Firmata dai 19 parlamentari italiani delle commissioni competenti (Agricoltura, Ambiente, Mercato interno e protezione dei consumatori), è stata inviata alla Commissione europea l'interrogazione scritta per iniziativa di Paolo De Castro e Herbert Dorfmann, rispettivamente coordinatori S&D e PPE alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo. «Non è più il tempo delle esitazioni, delle ipotesi, delle sperimentazioni. Le etichette che troviamo sugli imballaggi degli alimenti devono essere armonizzate con norme uguali per tutti in Europa. Noi siamo sempre stati chiari, vogliamo un sistema che informi i consumatori senza condizionarne le scelte di acquisto».
«L'azione non coordinata verso gli obiettivi fondamentali di sicurezza alimentare, trasparenza e protezione dei consumatori - si legge nell'interrogazione - ha portato alla proliferazione di sistemi di etichettatura che stanno frammentando il mercato unico europeo». E la conseguenza è sotto gli occhi di tutti: «I consumatori devono affrontare schemi di etichettatura di origine e nutrizionali diversificati e incoerenti tra i diversi Stati membri, a volte persino imposti dai rivenditori. Senza contare che i sistemi di etichettatura attualmente applicati in Stati membri come Francia e Regno Unito influenzano e fuorviano le scelte dei consumatori, senza fornire informazioni esaustive e specifiche sui nutrienti, sulla base delle assunzioni giornaliere di riferimento per un consumatore medio».
Gli europarlamentari che hanno sottoscritto l'interrogazione sollecitano la neo Commissione europea ad agire, «cercando un ampio consenso nella comunità scientifica dell'Ue, e coinvolgendo l'Efsa. Non possiamo più accettare che una bibita light sia spacciata per migliore rispetto a un succo di arance rosse - concludono De Castro e Dorfmann - E' stata da sempre una nostra battaglia la regolamentazione dell'etichettatura a livello europeo. Ne hanno più che mai bisogno i nostri produttori, consumatori e l'intero settore agroalimentare europeo».
Bellanova: origine delle materie prime in etichetta
Intanto, il ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, intervenendo al Consiglio dei ministri Agricoltura e Pesca a Bruxelles ha chiesto di «rendere obbligatoria in Europa l'origine delle materie prime in etichetta su tutti gli alimenti».
«E’ un diritto dei cittadini che va garantito -ha affermato il ministro italiano- e una questione di trasparenza. Per cambiare l'Europa e renderla più forte bisogna cambiare passo. Per questo insieme ai colleghi di Francia, Spagna, Portogallo e Grecia chiediamo alla commissione Ue di rendere più forte la legge europea sull'etichettatura. Credo sia positivo che molti Stati membri abbiano concordato con la nostra posizione. L'apertura della Commissaria Kyriakides sia un'occasione sulla quale lavorare in vista di aprile 2020 e della strategia "Farm to Fork". Non c'è più tempo da perdere».
«Il regolamento 775 del 2018 e la scelta di un regime facoltativo di etichettatura ci trovano contrari e riteniamo non soddisfacenti le soluzioni scelte - ha aggiunto Bellanova - La sperimentazione che in molti abbiamo in corso su latte, formaggi, carni trasformate, pasta, riso, pomodori, non può terminare con l’entrata in applicazione del regolamento. E’ necessario lavorare insieme perché questi prodotti indichino obbligatoriamente l’origine della materia prima. Non crediamo sia il caso di attendere un nuovo scandalo alimentare per avere una norma di buonsenso come accaduto con tutti gli alimenti che hanno già l’etichetta di origine obbligatoria in Europa».
Quanto ai sistemi di etichettatura a semaforo, ha aggiunto il ministro, «lo dico con chiarezza: i sistemi di etichettatura o con bollini rossi non ci piacciono. Non danno informazioni nutrizionali corrette ai cittadini e penalizzano in maniera discriminante tanti prodotti della dieta mediterranea o grandi Dop italiane e di altri Paesi. Come possiamo dire di promuovere la qualità dei territori con le Dop e Igp, se poi sulla confezione insieme al marchio di qualità europeo si trova un bollino rosso di bocciatura? Non è accettabile. In Italia stiamo completando la sperimentazione di un sistema a batteria che dica al consumatore quale percentuale di fabbisogno giornaliero degli elementi nutritivi ha raggiunto. Dobbiamo guardare allo stile alimentare, a un equilibrio per le diete sane. E l'Italia, che insieme al Giappone è uno dei Paesi con la maggiore longevità al mondo, ha qualcosa da dire su questa materia».
Coldiretti: più di un milione di firme contro la falsa origine in etichetta
Una battaglia che la Coldiretti conosce bene. «Abbiamo raccolto 1,1 milioni di firme in Europa per spingere la Commissione Ue ad assicurare la trasparenza dell’informazione sui cibi in tutta l’Unione Europea dove, con il regolamento 775/2018, rischiano di entrare in vigore nell’aprile 2020 norme fortemente ingannevoli per i consumatori», ha dichiarato il presidente, Ettore Prandini, apprezzando la richiesta del ministro Bellanova di fare slittare di un anno l’entrata in vigore della normativa.
La svolta in atto a livello europeo è un successo dell’Italia, della Coldiretti e di Campagna Amica che hanno raccolto l’85% delle firme per la petizione che ha avuto in Europa il sostegno di numerose organizzazioni e sindacati di rappresentanza, dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico e importante sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), da Slow Food a Fondazione Univerde, fino a Gaia (associazione degli agricoltori greci) e a Green protein (Ong svedese). «Una esigenza di chiarezza – ha sottolineato la Coldiretti - condivisa dalla stragrande maggioranza dei consumatori europei e dall’82% di quelli italiani che ritiene necessario superare le attuali politiche comunitarie sull’origine del cibo per contrastare l’inganno dei prodotti stranieri spacciati per made in Italy».
Italia antesignana
Grazie al pressing della Coldiretti, in Italia è in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro. Il 13 febbraio 2018 era entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.
«L’Unione europea finora ha avuto un atteggiamento incerto e contradditorio, obbligando a indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per i salumi, per la frutta fresca ma non per i succhi e le marmellate, per il miele ma non per lo zucchero. A livello comunitario – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei».