Nubi dense si profilano all’orizzonte della zootecnia italiana ed europea. Infatti, dopo la fiammata in aumento dello scorso anno, con quotazioni del latte alla stalla quasi raddoppiati, anche se a fronte di un aumento dei costi di produzione in alcuni casi del triplo, il mercato sta già ristabilendo gli antichi equilibri di prezzo tra produzione, trasformazione e distribuzione. Questo sta riportando a galla la questione della sostenibilità economica degli allevamenti.
Ma il problema maggiore a cui il mondo allevatoriale dovrà far fronte nei prossimi anni, è il complesso di leggi, norme e regolamenti sempre più restrittivi e scollegati da qualsiasi realtà, che incide disastrosamente sulla gestione di tutte le stalle minandone efficienza e competitività.
Da Bruxelles, patria delle lobby autoreferenziali, ci arrivano in continuazione nuove norme sempre più astruse, in quanto chi le pensa, le utilizza non per migliorare un settore, che per altro non credo conosca, ma per auto affermare la necessità della propria esistenza in una gara con altri come lui, nella quale conta, alla fine, solo il potere.
Questo sta producendo un primo risultato drammatico: la chiusura di molti piccoli e medi allevamenti in tutta Europa perché incapaci di dar seguito a questa massa di norme. Realtà che da noi sono il substrato essenziale per la produzione di eccellenze conosciute in tutto il mondo come il Parmigiano Reggiano.
Tutto viene stravolto, anche norme inizialmente corrette come quelle sul benessere animale, stanno evolvendo verso una dimensione dove sembra che chi le pensa voglia umanizzare gli animali.
Editoriale di Terra e Vita 4/2023
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Passino i cani con il cappotto, sebbene sia convinto che non lo gradiscano poi così tanto. Ma dover tenere in vitellaia coperte sempre fresche di bucato per proteggere i vitelli d’inverno, per evitare di incorrere in sanzioni anche gravi a discrezione del controllore di turno, è una cosa incomprensibile. Ciò è frutto di un’errata concezione della natura degli animali e delle loro esigenze, che sono diverse dalle nostre. Oltre a essere complicate e spesso inutili, alcune norme possono essere in totale contraddizione tra loro.
Un esempio di lampante è legato ai vincoli imposti dalla nuova Pac. Gli allevatori, soprattutto piccoli e medi, incontreranno difficoltà nel produrre gli alimenti per le loro stalle a causa di rotazioni colturali obbligatorie, terreni da lasciare a riposo e nessun aiuto per il mais. Inoltre, è sbagliata l’architettura degli ecoschemi in generale e in particolare di quello rivolto alla zootecnia. In pratica crea una competizione tra allevatori che premia con un maggiore accesso agli aiuti Pac chi usa meno antibiotici.
Seguendo il ragionamento di questi sedicenti esperti, un vitello alla nascita dovrebbe indossare il cappotto, ma se poi contrae un’infezione batterica, non va curato con farmaci efficaci e lasciato morire in modo lento e doloroso. Qual è la logica? A questo punto propongo a questi geniali legislatori di eliminare per legge non solo le cure, ma anche le malattie? Il sistema sarebbe di certo molto più efficiente.
La situazione è estremamente preoccupante, non solo per noi allevatori ma anche per l’agroindustria. Insieme dovremmo reagire per far sì che i consumatori italiani ed europei possano avere quella sicurezza alimentare di cui necessitano, soprattutto in questi tempi cosi bui.
di Giuseppe Elias
imprenditore agricolo, allevatore e membro del Comitato tecnico scientifico di Edagricole