Radicamento territoriale. Anche in tempi di globalizzazione dei mercati è l’ingrediente che conta di più in agricoltura. Lo dimostra il Consorzio agrario di Ravenna, fresco della celebrazione per il traguardo dei 120 anni di vita.
L’accerchiamento delle mega-aggregazioni
Tagliato fuori dai mega processi di aggregazione che hanno portato alla nascita del Consorzio agrario dell’Emilia a nord e ad ovest e al Consorzio agrario adriatico a sud e a est, invece di soffrire della sindrome di accerchiamento, ha ripreso a macinare utili, ristrutturando il rapporto con il mondo del credito e presentandosi all’appuntamento dei 120 anni con un bilancio dove spicca il dato del +9,27% di fatturato. Come ci è riuscito?
«Abbiamo fatto rete – afferma Raimondo Ricci Bitti, presidente del Cap di Ravenna – e rafforzato la nostra funzione mettendoci al servizio delle esigenze dell’agricoltura di un territorio ricco di intraprendenza, tradizione e biodiversità agricola come il ravennate».
Il feticcio a cui il Cap si è aggrappato nei momenti di difficoltà è stata la carta fondativa del 1899. Nello Statuto è scritto a chiare lettere che il compito principale del Consorzio Agrario è la compravendita per conto dei consorziati di materie utili all’agricoltura.
Servizi di qualità e consulenza
«La nostra efficacia – dice Ricci Bitti – si misura sulla capacità di fornire utilità alle imprese agricole del territorio. 120 anni fa fornivamo beni, oggi soprattutto servizi di qualità e consulenza».
«Un obiettivo che in questi anni abbiamo perseguito rinnovando molte delle agenzie sul territorio dopo che il crack di Federconsorzi del 1991 aveva lasciato le aziende consortili orfane della guida nazionale. In questi anni ci siamo rialzati, abbiamo efficientato le attività e creato una rete diffusissima sul territorio, lanciando, per l’appunto, nuovi servizi». Un tema centrale alla luce dell’innovazione tecnologica e digitale in corso in agricoltura.
«Sostenibilità, salubrità, innovazione, mercato: attorno a queste quattro parole ruota oggi il ruolo del Consorzio Agrario di Ravenna. Declinare questa mission significa interpretare il trend dei mercati, saper accompagnare le aziende agricole verso la competitività, tenere in attenta considerazione fenomeni che sono recenti come i mutamenti climatici, le guerre commerciali, i nuovi trend di mercato».
Non mancano le criticità. Ricci Bitti, davanti agli oltre mille ospiti dell’evento di celebrazione, ha messo in luce alcuni dei nodi da sciogliere per l’agricoltura italiana. Il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini ha aggiunto i più importanti scogli della legge di bilancio (leggi qui) e il ministro Teresa Bellanova non si è sottratta dall’affrontare questi nodi nel suo intervento (leggi qui).
Le criticità da affrontare
«Il carico burocratico – ribadisce Ricci Bitti – si accresce sempre più. Le nuove norme sulla sicurezza sul lavoro, ad esempio, sono state scritte da chi non conosce per nulla i tempi e i modi della produzione agricola. La gestione delle assicurazioni agricole è diventata impossibile».
«L’agricoltura di collina è lasciata a sé stessa e senza interventi mirati è destinata all’abbandono. Tanto che anche la fauna selvatica, cinghiali, lupi, caprioli e lepri, abbandonano questi incolti, infatti si trovano sempre di più in pianura anche a ridosso delle aree urbane».
«La nostra politica – denuncia Ricci Bitti - è diventata troppo sbilanciata sull’ambientalismo. O per lo meno su un ambientalismo che va avanti solo a colpi di slogan non dimostrati e non dimostrabili. Gli agricoltori sono i primi e più importanti custodi dell’ambiente, perché ci vivono e perché ci ricavano il proprio reddito».
«Agricoltori che oggi sono chiamati a fronteggiare continue aggressioni da parte di organismi alieni estremamente dannosi come cimice asiatica e Drosophyla suzukii con sempre meno strumenti di difesa a disposizione, una situazione insostenibile a cui occorre porre rimedio».
Conservazione cereali al top
La conservazione dei cereali è una delle attività che stando più soddisfazione al Cap Ravenna, che sta raccogliendo i frutti dei grossi investimenti in strutture di stoccaggio che oggi consentono di differenziare le produzioni destinate alle filiere più evolute come il biologico, il residuo zero, il grano sostenibile della filiera della “carta del mulino” di Barilla.
«Il Cap Ravenna – afferma il direttore Massimo Masetti – è uno dei più attivi sostenitori dell’esperienza dell’Op Cereali (assieme a Progeo, Padenna e Terremerse) e questo ci assicura oggi una forte fidelizzazione sia nell’acquisto che nei conferimenti. La sede della nostra realtà è a Cotignola, non in un altro continente, e questo ha un peso decisivo nel rapporto con clienti e conferitori». Una fidelizzazione testimoniata dalle cifre: Il Cap di Ravenna “serve” infatti il 57% della superficie agricola provinciale, una quota che sale al 65% per le orticole e 67% per i cereali.
I settori che crescono
Il 25% dei 107 dipendenti è impiegato oggi nel settore della ricerca e sviluppo. Tra le attività di servizio: il Centro di saggio, per testare le strategie di difesa consigliare ai produttori; le prove varietali, la tenuta del quaderno di campagna digitale e l’assistenza per la tracciabilità e trasparenza di filiera.
Tra le voci più in attivo nel bilancio 2018: macchine agricole +27%, agrofarmaci +5%; cereali +7%.