Il settore agroalimentare, dalla produzione al consumo è stato il primo ad essere messo in osservazione, non appena è scoppiata la crisi coronavirus. Le lunghe code davanti ai supermercati presi letteralmente d’assalto, anche di notte, prima della restrizione sugli orari di apertura, hanno fatto temere il rapido esaurimento delle scorte e l’inizio di un periodo di penuria di alimenti.
Ma i timori non erano solo per la distribuzione ma anche per la produzione, sia primaria che dell’agroindustria, per cui Ismea ha tempestivamente avviato un monitoraggio delle filiere agroalimentari, analizzando l'evoluzione delle principali variabili dei mercati nelle diverse fasi di scambio e cioè origine, ingrosso e dettaglio.
Trend dei consumi e periscopio sulla produzione
Il rapporto dell’Ismea (clicca per accedere al documento) è stato pubblicato il 30 marzo 2020 ed è articolato in un'analisi dei trend dei consumi delle famiglie italiane, un'analisi di dettaglio sulla situazione di mercato e dei prezzi di tutte le filiere agroalimentari e riporta i primi risultati di un'indagine ad hoc sviluppata in questi giorni su un panel di imprese agricole e alimentari.
Secondo il rapporto, i consumi nelle quattro settimane di osservazione hanno rilevato sensibili aumenti negli acquisti da parte dei consumatori spinti da cause emotive dovute all’incognita sulla durata del periodo di limitazione dei movimenti e di applicazione delle misure governative di contenimento.
Le prospettive per le varie filiere non sono risultate particolarmente drammatiche in queste prime settimane ma potrebbero peggiorare con il protrarsi del periodo di quarantena che il Paese sta vivendo.
Trasformazione più pessimista
L’indagine trimestrale che Ismea svolge per sondare il grado di fiducia degli operatori ha evidenziato un generale pessimismo in quanto, a risentire di più dell’emergenza è la fase industriale, l’84% degli intervistati dichiara, infatti, di essere in difficoltà, contro il 51% degli agricoltori interpellati. Le notevoli difficoltà riscontrate dagli operatori dell’industria alimentare hanno addirittura costretto il 15% degli intervistati a interrompere momentaneamente l’attività, per mancanza di servizi logistici, per carenza di personale o per l’impossibilità di rispettare le prescrizioni in materia di sicurezza e tutela della salute dei dipendenti.
Per quanto riguarda la fase agricola, a risentire di meno della crisi sono quelle imprese che al momento sono meno attive rispetto ad altri periodi dell’anno: quelle dei cereali e dell’olivo. Maggiori difficoltà sono state riscontrate nel comparto della zootecnia da carne, che insieme a quello del vino, è tra quelli che lamentano maggiormente una flessione delle vendite.
La situazione nelle filiere
Per quanto riguarda le singole filiere, il Rapporto precisa che quella delle carni presenta situazioni estremamente differenziate.
La carne bovina, per esempio, da una parte è stata privata di uno sbocco importantissimo per alcune tipologie e tagli di maggior pregio con la chiusura del canale Horeca, dall’altra è alle prese con una profonda riorganizzazione dei circuiti distributivi e delle catene di approvvigionamento, in una filiera fortemente dipendente dall’estero. Su questo fronte, il timore del contagio e la carenza di adeguati sistemi di protezione stanno portando alla sospensione o riduzione del lavoro di una parte delle imprese di export e degli autisti dei TIR. In questo quadro, lo scenario che si profila è quello di un’offerta insufficiente a soddisfare la domanda domestica ma di un eccesso di disponibilità di tagli normalmente destinati all’Horeca e all’export più che agli scaffali della GDO.
Nella filiera suinicola, si stima che l’emergenza Covid-19 comporti una riduzione del 20% della produzione, soprattutto a causa della minore operatività dei macelli che devono riorganizzare le strutture per mettere in sicurezza gli operatori. Si mantengono ancora abbastanza alti i prezzi dei tagli destinati al fresco e alla vendita nei punti della GDO per i quali il consumo risulta essere sostenuto, mentre le quotazioni dei tagli destinati alla stagionatura (prime fra tutti le cosce per i prosciutti DOP) sono in calo per il crollo della domanda dell’Horeca.
Filiera polli in tenuta
Il mercato avicolo è stato, invece, favorito da una domanda che fin dall’inizio lo ha privilegiato rispetto alle altre carni. Il settore, inoltre, gode dei vantaggi di un mercato nazionale autosufficiente e caratterizzato da forte integrazione verticale, elementi che lo hanno preservato da problemi legati alla dipendenza dall’estero o da altre componenti della filiera.
Mangimi che scarseggiano
Sul settore zootecnico nel suo complesso pesa l’incognita della disponibilità di materie prime destinate all’alimentazione, mais in primo luogo. Nella fase iniziale della crisi anche l’approvvigionamento di integratori come vitamine e amminoacidi, nella grande maggioranza di provenienza cinese, aveva destato preoccupazione nel comparto mangimistico, poi allentata con la graduale ripresa delle attività da parte della Cina.
Le criticità maggiori nel latte
Nel settore lattiero caseario, si registrano maggiori criticità come ha rilevato Ismea, in quanto l'emergenza ha portato al graduale rallentamento degli scambi commerciali favorendo la creazione di eccedenze proprio nel periodo di maggiore produzione dell’emisfero boreale (UE e USA). Con l’insorgere e la diffusione del coronavirus, soprattutto nelle aree di maggior produzione che risultano essere anche quelle più colpite dall’emergenza sanitaria (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna), i prezzi dei formaggi grana hanno evidenziato una brusca frenata e la situazione è particolarmente critica per i formaggi freschi e per il latte fresco, la cui breve shelf life si scontra con le difficoltà logistiche e distributive e con l’assenza di domanda di bar, pasticcerie, gelaterie, ecc. Il calo delle vendite da parte dei caseifici, e in alcuni casi il blocco della lavorazione per assenza di manodopera, ha influenzato il ritiro del latte presso gli allevamenti conferenti, determinando anche il crollo delle quotazioni del mercato spot la cui disponibilità risulta in forte crescita.
Ortofrutta senza manodopera e trasporto
Al momento, la filiera ortofrutticola risulta regolarmente attiva, ma sono evidenti le criticità con cui dovrà confrontarsi a breve. In particolare, si fa riferimento alla carenza di lavoratori stranieri che hanno deciso di tornare nei paesi di origine rallentando le operazioni di raccolta e lavorazione degli ortaggi e ai problemi per il trasporto su gomma a causa dell’indisponibilità di alcuni vettori spagnoli a rifornire i mercati del Nord Italia, oltre al momentaneo blocco del traffico imposto dall’Austria (avvenuto giovedì 19 marzo)che ha rallentato il flusso distributivo degli ortofrutticoli italiani verso i mercati Nord Europei.
Vino, a rischio un miliardo di export
Il settore vitivinicolo, dopo aver confermato i grandi successi del 2019, ha iniziato il 2020 con pesanti incognite, alle quali si è aggiunto il fermo del canale Horeca sia in Italia sia nei principali Paesi acquirenti del vino italiano come Regno Unito e Stati Uniti. Facendo una stima molto approssimativa, e tenendo conto di due mesi di difficoltà a livello mondiale, potrebbero essere a rischio esportazioni per quasi un miliardo di euro, che certamente non sarà compensata, sul mercato interno, dalla accresciuta domanda da parte della GDO.
L’olio d’oliva si sgancia dalla Spagna?
Il settore dell’olio di oliva italiano sta attraversando, ormai da qualche tempo, difficoltà strutturali e commerciali nonostante il prestigio delle sue produzioni di qualità. In tema di mercato l’Italia subisce la concorrenza della Spagna soprattutto per i prodotti di massa; mentre riesce a sganciarsi dalle dinamiche del mercato spagnolo sui prodotti di maggiore qualità. L’emergenza legata al Covid-19 non rappresenta un elemento di particolare criticità per la fase dell’imbottigliamento, essendo intervenuta in un momento in cui le aziende si sono già approvvigionate. L’attenzione è, quindi, rivolta alla fase agricola, nell’attesa di segnali che possano dare indicazioni sulla futura campagna.
Cereali verso tensioni di mercato
Per quanto concerne la filiera cerealicola, l’elevato livello delle importazioni è una delle principali criticità, con la fase agricola sempre più deficitaria di materie prime e la fase industriale, sempre più apprezzata sui mercati esteri. In tale contesto, la diffusione del Covid-19 pone le industrie italiane di trasformazione in una condizione di estrema vulnerabilità sul fronte dell’approvvigionamento della materia prima, soprattutto per il prodotto di provenienza estera (Europea in particolare) che, viaggiando via terra è più soggetto a misure restrittive o, in generale a problemi logistici. Ancora più critico è il contesto per i mangimifici e per gli allevamenti, dove non è possibile fare scorte in abbondanza. L’emergenza sanitaria non ha tuttavia impattato sulle quotazioni della granella dei principali cereali, ma tensioni di mercato si potranno verificare nelle prossime settimane in conseguenza delle difficoltà di approvvigionamento sui mercati esteri.
LE SCELTE DEI CONSUMATORI
Il Rapporto ha rilevato anche i nuovi comportamenti dei consumatori che non solo hanno aumentato i consumi ma li hanno anche diversificati rispetto a quanto facevano solitamente.
L’esame puntuale di quattro settimane di atti d’acquisto ha reso possibile individuare alcuni grandi trend che sono riassumibili come segue:
- Tendenza all’approvvigionamento di prodotti conservabili come pasta, riso, conserve di pesce, conserve di pomodoro, ecc., per creare stock casalinghi e prepararsi a eventuali situazioni di futura scarsità.
- Forte orientamento a utilizzare la spesa on line la cui crescita esponenziale ha mandato in tilt il sistema delle consegne con più 57% nella penultima settimana di febbraio, più 81% nell’ultima di febbraio e più 97% nella seconda settimana di marzo.
- Forte orientamento, nella fase iniziale della crisi, ai prodotti di quarta e quinta gamma come ortaggi e pizze pronte con successivo affievolimento della tendenza;
- incremento sotto media del segmento bevande (+9%), un comparto che negli ultimi anni aveva trainato la dinamica del Food&Beverage.
- Orientamento quasi esclusivo verso la GDO, con ricorso dove possibile anche ai negozi di vicinato quali frutterie e macellerie sia per muoversi il meno possibile sia perché talvolta ritenuti più sicuri di ambienti comunque molto frequentati come i super o ipermercati.
- - Nel complesso delle 4 settimane, è il Sud Italia a registrare gli incrementi più alti su base tendenziale: +21% nel cumulato delle 4 settimane con punte del 39% nell’ultima settimana; seguono il Nord Est con una crescita del 20%, il Centro (+19 % con il +30% nell’ultima settimana) e il Nord Ovest (+16%).
- - incremento del valore medio di vendita, non ascrivibili a fenomeni diffusi di palese speculazione, quanto piuttosto all’azzeramento delle promozioni.
- - A livello di format distributivi, l’aumento delle vendite maggiore si registra nei Supermercati (+23% nelle 4 settimane su base annua) dove sono avvenuti quasi la metà degli acquisti (43%) e nei Discount (+20%).