«In questa sala sono riuniti il 70% del latte italiano, il 60% dell'uva, il 50% dell'ortofrutta. C' è chi fa crescere il Paese, chi s'è aggregato per competere, chi davvero fa filiera: sono queste le realtà che vanno difese, non le false cooperative, che ci danneggiano e che dovreste davvero colpire con i fatti e non solo con le parole».
Noi siamo filiera
Non usa mezzi termini Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, all'assemblea nazionale della cooperazione agroalimentare, di fronte al ministro dell'agricoltura Gian Marco Centinaio. «Ora - continua Gardini - tutti parlano di filiere. Noi siamo filiera da anni. E per le nostre cooperative essere filiera significa avere tre requisiti fondamentali: produrre materia prima in Italia, trasformare questa materia prima in Italia e, soprattutto, avere sede legale nel nostro Paese e qui pagare le tasse».
Stasera la delega al turismo
Parole registrate dal ministro Centinaio, che proprio oggi dovrebbe ricevere anche la delega al Turismo : "Difenderemo in ogni sede il Made in Italy e saremo presenti in Europa, perchè chi non c'è non può poi recriminare. E cercheremo di valorizzare chi si aggrega per rimanere sui mercati e per conquistare nuovi. Non credo alla politica dei dazi: la mia barriera è quella che non deve far entrare qualsiasi cosa non metterei sulla mia tavola".
Valorizzare chi innova e si aggrega
Sulla stessa lunghezza d'onda di Gardini, Giorgio Mercuri, presidente di Fedagri e neo presidente di FedagriPesca: «La politica deve valorizzare chi innova, si aggrega e progetta investimenti come stanno facendo molte nostre cooperative. Non non abbiamo nessuna volontà di delocalizzare: la nostra forza sono il territorio e le produzioni. Abbiamo a più riprese dimostrato di sapere fare impresa. Non vogliamo contributi, ma solo parità di condizioni con i competitor internazionali e un quadro politico interno con regole certe e non penalizzanti».
Nuove nomine
Giorgio Mercuri è stato eletto presidente di Confcooperative FedAgriPesca e Paolo Tiozzo vicepresidente con delega alla pesca, al termine dell’Assemblea “A portata di futuro” che ha riunito a Roma i delegati delle cooperative agricole e della pesca aderenti a Confcooperative. La federazione di Confcooperative associa 3.300 cooperative agricole, agroalimentari e della pesca, oltre 430.000 soci per un fatturato di 29 miliardi di euro.
«Il cibo e la sua produzione sono la vera sfida del futuro – hanno dichiarato il Presidente Mercuri e il Vice Presidente Tiozzo – in un’ottica di valorizzazione della cultura, dello stile di vita e dell’alimentazione del nostro Paese. In tale sfida le cooperative intendono giocare un ruolo da protagonista, attraverso una strategia unitaria. È per questo motivo che abbiamo dato vita a un progetto di rappresentanza, che possa affrontare in un’ottica unitaria tematiche comuni ai vari settori, quali la sostenibilità, l’ambiente, la qualità del cibo, la sicurezza alimentare».
Sostenibilità e novel food, i trend del futuro
A portata di futuro, il talk show organizzato dall'Alleanza delle Cooperative nell'ambito dell'assemblea odierna ha offerto lo spunto per parlare dei nuovi trend dell'agroalimentare in cui «Vegan e cavallette volano a tavola, ma non sarà invasione: per 9 italiani su 10, nel 2050, continueranno a trionfare le eccellenze made in Italy e nel mondo 1 consumatore su 10 mangerà Italian food. Sostenibilità: progressi nell’agroalimentare e nella pesca, ma gli acquedotti sprecano il 40%».
Ecco una sintesi dei temi affrontati:
Cibo: quintuplicherà la vendita online. Vegan e insetti a tavola, ma per 9 italiani su 10, anche nel 2050, prevarranno le eccellenze made in Italy. Nel mondo 1 consumatore su 10 mangerà italiano «Entro il 2025 lo shopping online crescerà di 5 volte, rappresenterà il 20% del mercato totale e avrà un giro di affari di 100 miliardi di dollari. Sembrerebbe scontato il tramonto dei negozi tradizionali e invece i giganti dell’e-commerce avranno bisogno di show room e punti vendita nelle città. Insetti, vegan e cibi stampati in 3d arriveranno sulle nostre tavole, ma saranno sirene poco seduttive per i nostri gusti, infatti secondo 9 italiani su 10 anche nel 2050 continueranno a trionfare le eccellenze del made in Italy, mentre nel mondo 1 consumatore su 10 mangerà made in Italy. Il tagliere di formaggi e salumi, pesce e carne, pizza pasta e pane, latte e ortofrutta saranno sempre in cima alle preferenze dei palati senza essere scavalcati dalle innovazioni gastro- etniche. Vista e olfatto sono i sensi che guidano l’acquisto di pesci, molluschi e crostacei. Per 4 italiani su 5 la tracciabilità e la sicurezza alimentare sono must irrinunciabili nella scelta di cosa e dove acquistare. Tra le sfide del futuro c’è quella di migliorare la resa al palato dei prodotti di quarta e quinta gamma. Obiettivo: incrementare il consumo di prodotti ittici anche di chi è frenato nell’acquisto per l’impegno richiesto in cucina nella loro preparazione».
Italian Sounding, handicap da 75 miliardi di euro ma innovazione spingerà 15 miliardi export in 3 anni «Sulla via dell’export e dell’internazionalizzazione dobbiamo fare più sistema. Qualcosa si è mosso rispetto agli scorsi anni, ma dobbiamo accompagnare le imprese sia investendo su comunicazione all’estero, sia riuscendo a essere più presenti sugli scaffali della Gdo internazionale. Il mondo ha fame di made in Italy e noi possiamo provare a recuperare spazio dalla fetta di mercato rubata dall’Italian Sounding che crea danni al nostro agroalimentare per oltre 75 miliardi di euro. Spazio che deve essere intercettato dall’agroalimentare italiano. Nei prossimi 3 anni l’innovazione spingerà l’export per 15 miliardi. La cooperazione si misurerà con queste opportunità di sviluppo grazie ai prodotti certificati della sua filiera di qualità tre volte italiana: sede in Italia, dove genera reddito e occupazione e paga le tasse; realizza prodotto italiano, con produttori italiani e lavoro regolare».
Le aggregazioni spingono occupazione ed export export «Il comparto agroalimentare cooperativo è quello che ha registrato il maggior numero di aggregazioni, determinando una crescita dell’occupazione del +3,7%, passando dai 65.355 addetti del 2007 ai 67.800 del 2017. Importante anche l’aumento del fatturato (+13,8%), in crescita da 25,035 miliardi di euro del 2007 ai 28,5 miliardi di euro del 2017. Non basta. Occorre insistere per gareggiare ad armi pari con le imprese straniere. Tra le 20 cooperative agroalimentari più grandi d’Europa non ne troviamo nessuna italiana, ma quando proviamo a fare operazioni più ambiziose ci stoppa qualche autorità: il paradosso di essere grandi per il Paese, ma piccoli nel confronto con i competitor stranieri».
Sostenibilità, ecco chi spreca di più: gli acquedotti in un anno perdono il 40% dell’acqua «L’agroalimentare è accusato di sprecare risorse, a partire dall’utilizzo dell’acqua nei campi. Nessuno ha investito più dell’agroalimentare nella sostenibilità ambientale. Basti pensare che 7 cooperative agroalimentari su 10 sono impegnate in progetti di sostenibilità ambientale: 1 su 2 investe in risparmio d’acqua tra microirrigazione droni, sensori ed energia elettrica; 1 su 3 è indirizzata verso il riutilizzo dei materiali (biomasse e scarti industriali); 1 su 3 in tecnologie rispettose dell’ambiente. Anche per i prodotti ittici la parola d’ordine è sostenibilità. Per 2 cooperative su 3 questo è già realtà con l’utilizzo di tecniche di pesca e allevamento a basso impatto, con l’impiego di attrezzi da pesca sempre più selettivi o con la riduzione volontaria delle giornate di pesca per non stressare le risorse e valorizzare le produzioni. I pescatori, sempre più sentinelle dei mari, sono chiamati a ripulire i fondali da plastiche o immondizia grazie a progetti sperimentali che li vedono protagonisti lungo la penisola. Lo spreco degli acquedotti italiani invece ammonta a 2,8 milioni di metri cubi al giorno. In un anno, in media, perdono il 40% della portata d’acqua con punte del 77% in alcuni capoluoghi del centro sud. Questo la dice lunga su chi davvero sprechi risorse vitali nel nostro Paese a danno degli utenti: famiglie e imprese».