Carenza di personale, una gestione balcanizzata del sistema degli aiuti all’agricoltura, sistemi informativi che non dialogano tra loro e rallentano l’evasione delle pratiche. Ma anche un inizio di utilizzo delle tecnologie digitali per le verifiche di conformità delle domande che mostra il grande potenziale a disposizione per tagliare burocrazia e tempi dei pagamenti. Non nasconde le criticità il direttore di Agea Gabriele Papa Pagliardini, ma rivendica anche il lavoro fatto in questi anni per migliorare le cose.
Negli ultimi tempi i pagamenti si sono velocizzati ma non abbastanza e gli agricoltori continuano a lamentare ritardi.
«Ma Agea è un capro espiatorio. Ovviamente gli agricoltori non hanno responsabilità in questo perché ricevono i soldi dall’agenzia e vedono solo quella. Ma in realtà Agea arriva alla fine di una catena che parte dai regolamenti comunitari, continua con le scelte nazionali e i decreti ministeriali e arriva all’attuazione dei Psr nelle regioni. Come noto, ognuna è autonoma nell’attuazione delle misure e nello stabilire i criteri di selezione e la verificabilità del diritto a percepire gli aiuti. Poi ci sono i Caa e tanti altri interlocutori. Se il sistema non è fluido in tutti questi passaggi ne risente il pagamento finale».
Quali sono i nodi più intricati da sciogliere per velocizzare i pagamenti?
«Sulla domanda unica, primo pilastro, sfido chiunque a trovare ritardi: gli accrediti degli anticipi di novembre sono regolari, così come i saldi di maggio e giugno. Il 96-97% dei pagamenti avviene nei tempi. Il restante 3-4% non passa i controlli amministrativi, quindi le mancate erogazioni non dipendono da ritardi di Agea. I problemi riguardano la parte dello Sviluppo rurale. Qui ci sono 12 programmi regionali con misure completamente diverse da gestire. E noi dobbiamo tradurre i vari criteri di selezione in sistemi informativi che consentano di fare i controlli e i pagamenti».
Come sono i rapporti tra Agea e Regioni?
«Ad esempio, nella precedente legislatura il Friuli-Venezia Giulia lamentava mancati pagamenti da parte di Agea. Quando abbiamo approfondito abbiamo trovato misure a superficie che prevedevano come criteri di selezione il calcolo dell’irraggiamento solare per ogni singola particella a seconda della pendenza del terreno. In questo caso il ritardo è un problema di Agea o della Regione che ha inventato questo criterio di selezione? Volete un altro esempio?»
Prego.
«La Sicilia ha lamentato per anni il mancato pagamento del biologico sugli agrumi. Sapete perché non pagavamo? Perché nelle domande di contributo, l’ente aveva inserito l’obbligo di indicare l’anno di impianto degli agrumeti e nessuno lo sapeva, quindi le domande venivano bloccate».
Come ne siete usciti?
«Con le foto storicizzate. Siamo andati indietro nel tempo con l’analisi del refresh per individuare quando quell’impianto c’era e quando ancora no».
Però queste criticità non possono bastare a spiegare tutto.
«Certo che no. C’è una grave debolezza strutturale di Agea. Però non è che Papa Pagliardini può decidere di assumere cento persone».
Ma avrà fatto presente al ministero che c’è una carenza di personale.
«In tutte le mie relazioni al Parlamento da quando sono stato nominato nel 2016 ho segnalato la necessità di ampliare l’organico. L’ex ministra Bellanova si è mostrata molto sensibile a questa mia richiesta e la Legge di Bilancio 2021 ha finanziato l’assunzione di 55 funzionari e sei dirigenti. Questo non risolve tutti i problemi perché dieci anni fa Agea aveva 310 dipendenti, oggi ne ha 180, però è qualcosa. Inoltre, sono solo 100 le persone che si occupano dei pagamenti per 12 Regioni. Poco più di quante ne ha la sola Emilia-Romagna».
Gli organismi pagatori regionali sono un aiuto o un ostacolo per Agea?
«Probabilmente sono un aiuto per le Regioni, ma se guardiamo a come è organizzato il sistema di erogazione degli aiuti a livello nazionale, sono un ostacolo. Esistono almeno otto sistemi informativi diversi di gestione dei fascicoli aziendali che non dialogano con quello di Agea. Quindi sul Sian non riusciamo ad avere i dati nazionali, ma solo quelli delle Regioni che gestisce Agea. Ciò ci obbliga a un lavoro supplementare per sincronizzare i dati, con l’evidente dispendio di tempo che ciò comporta. Queste spinte autonomiste, legittime da un punto di vista politico, vanno però contro il sistema produttivo che chiede dati per poter applicare l’agricoltura di precisione. Provate a chiedere al ministero qual è il potenziale produttivo vitivinicolo italiano: non vi saprà rispondere, perché gli schedari sono regionali. Ormai anche un orizzonte nazionale è riduttivo per le scelte strategiche, figuriamoci se si può programmare su base regionale».
Come è stato possibile creare tale caos?
«Questa intelaiatura del sistema è figlia di scelte politiche dell’Ue e dell’Italia. L’obbligo per le Regioni di avere il proprio organismo pagatore risale a tre programmazioni fa, quando si introdusse il sistema di regionalizzazione degli aiuti. Poi alcune l’hanno fatto al tre no. Oggi bisogna innovare in maniera forte, perché se passiamo da un sistema regionalizzato a uno nazionale bisogna adeguare i sistemi informativi. Poi le tecnologie abilitanti di oggi non sono quelle di vent’anni fa e impongono una gestione informatizzata delle pratiche».
Quanto ci vorrà per uniformare le piattaforme?
«Stiamo già lavorando sull’evoluzione del Sian per creare un’infrastruttura unica efficiente che contenga tutti i dati e ne consenta l’utilizzo. Paradigma di riferimento diventa il suolo, mentre oggi il sistema si basa sul catasto, vecchio di settant’anni».
Anche perché la nuova Pac impone un cambio radicale nel sistema dei controlli.
«Certo, siamo passati dalla verifica della conformità a quella della performance. Mentre prima verificavo se una richiesta di contributo era conforme alle regole europee, oggi devo verificare se sono stati raggiunti gli obiettivi per cui un’azienda agricola ha chiesto i contributi. Ma le verifiche sono da fare a livello nazionale, non regionale».
Sono noti i ritardi del Psr Puglia, con un rischio disimpegno di decine di milioni. Agea può aiutare a sbloccare i pagamenti?
«La Puglia dovrebbe raggiungere il target di spesa 2021 e recuperare qualcosa sul 2020, quindi il disimpegno dovrebbe attestarsi intorno ai 60 milioni di euro. Agea comunque può agire solo sulle misure a superficie, perché le istruttorie sono automatizzate. Il blocco della Puglia è sulle misure a investimento, che sono istruite dalla Regione. Quando Agea riceve l’elenco delle domande di pagamento che hanno superato la fase istruttoria paga in cinque giorni. Quindi non ci sono elenchi di pagamento sospesi, bensì istruttorie sospese, per tanti motivi».
Questione Agea-Caa: dopo il pronunciamento del Tar ritiene ancora corretta la sua proposta di modifica della convenzione?
«Assolutamente sì. Resto convinto che non sia mestiere dei liberi professionisti svolgere funzioni amministrative delegate. L’avvocatura dello Stato ha ritenuto vi fossero elementi sufficienti per impugnare la sentenza del Tar al Consiglio di Stato. Anche perché i giudici amministrativi hanno contestato non tanto il merito della proposta di modifica della convenzione avanzata da Agea ma i motivi per i quali è stata proposta. Il tema è il percorso amministrativo attraverso il quale arrivare alla soluzione illustrata nella bozza contestata».
Il suo mandato scadrà tra qualche mese. Cosa farà da grande?
«Ahimè, sono già grande. Credo di aver fatto il massimo per cercare di far bene sia come responsabile dello sviluppo rurale in Puglia, sia come direttore di Agea. Credo di lasciare Agea in una condizione migliore di come l’ho trovata. C’è un progetto concordato con il ministero e scolpito su atti formali che segna la traccia di come deve evolversi il sistema informativo di erogazione degli aiuti per funzionare. Non sarà pronto entro la fine del mio mandato ma sono orgoglioso di averlo pensato e progettato con i miei collaboratori e in parte avviato. Ad esempio la carta dei suoli l’abbiamo già realizzata in Puglia, Basilicata e Lazio. Abbiamo eseguito il monitoraggio preventivo su 380mila aziende attraverso le immagini del satellite Copernicus con un esito positivo del 95%. Altre 30mila sono in fase di verifica».
La sfida è dunque estendere questo sistema a tutto il territorio nazionale.
«Esatto. Solo così potremo far evolvere il sistema e allentare la morsa della burocrazia sugli agricoltori. Con il monitoraggio l’agricoltore può presentare una domanda che di fatto non necessità più di verifiche perché può controllare la sua consistenza aziendale. Le tecnologie ci sono, basta volerle utilizzare».