento ai cambiamenti climatici e le politiche di riduzione delle emissioni. Social si riferisce alle relazioni che l’azienda intrattiene con dipendenti, fornitori, clienti e la comunità dove opera. Governance è il criterio che riguarda gli aspetti gestionali: includendo le politiche di remunerazione, l’integrità aziendale, quindi l’assenza dimostrabile di corruzione e la trasparenza fiscale».
Certificazione scritta della sostenibilità
Sebbene finora le aziende agricole non siano state coinvolte nella necessità di quantificare i loro impatti con documentazione scritta, potrebbero essere tenute a operare in tal senso nel giro di qualche anno.
Bertolini ha ripercorso i passaggi fondamentali della strutturazione del concetto di sostenibilità sino ad arrivare all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile che ingloba 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (SDGs) in un grande programma d’azione per il quale i 193 Paesi firmatari si sono impegnati a raggiungere questi obiettivi entro il 2030. «In accordo con le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile delineate nell’Agenda, possiamo suddividere gli SDGs in tre macrogruppi: quelli relativi alla Biosfera, alla Società e all’Economia: l’economia non può essere in salute se non lo è la società, la società non può essere in salute se non lo è l’ambiente».
Venendo alle implicazioni pratiche, la Csrd - Corporate Sustainability Reporting Directive (Direttiva n. 2022/2464 del 16 dicembre 2022) - sostituisce la precedente Non Financial Reporting Directive, recepita in Italia con il Decreto legislativo 30 dicembre 2016 n. 254 che obbligava già le società di interesse pubblico a effettuare una dichiarazione non finanziaria per la rendicontazione di sostenibilità.
«Lo scenario è destinato a cambiare nel giro di qualche anno – ha spiegato Bertolini – perché la Corporate Sustainability Reporting Directive ha l’obiettivo di rafforzare le norme relative alla rendicontazione sociale, ambientale e di governance (Esg) e di ampliare la platea delle aziende soggette includendo le grandi imprese non quotate, le Pmi quotate e le imprese e figlie succursali, con capogruppo extra-Ue».
Tale rendicontazione dovrà essere parte integrante della Relazione sulla Gestione, andrà effettuata in formato elettronico Xhtml e dovrà contenere le specifiche su come l’attività dell’azienda impatti sulla società e sull’ambiente e come i fattori di sostenibilità influenzino lo sviluppo e le performance aziendali. Più nello specifico, la Csrd prevede che nel report di sostenibilità aziendale siano presenti tutte le informazioni riguardanti: modello di business che indichi i piani dell’impresa che favoriscono la transizione ambientale, i rischi, la resilienza ai rischi e le opportunità aziendali connesse alle questioni di sostenibilità; obiettivi connessi alle questioni di sostenibilità e relativi progressi; ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo riguardo le tematiche Esg; attività immateriali, compreso il capitale intellettuale, umano, sociale e relazionale.
«A tendere, anche se non domani, le aziende agricole saranno coinvolte – ha spiegato Bertolini – perché la direttiva prevede che le imprese già soggette svolgano attività atte a prevenire o mitigare gli impatti Esg che potrebbero generarsi nelle catene di valore, soprattutto in quella di fornitura. A cascata saranno quindi richieste misurazioni relative ai criteri Esg anche alle aziende fornitrici di cooperative, consorzi e Gdo. Come banca – ha concluso – saremo a fianco del settore su entrambi i fronti: sia essendo tenuti a inserire i criteri Esg nel processo di valutazione del merito creditizio, sia offrendo prodotti e servizi dedicati alle aziende aziende che effettuano investimenti per migliorare i parametri Esg, perché vorremmo adoperarci affinché non fossero considerati come un’ennesima incombenza burocratica, ma un’opportunità».
Lo stesso Bertolini, nei saluti finali, ha sottolineato come il settore agricolo italiano sia considerato il più green d’Europa.
«Noi vogliamo crescere e innovare, ma occorre ragionare con processi di filiera che portino a terra le politiche ambientali in maniera tale che vengano legate alla sostenibilità economica. Così facendo potremo lavorare per la distintività dei nostri prodotti» ha sottolineato il presidente del Consorzio Terrepadane Marco Crotti.
Agrivoltaico e crediti di carbonio
Stefano Amaducci, professore ordinario della Facoltà di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Cattolica di Piacenza, ha evidenziato il ruolo di protagonista dell’agricoltura nel preservare l’ambiente spiegando come tutte le buone pratiche già attuate dalle aziende potrebbero essere misurate con l’Esg dando maggior valore ai prodotti. Il docente si è poi concentrato su due attività agricole innovative che potrebbero essere sviluppate migliorando notevolmente gli indici di sostenibilità ambientale delle aziende agricole: l’agrivoltaico (il sistema che prevede l’esercizio integrato dell’attività agricola sotto ai pannelli fotovoltaici e il carbon farming (l’insieme di tecniche che permettono lo stoccaggio di carbonio nel suolo).
«L’Università ha dei progetti attivi su entrambi i fronti – ha comunicato Amaducci – il parco agrivoltaico dell’ateneo è stato inaugurato pochi giorni fa stiamo portando avanti anche uno studio sulla certificazione dei crediti di carbonio insieme a diverse aziende del territorio, ma manca, ad oggi, un Regolamento per la certificazione degli assorbimenti di carbonio». Un sistema di misurazione è imprescindibile allo scopo di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050. Parallelamente, l’obiettivo è dichiarato raggiungibile raddoppiando l’assorbimento di carbonio, per cui vanno messe a punto nuove pratiche (agronomiche, allevatoriali e gestionali) utili allo scopo.
L'Esg non diventi una sigla vuota
A parere di Luca Piacenza, vicedirettore Coldiretti, «l’agricoltore ha già compiuto molti passi verso il rispetto dell’ambiente» e la stessa Ue riconosce la validità del nostro sistema alimentare per qualità e sicurezza dei cibi. «Del green deal – ha aggiunto – dobbiamo considerare la parte buona prendendo coscienza che anche il resto del mondo deve cambiare insieme a noi». Con l’architettura verde della Pac, da tempo gli agricoltori sono in linea con i criteri Esg. «L’auspicio – ha concluso Luca Piacenza – è che l’Esg non diventi uno dei tanti marchi di cui è pieno il mondo, alcuni dei quali sono scatole vuote che confondono i consumatori».
Fabio Girometta, presidente Cia, ha sottolineato che «chi opera in montagna non più certo contare sulla sostenibilità economica, essenziale affinché un’azienda possa sopravvivere, mentre mantenere l’agricoltura e l’allevamento in questi territori è indispensabile per la sostenibilità ambientale, ma questo non viene riconosciuto».
Ma l'Esg non garantisce la bancabilità
Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza alla fine del suo secondo mandato (nella sua ultima uscita pubblica) ha colto l’occasione per mettere in guardia dal rischio che i criteri Esg possano subire la parabola di altre certificazioni divenute cogenti e dunque tramutatesi in un costo in capo al produttore e in un’ulteriore garanzia fornita a costo zero al consumatore.
«Se l’Esg sarà obbligatorio non sarà un più plus perché quando una misura diventa erga omnes, i plus cadono e per le aziende è devastante. Ci sarà un modo per rispettare anche l’economia? L’economia dei territori dà indipendenza e in questo esprimo un monito anche alla nostra banca: non perdiamo l’identità. Attenzione che l’Esg non garantisce la bancabilità – ha avvertito –. E non dite che siamo contro l’ambiente. Siamo contro l’ambientalismo che cela l’economia di Stato e il condizionamento, che demonizza le aziende e l’iniziativa privata. Il rispetto del lavoro e per l’ambiente ci sono già, così come le norme specifiche. I mercati internazionali non si curano di ciò che vuole l’Europa, bisogna usare ragionevolezza al posto della sostenibilità».