«L’agricoltura di precisione non è la soluzione dei problemi del settore, ma è senz’altro uno strumento utile a migliorare lo scenario di riferimento. Serve per conoscere quello che si fa in campagna, per controllare macchine e terreni, per lavorare meglio». È questa la convinzione di Giovanni Molari, direttore del Distal, il Dipartimento di scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna.
Una realtà di primo piano nel panorama nazionale visto che è la struttura più grande dell’Ateneo felsineo, sia in termini di dimensione (150 docenti, altrettanti assegnisti di ricerca, 115 dottorandi e oltre un centinaio di tecnici, ma soprattutto poco meno di 3mila studenti), sia in termini finanziari, con un bilancio di circa 15 milioni di euro. E con un risultato scientifico da rimarcare:quella bolognese è la prima struttura universitaria italiana in ambito agricolo fra le prime 50 al mondo (48° nel Qs World University Ranking 2019, nel settore Agriculture & Forestry, classifica planetaria guidata dall’Università olandese di Wageningen, davanti alla californiana Davis).
Molari, 46 anni, ingegnere meccanico prestato all’agricoltura, da poco più di un anno direttore del Distal, rimarca la crescita del Dipartimento e la volontà di continuare a investire.
«In questi anni – sottolinea – il corpo docente ha dimostrato di avere notevoli potenzialità, tanto che in molti ambiti abbiamo vinto e continuiamo a vincere bandi europei e nazionali, a intercettare fondi e a collaborare con società del settore che finanziano specifici progetti di ricerca».
Rapporti con i costruttori
Proprio il rapporto con il mondo privato diventa una priorità quando Molari descrive un innovativo progetto in itinere che porterà alla nascita – debutto nel settembre 2020 – della prima laurea magistrale in Precise and sustainable agriculture, un biennio post-laurea triennale in cui si diventerà ‘maghi’ dell’agricoltura di precisione.
«Colmiamo – rimarca Molari – una delle poche lacune che abbiamo: apriamo i nostri corsi anche a realtà internazionali (il corso sarà interamente in inglese e servirà all’entrata la certificazione B2, ndr) e ci concentriamo su quello che consideriamo un argomento chiave per gli studenti e per l’intero settore agricolo: l’agricoltura di precisione appunto. Inoltre,fra i due curricula a disposizione nel secondo anno, oltre al classico indirizzo Crop production, ci sarà Animal production, con un importante inserimento nel mondo della zootecnica di precisione che oggi ancora non avevamo».
Molari ritorna sulle prospettive occupazionali. «Nel secondo anno del corso, quasi duecento ore saranno dedicate al tirocinio in azienda. Abbiamo già iniziato a ragionare con importanti player del mondo agricolo, della meccanica e non solo, poiché consideriamo questo passaggio un prodromo per l’inserimento dei laureati nel mondo del lavoro. Peraltro, in un comparto innovativo e in evoluzione che ha necessità di queste figure, che a oggi scarseggiano».
Tecnologia da utilizzare
La chiacchierata con il direttore, che continua anche a essere docente di meccanica agraria, è anche l’occasione per fare il punto sulla meccanizzazione dei prossimi anni: «Già ora il livello tecnologico è elevato, a volte fin troppo. I trattori ad esempio, a livello di singola macchina, sono già ottimizzati. Mentre c’è ancora da lavorare sul fronte del rapporto trattore/attrezzo: in questo ambito le potenzialità non sono ancora sfruttate e i miglioramenti possono essere notevoli. La rincorsa alla potenza, poi, mi sembra eccessiva e sovradimensionata rispetto alle esigenze dell’utilizzatore. E ancora: le macchine futuribili che si sono viste anche all’ultima Agritechnica mi paiono, usando un eufemismo, troppo avanti e forse neanche necessarie. Credo molto di più in una progettazione mirata al reale utilizzo».
L’ultimo passaggio è motoristico. Idrogeno, metano, elettricità? «Difficile da dire – conclude Molari – non a caso non hanno le idee chiare nemmeno i grandi gruppi mondiali del settore. Credo che l’elettrico, ancora meglio l’ibrido, possa davvero avere un futuro fra i piccoli trattori e fra gli specialistici. Mentre ritengo che, al di là di alcune nicchie, nei trattori di alta potenza il gasolio rimarrà ancora per molto tempo il punto di riferimento per l’alimentazione».
Istruzione innovativa
Il Distal bolognese è al vertice dell’istruzione accademica agraria italiana. Molari prova a identificare i plus (e anche qualche limite). «Uno studente può trovare una trasversalità unica, con tutti i settori del campo agrario rappresentati, forse con la sola eccezione del forestale nel quale ci stiamo rafforzando. Fra i punti forti va poi segnalata la territorialità, con i due poli di Bologna-scienze agrarie e Cesena-tecnologie alimentari, e la dimensione che considero comunque un vantaggio, poiché non penso che in questo ambito piccolo sia bello. A ciò si aggiunge un’azienda agraria di prim’ordine, un laboratorio a cielo aperto da 500 ettari. E i problemi? «Dobbiamo senz’altro aumentare il grado di internazionalizzazione dei nostri studenti, sia in entrata che in uscita. Il confronto e l’apertura devono essere un obiettivo per un’istituzione accademica. Occorre poi proseguire nella riorganizzazione delle attività di ricerca. Troppi gruppi si muovono ancora autonomamente senza particolari sinergie».