L’Italia ha forzato i tempi e senza attendere l’assenso di Bruxelles ha messo in atto la normativa nazionale in materia di indicazione dell’origine per pasta e riso. Adesso però la Commissione Ue risponde per le rime con un comunicato ufficiale in pieno periodo di ferie.
I due decreti interministeriali che fissano l’obbligo di indicare l’origine del grano duro e del riso per i rispettivi prodotti trasformati, sono stati pubblicati il 17 e 18 agosto 2017 ed entreranno in vigore a fine febbraio 2018, ma il portavoce della Commissione ha fatto subito sapere, con una comunicazione del 23 agosto 2017 che le norme di attuazione Ue sull'etichettatura di origine degli alimenti in applicazione del reg. Ue 1169/2011 saranno adottate "prima della fine del 2017".
La dichiarazione è di grande rilievo perché si tratta di un chiaro segnale lanciato all’Italia che ha agito in maniera autonoma prima per l’indicazione dell’origine del latte e ora della pasta e del riso per lasciar intendere, ancora una volta, che tale normativa deve essere armonizzata a livello comunitario e non lasciata alla autonomia nazionale.
Le decisioni comunitarie metterebbero fine alle discussioni sull’argomento che vanno avanti da anni tra Italia e Commissione la quale, in alcune occasioni, ha acceso il dibattito minacciando il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia per violazione ai regolamenti comunitari in materia di etichettatura dei prodotti alimentari.
La dichiarazione del portavoce comunitario e l’annuncio di un’imminente emanazione di una regolamentazione comunitaria colmerebbe di fatto la lacuna attuale rappresentata dalla mancanza degli atti esecutivi dell'articolo 26 del regolamento (Ue) 1169/2011, che prevede i casi in cui debba essere indicato il paese d'origine o il luogo di provenienza dell'ingrediente primario utilizzato nella preparazione degli alimenti.
Se la Commissione rispetterà quanto ha ora annunciato, assisteremmo al fatto che i due decreti ministeriali riguardanti pasta e riso, verrebbero abrogati di diritto prima ancora di essere entrati in vigore andando ad accrescere la folta schiera di disposizioni nazionali in materia agroalimentare che non hanno trovato applicazione in quanto in contrasto con le norme comunitarie vigenti o sopravvenute. I due decreti interministeriali prevedono infatti che i provvedimenti decadono immediatamente senza nessuna altra declaratoria il giorno stesso dell’emanazione della regolamentazione comunitaria corrispondente.
Gli operatori del settore che ora hanno sei mesi di tempo, e cioè fino a febbraio 2018, per adeguare la filiera e gli imballaggi alla nuova normativa italiana che impone di indicare il paese di coltivazione, quello di trasformazione e quello di confezionamento dei prodotti a base di grano duro e riso, potrebbero dover rifare tutto da capo se a fine anno verranno emanate le norme comunitarie che potrebbero non coincidere esattamente con quelle nazionali.
Intanto, a dimostrazione ulteriore che i decreti italiani hanno poche probabilità di andare in completa attuazione vi è il fatto che i decreti stessi sono sotto osservazione stretta da parte di Bruxelles che sta raccogliendo informazioni dalle autorità italiane in merito all'adozione della legislazione nazionale in questione. Una volta acquisite tutte le informazioni, la Commissione potrà decidere sui prossimi passi che potrebbero anche essere una formale apertura di una procedura d’infrazione. L'Italia aveva notificato a Bruxelles i decreti sull'origine del riso e del grano per la pasta a maggio ma poi aveva deciso di accelerare in modo unilaterale, forse per dare seguito alle spinte politiche e dell’opinione pubblica su questa materia, senza aspettare i tre mesi previsti per l'ok della Commissione, ritirando la notifica a Bruxelles il 25 luglio, qualche giorno dopo la firma dei decreti da parte dei ministri Martina e Calenda.