L’accordo sulla nuova Pac è per ora rimandato, ma un punto di equilibrio tra Consiglio, Commissione e EuroParlamento è a portata di mano.
Le proposte contenute hanno già tre anni di vita e molte cose sono cambiate nel frattempo. Innanzitutto, il nuovo Parlamento e la nuova Commissione hanno messo la sostenibilità al centro della loro azione.
La riforma della Pac persegue due tipi di sostenibilità, quella ecologica e quella economica. Si tratta di due facce della stessa medaglia. Maggiore è l’attenzione all’ambiente, maggiore è la qualità del prodotto finale. Questo ormai vale per tutti i prodotti, non solo quelli alimentari. Scindere le due cose non è possibile e non ha senso. Anzi, se questa logica è perseguita nel modo giusto, essa rappresenta un’opportunità per l’agricoltura europea. Per fare ciò, però, è fondamentale parlare di sostenibilità non da un punto di vista ideologico, ma facendo riferimento alle conoscenze scientifiche che abbiamo a disposizione.
Editoriale di Terra e Vita 17/2021
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La nuova Pac si pone, da questo punto di vista, alcuni obiettivi principali: premiare chi svolge realmente il lavoro dell’agricoltore, chi punta sull’innovazione, chi è giovane, chi fa impresa combinando produzione agricola e sostenibilità. Deve essere escluso, invece, chi è solo proprietario di terreni agricoli ma non svolge attività o chi, ancora peggio, ha in mano solo i diritti di pagamento.
Dal 2023 è prevista quindi più equità nella distribuzione dei pagamenti, con un trasferimento di fondi dalle aziende più grandi verso quelle di piccole e medie dimensioni e con un aiuto particolare ai giovani agricoltori. Inoltre, nei prossimi anni deve essere portata assolutamente a termine la convergenza interna dei titoli di pagamento, perché non è più giustificabile calcolare il valore di un titolo sulla base della produzione agricola che si faceva venticinque anni fa.
Bisogna anche cercare di mantenere l’agricoltura nelle zone periferiche, là dove è più difficile fare questo mestiere. Mantenere o ripristinare l’attività agricola in questi territori vuol dire tenere vive le comunità delle zone rurali. Questo ragionamento diventa ancora più interessante alla luce del nuovo mondo digitale. Si assiste già adesso a uno spostamento della gente dalle zone urbane a quelle rurali. Questo movimento sarà tanto più importante quanto più le zone rurali saranno ben collegate alle città - anche in termini digitali - e riusciranno a offrire una migliore qualità di vita.
La partita per il futuro dell’agricoltura europea poi si gioca sempre più sul campo della ricerca e dell’innovazione, per le quali la nuova Pac incoraggerà maggiori investimenti.
È un discorso che vale anche per l’altra grande riforma all’orizzonte, la Farm to Fork, il “braccio agricolo” del Green Deal europeo. La proposta della Commissione in merito pone l’accento sulla diminuzione di prodotti fitosanitari, fertilizzanti e antibiotici. Da questo punto di vista, i nostri agricoltori fanno già un grande lavoro: i prodotti agroalimentari europei sono riconosciuti a livello globale per i loro elevatissimi standard qualitativi, ambientali e di sicurezza alimentare.
Non c’è dubbio: meno si fa ricorso alla chimica, meglio è. Il problema però è che le sfide aumentano. Per esempio, l’arrivo della cimice asiatica o della Drosophila suzukii obbliga gli agricoltori a trovare dei modi per combatterla. Perciò non si può solo chiedere agli agricoltori di ridurre gli input. Bisogna offrire loro delle alternative.
Come relatore della Farm to Fork in Commissione agricoltura, voglio che il dibattito sia basato su argomenti scientifici. Vanno incoraggiati i passi avanti nel campo del miglioramento genetico (anche con le new breeding techniques), dell’agricoltura di precisione e dell’intelligenza artificiale.
Infine, è impensabile chiedere agli agricoltori di farsi carico, da soli, dello sforzo verso un’agricoltura più sostenibile.
Maggiore è la qualità, più alto è il prezzo: questo vale per tutti i prodotti e permette, al contempo, di combattere gli sprechi alimentari (causati in parte dal prezzo troppo basso di certi alimenti) e di garantire agli agricoltori una remunerazione adeguata ai loro sforzi. D’altro canto, però, la politica agricola deve tener conto del fatto che non tutti in Europa hanno un potere d’acquisto elevato. Per questo, è importante investire in una produzione più sostenibile e, di conseguenza, dedicata a un consumatore più esigente, senza però al contempo penalizzare un sistema agroalimentare che garantisce prodotti sicuri e a prezzi accessibili a tutti.
Nell’immediato, la sfida sarà investire bene le risorse che arriveranno con la nuova Pac. Per fare ciò, serve una strategia comune, condivisa da tutti gli attori, che canalizzi i contributi europei in una visione per il territorio. La posta in gioco è altissima: nei prossimi mesi si decide il corso della nostra agricoltura per il prossimo decennio.
Herbert Dorfmann
Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo