La protesta dei pastori sardi è salita ai clamori dei media. Era già successo esattamente nel 2010. Il motivo della protesta? Il prezzo del latte ovino. Ma perché meravigliarsi? Era molto probabile che succedesse. Dopo un periodo di prezzi abbastanza alti, c’è un aumento della produzione e, a seguire, un crollo dei prezzi; fenomeno che si verifica ciclicamente ogni 4-8 anni.
Il teorema della ragnatela
La cause sono sempre le stesse: gli agricoltori, dopo un periodo di prezzi alti, aumentano le produzioni, non guardano i consumi, non adeguano l’offerta alla domanda; in economia si chiama “teorema della ragnatela”. E così, magari anche comprensibilmente, si arriva alla protesta:
- «Ci hanno abbassato la dignità, adesso la politica deve alzare il prezzo del latte. Deve pensarci Roma».
- «A noi interessa il lavoro, vogliamo che sia remunerato».
- «Il prezzo del latte deve essere alzato a un euro».
Sono le illusorie pretese proclamate dai pastori durante le manifestazioni. Come sempre succede, di fronte a proteste eclatanti, la politica fa qualcosa, concede il solito contentino. È la solita demagogia, il solito populismo inutile e dannoso, ma perché la politica fa populismo?
Alla ricerca di consenso immediato
Perché in Italia la politica è appiattita sulla necessità di avere consenso immediato, la “politica del latte versato”, si affrontano solo emergenze e i problemi di breve periodo, non si affrontano mai i problemi strutturali, si concede il contentino, sapendo già che è poco utile.
E perché anche gli allevatori – in diversi casi – sbagliano nelle loro richieste.
I problemi dell’agricoltura sono la competitività, la programmazione e l’organizzazione, e non si risolvono con gli interventi di emergenza, con il prezzo garantito e l’assistenzialismo.
Gli allevatori chiedono un prezzo del latte di 1 €/l. Ma il prezzo è deciso dalla politica o il frutto della domanda e dell’offerta, ovvero del mercato?
La politica non ha il coraggio di dire la verità ai pastori. La politica cosa fa? «Non mi alzo dal tavolo, finché il prezzo non è un euro».
Così pastori e politici sono accomunati dalla stessa illusione. I politici guadagnano un po’ di consenso, i pastori sperano.
In realtà non cambia nulla.
- Perché il prezzo del latte sardo è basso?
- Perché ci sono eccedenze di pecorino?
- Perché la forbice dei prezzi tra produttori e consumatori è così ampia?
Non di solo Pecorino Romano si nutre il consumatore
Il latte sardo è destinato prevalentemente al Pecorino Romano Dop. Perché il Consorzio di tutela è inerme? Bisognerebbe partire da queste domande.
La realtà è che sono cambiati i gusti dei consumatori, i mercati e le relazioni commerciali, ma si continua a produrre e vendere il pecorino come 50 anni fa.
L’esempio da seguire è quello del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano. In queste due Dop i Consorzi promuovono il prodotto, programmano l’offerta, fissano le quote di produzione (perché un prodotto in eccesso avrà sempre un prezzo basso). Cosa serve allora?
Adeguamento alla domanda del consumatore, rigorosa programmazione dell’offerta, comunicazione, filiere più organizzate capaci di seguire – anzi anticipare – le tendenze del mercato, con relazioni di filiera stabili.
In altre parole, “collaborare per competere”.
La buona politica può aiutare questo percorso. I pastori sono fondamentali per le aree interne, ma la “politica del latte versato” è inutile e dannosa, per i contribuenti e per gli stessi pastori.
Editoriale pubblicato sul numero 10 di Terra e Vita
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