L'introduzione dei dazi alle importazioni di acciaio e alluminio, voluta dal presidente degli Stati uniti Donald Trump, rischia di scatenare un effetto valanga anche sugli altri settori come l'agroalimentare, e non solo. Con danni incalcolabili al nostro made in Italy che ha raggiunto nel 2017 un valore complessivo di 40,5 miliardi di esportazioni (+9,8% rispetto all'anno precedente). L'export agroalimentare italiano sul mercato statunitense ammonta a circa 4 miliardi di euro, in crescita costante negli ultimi anni e le Organizzazioni professionali sono fortemente preoccupate.
«I dazi americani contro l'Unione europea tornano dopo vent'anni quando gli Stati Uniti, dopo aver presentato ricorso al Wto contro il divieto europeo alla carne agli ormoni Usa, sono stati autorizzati a fissare nel 1999 una lista di prodotti sui quali sono stati applicati dazi doganali per un valore che ammonta a 116,8 milioni di dollari annuali» sottolinea la Coldiretti, per la quale la decisione sui dazi «rischia di scatenare un effetto valanga. Nel lontano luglio 1999, come rappresaglia per la mancata revoca del divieto Ue alla carne agli ormoni, gli Stati Uniti annunciarono la lista di prodotti Ue su cui gli Usa avevano applicato dazi ad valorem del 100% tra i quali erano compresi per l'Italia tra gli altri i pomodori in scatola ed i tartufi», ricorda l'organizzazione, evidenziando che «ora si riapre una guerra commerciale che mette a rischio 40,5 miliardi di esportazioni made in Italy che hanno raggiunto nel 2017 in usa il record storico grazie ad un aumento del 9,8% rispetto all'anno precedente».
«Le guerre commerciali non giovano a nessuno e rischiano di compromettere la ripresa economica che è in atto su scala mondiale» afferma il presidente della Confagricoltura Massimiliano Giansanti che sottolinea come «non siano a rischio solo le nostre esportazioni agroalimentari, ma possono essere alterati i normali flussi commerciali delle commodities a livello mondiale a scapito della competitività delle imprese». La Cina è il primo mercato di sbocco per le esportazioni agroalimentari statunitensi e, come ritorsione, ha già fatto sapere che intende tassare l’import di soia dagli Stati Uniti, che lo scorso anno è ammontato in valore a circa 14 miliardi di dollari. «Il secondo importatore al mondo di soia, dopo la Cina - ha rilevato Giansanti - è l’Ue. Un aumento delle quotazioni inciderebbe sui costi e sulla competitività del settore zootecnico». «Il sistema agroalimentare italiano poi - ha concluso Giansanti - ha bisogno di mercati aperti sui quali far valere la qualità e la competitività delle nostre produzioni; e i mercati vanno gestiti sulla base di regole multilaterali rigorose in termini di sicurezza alimentare, protezione dell'ambiente e tutela sociale. Una prospettiva che va assolutamente scongiurata».
«Una disputa commerciale assolutamente da evitare - evidenzia il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino - con sullo sfondo il concreto pericolo del proliferare dell’Italian sounding, che già toglie alle nostre aziende 60 miliardi di euro l’anno, di cui 26 solo negli Usa. Si tratta di un colpo per chi come noi guarda al mondo e all’Europa unita e coesa per ampliare le opportunità di creare ricchezza attraverso il cibo made in Italy. Gli Stati Uniti rappresentano il terzo mercato di sbocco delle esportazioni agroalimentari tricolori e, in termini di crescita, sono il Paese che ha fatto registrare le migliori performance degli ultimi anni. L’introduzione di politiche protezionistiche che prevedano dazi all’import rischierebbe di mettere a rischio tale patrimonio e, quindi, non sono tollerabili. Al contrario in una fase storica che vede il fallimento del Wto, è urgente favorire accordi commerciali multilaterali e bilaterali. Trattative che possano trasformare il valore riconosciuto dal consumatore finale in valore economico per le imprese agricole e che includano, sempre e in modo inequivocabile, il rispetto del principio di reciprocità delle regole commerciali».
La Confagricoltura evidenzia che anche «le importazioni di prodotti agricoli sono al centro delle indagini avviate dal dipartimento del commercio statunitense, per decidere sull'applicazione di dazi anti-dumping. Secondo il dipartimento Usa, i produttori spagnoli di olive da tavola ricevono sovvenzioni che potrebbero essere considerate illegali, da un minimo del due a un massimo di oltre il 7% sul valore del prodotto; sulla base di questa determinazione, dallo scorso mese di ottobre, gli importatori Usa sono tenuti a versare su tutte le partite un importo calcolato sulla base delle percentuali appena indicate; si tratta di una 'decisione preliminare' nell'ambito dell'indagine avviata a seguito della petizione, presentata nel giugno scorso da alcune industrie californiane; la decisione finale è attesa nel prossimo mese di aprile, ma la scadenza potrebbe essere prorogata. Secondo i rappresentanti delle industrie californiane, il 'dumping' sarebbe determinato in larga misura dagli aiuti della Pac. Come già emerso dalle discussioni svolte al consiglio agricoltura della Ue è stato chiamato direttamente in causa il modello su cui poggia la Pac; sono in discussione gli aiuti disaccoppiati che rientrano a tutti gli effetti nella cosiddetta 'scatola verde', regolata dalla normativa dell'organizzazione mondiale del commercio (Wto), riguardante tutti i trasferimenti pubblici al settore agricolo che non distorcono gli scambi commerciali; se questa regola condivisa a livello multilaterale fosse rimessa in discussione per le olive da tavola spagnole una larga parte delle esportazioni agro-alimentari della Ue verso gli Stati Uniti potrebbe essere, potenzialmente, sottoposta a dazi-antidumping».
Coldiretti ricorda poi, sempre in tema di tensioni commerciali dannose per tutti, che «le sanzioni dell'Unione europea nei confronti della Russia introdotte del 2014 hanno portato alla riduzione delle esportazioni di prodotti agroalimentari italiani pari a circa 3 miliardi». L'Organizzazione lancia un appello all'Ue perché riveda la sua posizione in vista della scadenza delle misure in giugno. «Le sanzioni europee hanno scatenato la rappresaglia della Russia che ha deciso l'embargo totale per un'importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all'ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. Per questi prodotti le spedizioni italiane in Russia sono state completamente azzerate e complessivamente le esportazioni made in Italy sono state di poco inferiori a 8 miliardi nel 2017, circa 3 miliardi in meno del 2013, l'anno precedente all'introduzione delle sanzioni».